Si è chiusa domenica 17 maggio la fiera di arte contemporanea più cool della Grande Mela: la quarta edizione di Frieze New York, come da tradizione, ha “invaso” Randall’s Island con tutta la creatività e la stravaganza dell’attuale produzione artistica internazionale.
L’edizione 2015 è stata curata da Cecilia Alemani, l’italiana direttrice del programma arte della High Line, che ha già curato precedenti edizioni.
Nell’ampia tensostruttura che ha ospitato questa rassegna che richiama gallerie d’arte da tutto il mondo, sono stati esposti per quattro giorni gli oggetti più vari, selezionati dalle oltre 190 gallerie partecipanti tra le opere di artisti ancora viventi e in attività. L’effetto, a tratti da capogiro, è quello di una complessa costellazione di linguaggi, mezzi e culture che si intersecano e contaminano.
Il ricco programma di eventi, dibattiti e progetti speciali, comprendeva anche un omaggio a Fluxus, network internazionale di artisti che intracciano linguaggi diversi attingendo a un passato dadaista e un presente multimediale. L’omaggio visto a Frieze è un labirinto, ispirato a quello concepito da Fluxus nel 1975 proprio per New York (dove però non venne mai realizzato: la prima installazione del Labyrinth risale al 1976 a Berlino) di cui contiene alcune idee di George Maciunas e Nam June Paik, e poi reinterpretato da diversi artisti contemporanei. Il labirinto è un percorso attraverso una serie di porte che, per essere aperte, richiedono di risolvere degli enigmi.
In un’atmosfera tipicamente da fiera che spesso finisce per penalizzare l’esperienza del visitatore, Frieze ha confermato la tendenza dell’arte conteporanea a voler stupire e incuriosire con un approccio giocoso e spesso ironico.
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