In Calabria le piante di melograno sono comuni sia nei giardini che nelle campagne. Ricordo l’albero di melograno che mio padre aveva in campagna. Lo aveva piantato suo nonno (il mio bisnonno), ed era una meraviglia non solo quando era carico di frutti ma anche in fioritura. In calabrese questi frutti si chiamano granati e la pianta granatara.
Il nome melagrana deriva dal latino malum (mela) e granatum (con semi), anche se sovrabbonda di termini come melagrana, melograno, mela granata, melo granato, pomo granato, granato, granatara. Per l’Accademia della Crusca è corretto chiamare melagrana il frutto e melograno la pianta. Con questo frutto si possono preparare squisiti primi piatti e ottimi dolci, ma si può usare anche nelle insalate, oppure bere il succo, anche se aprirlo e pulirlo è complicato e si macchia di rosso dappertutto.
Quando ricordiamo le tradizioni dei nostri nonni e come fare un viaggio in usanze e tradizioni che oggi possono essere riscoperte e riportate in vita. Ai tempi dei nostri nonni, questo frutto dal picciolo a forma di corona, era considerato un regalo prezioso grazie ai suoi numerosi grani rossi rubino. Mia nonna raccontava che nella tradizione contadina i granati venivano regalati a Natale per consumarli in famiglia la notte di San Silvestro, e secondo le credenze portavano fortuna e prosperità per il nuovo anno. Oggi la melagrana è definita un super frutto ma le sue proprietà benefiche erano conosciute fin dall’antichità.
Infatti, questo frutto è ricco di antiossidanti e ha proprietà antinfiammatorie, gastro protettive, fa bene al cuore e alle arterie, ed è importante per la coagulazione del sangue. Studi hanno dimostrato che sia molto utile anche per la salute delle ossa e la prevenzione dei tumori. Il succo di melagrana è ottimo per rafforzare il sistema immunitario e riequilibrare gli ormoni, soprattutto nella menopausa. Dunque, un frutto toccasana contenente manganese, zinco, ferro, rame, fosforo, sodio, potassio, vitamine A, B, C, E, e K, e un’azione diuretica e drenante. E per Natale una ricetta per una squisita ed elegante torta portafortuna al cacao e chicchi di melagrana.
Ingredienti:
150 g di burro
150 g di zucchero
3 uova
50 ml di latte
150 g di farina
1 bustina di lievito per dolci
50 g di cacao amaro
Crema Ganache
150 g di cioccolato fondente
100 ml di panna liquida fresca da montare
Procedimento: Montate il burro con lo zucchero e incorporate le uova, il latte, e la farina. Aggiungete il lievito e il cacao amaro e impastate fino a ottenere un composto omogeneo. Versate il tutto in uno stampo imburrato e infarinato. Io ne ho usato uno a forma di cuore. Infornate in forno preriscaldato per 40 minuti circa a 185°C. (375F).
Crema Ganache: spezzettate il cioccolato fondente in una ciotola e versate sopra la panna liquida, prima riscaldata. Mescolate con una frusta fino a sciogliere il cioccolato ed ottenere un composto liscio e senza grumi. Le dosi indicate sono per realizzare una crema molto densa. Ideale per ricoprire e decorare la torta. Se volete farcire la torta, utilizzate 150 gr di cioccolato fondente e 150 gr di panna fresca per avere un prodotto più cremoso. E’ importante utilizzare cioccolato di ottima qualità, in quanto la crema assumerà il gusto del cioccolato utilizzato. Raffreddare la panna mescolando ogni tanto, e una volta fredda lavoratela con la frusta per renderla spumosa prima di trasferitela in una tasca da pasticcere con bocchetta a stella.
Sfornate la torta e lasciatela raffreddare prima di decorarla con ciuffi di crema, sciroppo di melagrana, e i chicchi di 2 melegrane.
Un po’ di storia: Il melograno ebbe origine in Persia circa 5000 anni fa, dove cresceva spontanea nelle località rocciose dell’Afghanistan. In seguito la pianta arrivò in Europa attraverso le rotte marittime dei mercanti Fenici, e si diffuse nel mondo grazie ai semi rossono rubino, racchiusi nella scorza coriacea simili a gioielli. Al melograno sono legate miti e leggende: simbolo di fertilità, fortuna, vitalità, abbondanza, e soprattutto morte e rinascita. Nella cultura ebraica il frutto rappresenta l’onestà e la correttezza, e in occasione di Rosh ha-shanah (Capodanno ebraico) i chicchi della melagrana sono consumati per celebrare il nuovo anno recitando: “…I nostri meriti siano numerosi come i semi del melograno”. Secondo le credenze ebraiche un frutto conterrebbe 613 semi; il numero dei 613 comandamenti della Torah. Nella Bibbia i semi di questo frutto sono citati come chicchi buoni, e gli studiosi di teologia ebraica suppongono che il frutto dell’albero della vita nel giardino dell’Eden fosse una melagrana e non una mela. Il melograno risulta anche sulle monete antiche della Giudea come un simbolo sacro. Nel Corano è una delle ricompense per chi raggiunge il Paradiso.
Nell’antico Egitto questo frutto era usato come medicinale ed era simbolo di fertilità. In tombe egiziane esistono raffigurazioni di questo frutto che risalgono al 2500 a.C., e nelle camere sepolcrali di Ramses IV (1149 a.C.) sono stati trovati frutti di melograno seccati. Gli Arabi diedero molta importanza alla pianta del melograno contribuendo alla sua diffusione in Spagna, dove la città di Granata, che deve il suo nome a questo frutto. Nella mitologia Greca il melagrano era sacro a Venere e a Giunone, sposa di Giove. Secondo i greci l’albero del melograno nacque dal sangue di Bacco scosso dalla passione per Venere. Nell’antica Roma le spose romane usavano intrecciare i loro capelli con rami di melograno come simbolo di fertilità e ricchezza. I Babilonesi mangiavano chicchi di melagrana prima delle battaglie, e in India si crede che il succo di questo frutto combatta la sterilità. Mentre in Dalmazia (Croazia) per tradizione lo sposo trapianta nel suo giardino una pianta di melograno presa dal giardino del suocero.
Nella Bibbia, frutto, semi, e fiore del melograno sono associati all’amore, alla vitalità e alla fecondità, e nelle opere religiose è una raffigurazione simbolica che racchiude vari significati. Nel Santuario di Santa Maria del Granato, in provincia di Salerno, si venera la “Madonna del Granato” che tiene nella mano destra una melagrana come se fosse uno scettro. Nell’opera “La Madonna della melagrana,” di Botticelli, i semi sono raffigurati ben visibili nel frutto aperto in mano alla Madonna; rappresenterebbe il sangue versato da Gesù per salvare l’umanità.“La disposizione dei semi e dei setti nel frutto sbucciato disegna i due atri del cuore, i due ventricoli e il tronco polmonare principale” (D. Lazzeri, Ansa).

Grandi gioiellieri, come Fulco Verdura,furono ispiratida questo frutto e crearono stupendi gioielli, riproducendolo con gemme preziose. E non dimentichiamo la letteratura: nel Cantico dei Cantici troviamo la pianta e ilfrutto, simbolo d’amore fecondo e d’intensa tra l’amato e l’amata:“Come spicchio di melagrana è la tua tempia dietro il tuo velo” (cfr. 4,3; 6,7). Persino nel giardino, luogo dell’amore, fioriscono i melograni. Lo sposo che cerca la sposa va a vedere se nel giardino sono sorti i germogli (cfr. Ct 6,11). Shakespeare scelse il fogliame di un melograno per la serenata di Romeo a Giulietta; Gabriele D’Annunzio recita:“Un sorriso così fresco e vermiglio che fa pensare al dischiudersi d’un frutto di melograno”; Giovanni Pascoli lo cita nella poesia “Patria”: “Siepi di melograno, /fratte di tamerice, / il palpito lontano/ d’una trebbiatrice”.
Concludo con “Pianto Antico”, l’indimenticabile e struggente poesia di Giosuè Carducci:
L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
Da’ bei vermigli fiori
Nel muto orto solino
Rinverdì tutto or ora,
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,
Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol più ti rallegra
Né ti risveglia amor.