Al Winter Fancy Food di San Francisco il punto ristoro del padiglione italiano è stato affidato alla chef Viola Buitoni, che lo ha reso meta giornaliera per tantissimi italiani e stranieri (venivano da ogni padiglione, soprattutto da quello nipponico per far la fila ed assaggiare le sue prelibatezze).
Mentre cucina dei buonissimi fusilli corti con zucca, patate viola dolci, pistacchi siciliani, scorza di limone e grana parla al microfono per spiegarne la ricetta agli avventori in fila.
Viola è una rappresentante della sesta generazione di Buitoni, la famiglia della storica azienda alimentare, passata nel 1985 al gruppo De Benedetti e poi alla Nestlé. La cucina l’ha nel sangue, come l’amore per le cose genuine e le tradizioni italiane. Forse non tutti sanno che Giovanni, il prozio di Viola, si innamorò di Luisa Spagnoli, l’ideatrice del Bacio Perugina, regalato e scartato da tutti gli innamorati non solo per la sua bontà ma anche per leggere il famoso bigliettino. Luisa Spagnoli diventa poi anche un famoso marchio di moda tramite il figlio Mario, che porta avanti un altro sogno della mamma.
La Perugina nasce dunque grazie all’azienda Buitoni e all’intraprendenza di una donna speciale come la Spagnoli, che da una piccola confetteria costruisce quello che diventerà il simbolo del cioccolatino italiano, famoso in tutto il mondo.
L’incredibile e “scandalosa” (per gli anni Trenta) storia d’amore fra Luisa e Giovanni è raccontata in una fortunata miniserie del 2016 tratta da un libro di Maria Rita Parsi “Le italiane”, in cui Luisa Spagnoli è interpretata dalla bravissima Luisa Ranieri e Giovanni Buitoni da Matteo Martari.
Viola, anche se le radici familiari sono a Perugia, è nata a Roma e vive all’estero da tantissimi anni, da quando si è recata a New York per studiare Business alla NYU.
Viola, quando ti sei accorta che la tua passione era la cucina e non l’economia?
“Da subito, appena dopo la laurea. Infatti ho iniziato a lavorare in un ristorante di New York con Alan Tardi, che è stato un po’ il mio mentore. Ho iniziato dalla gavetta, ero giovanissima e mi sono messa in cucina con molta umiltà, poi sono passata alla gestione di sala in grandi catene come Hyatt e Four Season. Ho anche lavorato alle Hawaii, nella bellissima Maui”.
Nelle tue lezioni (Viola con la sua Viola’s Italian Kitchen impartisce lezioni sia in Italia che negli Stati Uniti, specialmente in California) cosa cerchi di comunicare a chi viene da te per imparare i segreti della cucina italiana?
“Soprattutto che cucinare è un’arte: desidero motivare le donne che vivono il cucinare come una delle tante faccende domestiche, comunicando passione e creatività. In più cerco di cambiare la visione dei prodotti, non sono tutti uguali, una zucchina non vale un’altra e così insegno a scegliere gli ingredienti più freschi, perché il cibo é da sempre la medicina più potente”.
Cosa significa cucinare per te?
“Per me è la cultura dello stare insieme, del condividere. Quando invito gli amici a casa li raccolgo intorno alla cucina e cucino per loro, per me quello è il fulcro della festa. La vera gioia per me è cucinare per le persone a cui voglio bene”.
Chi sono gli chef che segui con più interesse in TV o sui libri?
“Mi piace molto lo show di Rachel Ray, fa ricette veloci, per ogni occasione, ma seguo anche Aaron Sanchez, la star messicana di Masterchef, proprietario di ristoranti e filantropo. Le ricette dell’italiana Sonia Peronaci, fondatrice del seguitissimo sito Giallo Zafferano, sono sempre ottime, come le “dritte” di Emiko Davies, autrice Australiana di un noto blog culinario omonimo e di Rachel Roddy, una scrittrice inglese vincitrice di molteplici awards che si occupa di cibo e vive a Roma”.
Cosa ne pensi dello slowfood e dell’importanza sempre maggiore che sta assumendo il Bio, il cibo “organic”?
“Io credo che non si sia scoperto nulla di nuovo con il concetto di “slowfood”, però è stato essenziale per diffondere una cultura da opporre al “fast food” americano. In Italia lo “slowfood” fortunatamente esiste da sempre ed è sempre apprezzato. Il biologico è giusto che si prenda lo spazio che merita, soprattutto nell’ottica di preservare il pianeta, seguire i ritmi della terra. A me piace di più una mela con delle imperfezioni, che non sia troppo grande perché piena di acqua, ma saporita. E’ vero che il biologico costa molto, ma vale la pena spendere in qualità se possiamo permettercelo. Aggiungo che si tratta non solo di qualità ma anche di etica, quando si parla di animali. Loro si sacrificano per noi ed è importante che vivano dignitosamente, in modo sano e naturale”.