La pietra miliare del giornalismo internazionale, The New York Times, nella sezione Travel della sua edizione web, ha inserito la Calabria tra i 52 posti da visitare nel 2017, consacrandola in classifica alla 37a posizione per le sue bellezze paesaggistiche e per la sua straordinaria tradizione enogastronomica.
La punta del nostro stivale si distingue così dalle altre regioni italiane pur trovandosi al di fuori dei classici circuiti turistici e non rientrando tra le mete più gettonate. Come si legge nell’articolo di Danielle Pergament, infatti, “alcuni dei migliori piatti italiani non si trovano a Roma o in Toscana, ma nella regione meridionale della Calabria”. Motivo dunque di vanto e di orgoglio per tutti i calabresi, eletti per quest’anno ambasciatori dell’Italia nel mondo. Tra le eccellenze agroalimentari locali spiccano senza dubbio il bergamotto, grazie alla sua produzione mondiale, e il peperoncino, per il suo uso versatile in cucina. Allo stesso tempo, il giornale statunitense racconta il passaggio dalla tradizione alla sperimentazione alimentare contemporanea, sottolineando l’importanza crescente di nuove colonne portanti del settore, quali l’agricoltura biologica e il vino, grazie alla riscoperta dei vitigni autoctoni come il Magliocco, il Mantonico bianco, il Gaglioppo e il Greco.
Tra i ristoranti citati da The New York Times, il Dattilo di Strongoli (Crotone) e Antonio Abbruzzino a Catanzaro, i cui chef stellati erano presenti lo scorso weekend al Jacob K. Javits Convention Center, dove la Regione Calabria è stata lieta di presentare a The New York Times Travel Show il brand Rosso Calabria per promuovere a 360 gradi l’offerta turistica del territorio. Testimonial dell’evento, Lidia Bastianich, scelta come emblema dell’italianità in America.
Rosso Calabria è un omaggio ai colori dei vitigni, del peperoncino, delle cipolle di Tropea, ma anche a uno dei più antichi manoscritti del Nuovo Testamento conservato nella città di Rossano: il Codex Purpureus Rossanensis.


“La notizia è arrivata all’improvviso – ha raccontato lo chef Antonio Abbruzzino – E trovare citato il mio ristorante nell’articolo del New York Times è per me motivo di orgoglio, non soltanto da un punto di vista personale, ma per la mia terra soprattutto, che in questo momento rappresenta l’Italia nel mondo. La Calabria merita di essere visitata e apprezzata per i suoi prodotti unici. Adesso mi sento come la piccola nota di un grande concerto, senza la quale non sarebbe la stessa sinfonia”.
Angela Vatrano, funzionario del Dipartimento Turismo della Regione Calabria, è attualmente impegnata nella promozione all’estero di questo meraviglioso territorio, dal turismo balneare a quello sportivo fino al turismo montano. “Ma il tipo di turismo sul quale stiamo puntando è soprattutto quello enogastronomico — ha spiegato — Siamo il principale produttore di clementine e i secondi produttori di olio di oliva in Italia. A causa del suo stato di isolamento nel quale ha vissuto negli ultimi secoli la regione ha preservato nel suo entroterra una serie di tipicità alimentari che risalgono a 2000 anni fa. Stesso vale per la produzione vinicola. Mentre altrove sono stati selezionati vitigni più famosi, annullando così quelli locali, da noi la condizione di isolamento ha favorito la crescita di più di 300 varietà di vitigni autoctoni”.
L’enologa Caterina Ceraudo del ristorante Dattilo, una delle donne protagoniste della rinascita della Calabria, ha spiegato come la sua regione possa vantare un patrimonio vitivinicolo non indifferente, “essendo l’unica regione d’Italia ad avere 123 vitigni autoctoni iscritti nel registro nazionali delle viti. Sul versante ionico il vitigno principe è il Cirò, mentre nella zona di Tropea è il Pecorella. In tutta la storia della viticoltura non ci si è mai accertati della vera provenienza del vino dalla Magna Grecia, se non attraverso le caraffe e i contenitori ritrovati nel corso dei secoli. L’unico documento scritto su basi marmoree è il testamento di Magno Megonio, e si trova proprio a Strongoli, il mio paese d’origine”.
Anche per Ceraudo e per il suo ristorante trovarsi sulle pagine del quotidiano più autorevole d’America è stata un’emozione. Ma la giovane chef guarda soprattutto alla sostanza: “Nel nostro ristorante le materie prime sono tutte di nostra produzione e questo rispecchia la filosofia della nostra azienda: cibo sano e di qualità”.


Nonostante le sue origini istriane, la Calabria si è fatta strada nel cuore anche di Lidia Bastianich, negli Stati Uniti ormai da più di 40 anni, ma sempre in giro per il Bel Paese alla ricerca di nuovi spunti. “Per me è importantissimo far conoscere la realtà regionale della cucina italiana. Sono stata più volte in tutte le regioni per le riprese del mio show e la Calabria mi ha colpita particolarmente per il suo essere ancora un po’ naïf. Dal mare alla montagna, è una terra ricca di sorprese per la sua natura selvaggia. I gusti dei suoi prodotti tipici sono intensi… basti pensare alla ‘nduja, alla liquirizia, al peperoncino”.
Una cucina che anche gli americani stanno inziando ad apprezzare, già da questa parte dell’Antlantico: “La cucina italiana regionale una volta non esisteva in America. I primi emigranti italiani giunti negli Stati Uniti alla fine dell’800 provenivano da tre regioni principali: Calabria, Sicilia e Campania. La cucina italo-americana si basava dunque essenzialmente sui loro ricordi circa i sapori e e gli odori che cercavano di riprodurre in casa con quel poco che avevano a disposizione. Oggi gli americani sono aperti a nuove esperienze, ma il primo amore non si scorda mai. La cucina italo-americana di un tempo è molto nostalgica e piace proprio perché è stata la prima a entrare nel cuore degli americani”.
A seguito dell’evento al Jacob K. Javits Convention Center, sabato 28 gennaio Lidia Bastianich ha ospitato giornalisti e rappresentanti della Regione Calabria nel suo ristorante Felidia, su Second Avenue, per una serata di prelibatezze calabresi preparate dagli gli chef Abbruzzino e Ceraudo.