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L’altro nome dell’insalata russa: alle origini del piatto

Nacque come Insalata Olivier, oggi anche sulle tavole di Natale

Roberto MirandolabyRoberto Mirandola
L’altro nome dell’insalata russa: alle origini del piatto

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Time: 3 mins read

Niente è più nobile del gusto personale, eppure spesso si tende a convincersi di potere contare sul proprio corredo gastronomico fatto di alcune regole auree e inamovibili. In realtà non c’è spazio per dogmi assoluti quando si guarda alle preferenze alimentari, perché quanto ritenuto buono oggi può perdere appetibilità nel giro di qualche anno o, viceversa, improvvisamente si può amare qualcosa che fino a poco tempo prima si considerava sgradito. Una di queste, almeno per me, è l’insalata russa, un piatto generalmente proposto come antipasto, e più raramente, come contorno, anche sulle tavole di Natale. In Italia e in molti paesi è chiamata insalata russa, ma è conosciuta anche come insalata Olivier, insalata moscovita, insalata degli Ussari e insalata all’italiana.

Non si è mai trovata una versione codificata a cui fare riferimento: pare infatti sia nata per la cucina dell’alta borghesia russa e che ai suoi albori contenesse ingredienti pregiati. Oggi l’interpretazione più diffusa è preparata con cetrioli sottaceto, verdure cotte al vapore (piselli, fagiolini, carote, patate, tutte lasciate leggermente al dente), tagliate a cubetti a mo’ di giardiniera e amalgamate con della maionese.

La storia è un po’ confusa, ma una delle versioni più accreditate circa la sua creazione la vede inventata dallo chef francofono di origine belga Lucien Olivier nel 1864, capo cuoco del Ristorante Hermitage di Mosca fino al 1883, anno della sua morte. La sua insalata ottenne da subito grande popolarità. Gli abbinamenti erano arditi per l’epoca, ma di grande successo. La ricetta originale conteneva caviale, parti di pernici e di fagiani, gamberetti di fiume, lingua di vitello, cetrioli, patate, capperi, olive, uova, tutto amalgamato con una particolare salsa. All’inizio si trattava di panna acida,  successivamente una maionese arricchita da qualche spezia mai dichiarata da Olivier – come d’altra parte la ricetta integrale. Il composto ottenuto era racchiuso in una sorta di scrigno di gelatina per conferire compattezza ed effetto scenografico.

L’evoluzione dell’insalata Olivier – questo il nome con cui è nota in patria – si intrecciò con le sorti politiche del paese. Nel 1917 la Rivoluzione di Ottobre mise fine all’Impero Russo e lo traghettò in quella che poi qualche anno dopo diventerà  l’Unione Sovietica. Il ristorante Hermitage chiuse, ma l’insalata continuò a essere preparata e apprezzata, anche se gli ingredienti base diventarono più accessibili e meno esclusivi. L’esempio più eclatante fu la sostituzione dei teneri e dolci gamberetti di fiume con le carote e il mantenimento della maionese come legante, entrambe rispettose del cromatismo originale, ma più consone alla dottrina politica al potere. Questa nuova versione fu chiamata stolichniy, ovvero insalata della capitale. Nel tempo il piatto diventò sempre più associato all’identità nazionale iniziando a essere visto sotto questa luce anche all’estero. Ecco allora spiegato il motivo per cui in molti paesi, che poi hanno introdotto le loro varianti, è oggi noto come insalata russa.

L’insalata russa, così come la conosciamo oggi, è nata negli anni ’60 del secolo scorso, ma la ricetta di questo piatto non è esattamente uguale per tutti: ogni famiglia, ogni regione, ogni stato ha la sua versione. Peraltro, secondo le cronache, Olivier non ha mai tramandato la sua ricetta esatta, ma è chiaro che il vero segreto di questa fortunata pietanza è l’armonia nel combinare e dosare ciascun ingrediente.

Anche se non si sa molto su Lucien Olivier, secondo la storica e giornalista di origini bulgare Albena Shkodrova-Desmet è indubbio che sia stato proprio lui l’inventore di questa celebre preparazione. A contorno – è proprio il caso di dirlo – sono nate diverse leggende. Si racconta che nell’ottobre del 1909 lo zar Nicola II di Russia fece visita a Vittorio Emanuele III per contraccambiare la visita di stato avvenuta l’anno prima a San Pietroburgo. Ci fu quindi un ricco banchetto presso il Castello di Racconigi (in provincia di Cuneo), dimora reale dei Savoia. Sembra che all’epoca circolasse un piatto a base di barbabietola rossa e altri vegetali cotti chiamato in dialetto piemontese salada rusa, insalata rossa. I vegetali erano amalgamati con una crema o forse proprio con la maionese. Per venire incontro ai gusti dello zar, un cuoco decise di sostituire le barbabietole con delle verdure generiche comuni anche in Russia, come carote, patate e piselli. Piacque così tanto al sovrano straniero che alla fine decise di portarsi in patria la ricetta. Così da rusa, l’insalata divenne russa. Una storia troppo bella per essere vera…

 

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Roberto Mirandola

Roberto Mirandola

Accademico Italiano della Cucina, collabora con quotidiani e riviste a tiratura nazionale, guide di ristoranti straniere, programmi radiofonici e siti specializzati italiani.

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