Pandemie, divisioni interne, flussi di immigrazione e confini sempre a rischio. Le sfide che hanno influenzato la caduta dell’Impero Romano all’apice del suo splendore ed estensione sembrano un déjà-vu del contesto moderno. L’Istituto Italiano di Cultura a New York ha ospitato una lectio di Marco Cappelli, conduttore del podcast Storia d’Italia e autore di due saggi storici, Per un pugno di barbari (Solferino, 2021) e Il miglior nemico di Roma: Storia dei Goti (Solferino, 2022), moderata dalla giornalista Simona Siri e dall’imprenditore Gianluca Galletto, per prendere esempio dagli insegnamenti del passato.
“Si può parlare dell’America, di New York nello specifico, come la Roma della nostra epoca – ha dichiarato Cappelli ai microfoni de La Voce di New York. – Ne ha anche le caratteristiche, di universalità, il melting pot, di capacità economica, di attrazione”.
Date le premesse per cui arrivata all’epice Roma ha iniziato a crollare, arriverà il crollo anche per New York o c’è già stato?
“Secondo me, la questione veramente importante per una società è essere solida e gestire bene i suoi cittadini. Essere primi o secondi conta relativamente poco. Il XXI secolo è ancora il secolo dell’America, tuttavia non sarà più così dominante come lo era dopo la Seconda guerra mondiale perché è nella natura delle cose e, all’epoca, tutto il mondo era distrutto. Questo non vuol dire neanche che non sarà ininfluente. E anche se lo fosse, ripeto che fondamentale è costruire una società giusta che funzioni per i propri cittadini. Per esempio, nel Settecento ci fu una guerra sanguinosa fra Impero Russo e quello Svedese, che allora era una superpotenza, ma che viene sconfitto. Da quel momento, non si è più sentito parlare della Svezia, ma oggi dovendo scegliere se vivere a Mosca o a Stoccolma sicuramente sceglieremmo la seconda. Dobbiamo puntare a essere migliori, non primi”.
Come si trova l’equilibrio senza scontro?
“Noi abbiamo un grande esempio di equilibrio senza scontro nella storia: l’Ottocento. È un secolo in cui ci sono tante grandi potenze – un mondo multipolare, anche se molto focalizzato sull’Europa. Per cento anni, non ci sono guerre tra superpotenze che riescono a gestirsi fino alla Prima guerra mondiale. Cento anni sono un lungo periodo, da dove si è generata la prima grande globalizzazione. Non è un destino che un mondo multipolare sia per forza violento se la classe dirigente non è in grado di gestirlo. Per il momento ne è stata capace, bisogna vedere se la nostra lo sarà”.
Rispetto all’Intelligenza Artificiale è una sfida o un’opportunità?
“L’AI è solo uno dei ricorrenti cambiamenti tecnologici che ci sono stati nel mondo industriale e finora non è stato più rivoluzionario del resto. Probabilmente un domani lo sarà, ma per il momento resta la radio la scoperta più impattante sulla storia, perché senza non ci sarebbero Hitler o Stalin, per dare un’idea della portata dell’evento. Ma in quanto cambiamento tecnologico, la società deve adeguarsi e gestirlo, altrimenti lasciandolo nelle mani degli oligarchi il mondo dei prossimi anni sarà peggiore. Di nuovo, non è un destino scritto. Ogni novità, per esempio le prime macchine, ha creato delle enormi differenze, poi sono arrivati i sindacati, le lotte operaie e si è costruito un mondo migliore, forse più brutale. A un certo punto, le energie sono state destinate a utilizzare questa innovazione a fin di bene, ma dopo decenni. È sempre la società a dover decidere”.