A Montalcino dove si produce il Brunello sorge una torre di fine ‘500 legata ad un’antica famiglia del luogo: è la Torre di Argiano. A pochi chilometri da questa torre si scorge una villa tra le colline toscane che anticamente fu chiamata Villa Bell’Aria dove, già nel 1500, era attiva la produzione di vino rosso.
La villa ospita ancora oggi la cantina secolare dov’è racchiusa l’intera storia del Brunello di Montalcino ed è stata recentemente restaurata in uno stile conservativo che preserva la pulizia, la sobrietà e l’equilibrio della struttura originale.
Dopo l’acquisizione della villa nell’800 da parte della ricca famiglia dei Gaetani Lovatelli, che portò questo luogo allo splendore ospitando anche Giosuè Carducci il quale dedicò alcuni versi ad Argiano, la proprietà passa alla famiglia Cinzano nel 1990.
Nel frattempo i Cinzano, che avevano creato una stretta rete commerciale, iniziano a collaborare con un importante enologo italiano, il padre dell’enologia moderna Giacomo Tachis, che ad Argiano crea il suo primo Super Tuscan prodotto lontano da Bolgheri e lo chiama Solengo.
Intitolato Solengo, come il nome attribuito al cinghiale in questo luogo, animale solitario, potente e ribelle, è un vino che viene prodotto ancora oggi con uve Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot e una piccolissima parte di Sangiovese come firma del territorio.
La formula di questo vino è cambiata nel tempo ma dal 2015, dopo la più recente acquisizione della proprietà da parte di André Santos Esteves, un miliardario brasiliano, si decide di rivoluzionare la produzione di Argiano e si torna a fare il vino come una volta, con tutta la qualità del territorio e con la formula originale di Tachis per il Solengo.
“Quando noi abbiamo iniziato a lavorare nell’azienda ci siamo rifatti come modello ai vini degli anni ’70 perché erano i più tradizionali, li apriamo spesso e ci ispiriamo ad essi. In questo siamo andati un po’ contro tendenza a Tachis che invece era un enologo moderno e rivoluzionario. Noi abbiamo mantenuto il suo vino storico qui in azienda ma per gli altri vini che produciamo siamo andati in una direzione molto tradizionale nel rispetto massimo del Sangiovese.” Racconta Bernardino Sani, CEO di Argiano.
Gli studi che la nuova proprietà ha condotto sul territorio hanno evidenziato le diverse composizioni dei terreni e sulla base di queste analisi è stata selezionata una vigna che sembra produrre un vino unico nel territorio di Montalcino.
La vigna si intitola ‘Vigna del suolo’, come il vino che produce, ed ospita grappoli di un vecchio clone di Sangiovese Grosso scoperto recentemente dall’azienda che cresce su viti di oltre 60 anni di età.
“Dal 2012 ci siamo chiesti: che possiamo fare per far sì che Argiano torni a fare dei vini davvero rappresentativi del nostro territorio? Abbiamo iniziato dalla vigna eliminando i fertilizzanti chimici, poi è nato un progetto di micro-zonazione per capire quali fossero le vigne più vocate per fare il Brunello e infine abbiamo iniziato a fare un lavoro in cantina che fosse il più rispettoso possibile del territorio e del sangiovese. Infatti, per il Brunello, usiamo solo botti grandi come da tradizione” ci dice Bernardino, e ci confida: “Però ci siamo resi conto che nei prossimi anni il problema in questo territorio non saranno tanto annate disastrose, che ormai sono rare, ma è e sarà il riscaldamento globale”.
A proposito di questo, lo scorso anno l’azienda è stata convertita in Cantina Plastic Free e avete eliminato l’utilizzo di plastiche monouso dalla vostra realtà. Anche le vostre politiche agricole sottolineano un’evidente sensibilità alle tematiche di Ecosostenibilità e Climate Change. Ci racconti come è cambiato l’andamento delle annate a Montalcino?
“Sicuramente abbiamo sviluppato una sensibilità ambientale maggiore, penso anche dovuta al fatto di vivere in un posto bellissimo totalmente incontaminato. Il cambiamento climatico è evidente, lo viviamo in prima persona perché da viticoltori e contadini dobbiamo affrontare tutti gli anni un nuovo clima. Negli ultimi 10 anni gli inverni sono sempre meno rigidi, qua prima nevicava mentre adesso è raro e l’estate ha sempre delle punte di calore molto alte, anche 40 gradi, un po’ di anni fa era impensabile. Queste cose ci fanno capire che il riscaldamento globale c’è, esiste. Da viticoltori possiamo adattarci alle nuove condizioni facendo sì che le viti restino sempre in equilibrio con l’ambiente e si adattino a questi cambiamenti per far sì che le piante diventino sempre più reattive”.
Tutto questo, come si riflette sulla DOCG del Brunello?
“Nella DOCG c’è una notizia positiva: c’è stato un incremento medio della qualità pazzesco! Probabilmente c’è maggiore maturità tra i produttori di vino. Montalcino ha realizzato di essere una zona di super eccellenza e abbiamo imparato ad essere degli ottimi viticoltori. Però il cambiamento climatico ha fatto sì che, mediamente, sia molto difficile avere annate davvero cattive, mi spiego: prima un’annata ogni 4 o 5 era un’annata dove c’era molto freddo o pioveva molto e c’erano gelate, adesso questi fenomeni non accadono più quindi il livello del vino totale è buono; ma dall’altro lato questo porta ad un po’ di banalizzazione della componente aromatica nei vini di tutti perché essendo un clima più caldo le uve maturano più velocemente e quando i vini escono in commercio sono già pronti. Forse c’è un po’ meno espressività di prima”.
Ad Argiano non si producono vini bianchi e questo affascina per la scelta di non allontanarsi da ciò che è tipico e tradizionale di un territorio, in modo da concentrarsi solo su ciò che un luogo sa fare bene, senza piegarsi alle logiche di mercato che vogliono solo assecondare il cliente.
Ad Argiano si fa solo vino rosso, si fa Brunello, e si fa anche bene.
A partire dal Rosso di Montalcino per poi passare al Brunello base e al Cru ‘Vigna del suolo’.
Tutti questi vini hanno una nota in comune, un filo logico che li unisce e crea un continuum nel gusto durante la degustazione dove ogni vino pare essere l’evoluzione dell’altro.
È un grande traguardo questo sopratutto per il vino base dell’azienda, il Rosso di Montalcino, che sembra un baby Brunello ricco di struttura e carica aromatica.
E allora vi raccontiamo proprio di lui e iniziamo questa degustazione di grandi vini rossi toscani.
Rosso di Montalcino 2018 – 100% uve Sangiovese
Dai terreni di argilla dove crescono le vigne che producono il Rosso di Montalcino di Argiano, nascono dei grappoli di Sangiovese che regalano un vino fresco e fruttato, energico, che riposa per 9 mesi in botte grande e poi altri 6 mesi in bottiglia prima del commercio.
“Con questo Rosso di Montalcino volevamo fare il vino della tradizione. Qui il vino veniva venduto regolarmente. Prima del Brunello era un vino da tutti i giorni, da pasto, e abbiamo voluto riproporre questa variante mantenendo comunque una qualità elevata.” Ci tiene a dire Bernardino.
Il vino infatti ha un’evidente pulizia al naso che profuma di frutto croccante: ciliegia, visciole, poi rosmarino, cacao, terra bagnata, ferro e grano.
Il sapore è fresco e immediato, ha una bella struttura e tocca diversi angoli della bocca in maniera sequenziale. Arriva prima l’acidità, poi la morbidezza e infine l’alcool che evapora e chiude il finale di bocca su note di cacao e frutti rossi.
È un vino versatile, perfetto su piatti a base di carne ma anche su primi piatti a base di cinghiale o servito con ricchi sughi della tradizione italiana.
Passiamo poi al Brunello di Montalcino 2015 – 100% uve Sangiovese
È un Sangiovese che proviene dai migliori terreni di Argiano. La mescolanza dei suoli di argilla e calcare unisce nel vino la grassezza dei terreni di argilla all’acidità dovuta alla componente calcarea.
In questo caso, i vigneti hanno diverse età e producono un vino potente e longevo con una bella freschezza.
Tre sono gli elementi che rendono questo vino così complesso: la base di argilla dei suoli, le componenti metalliche del terreno che provengono da un ex vulcano che si trovava vicino Montalcino e la macchia boschiva che circonda le vigne.
Infatti su 24000 ettari di terreno in Toscana 18000 sono di bosco, senza contaminazioni industriali per preservare l’ambiente e favorire la biodiversità su tutto il territorio.
La fermentazione di questo vino inizia con uno starter, ovvero una soluzione composta da lieviti indigeni dell’uva selezionati dall’annata ed inoculati nel mosto per far partire la fermentazione in acciaio. Dopo un breve passaggio del vino in vasche di cemento vetrificato viene trasferito nella botte grande per 24-30 mesi e solo dopo un ulteriore anno di riposo in bottiglia sarà pronto per il commercio, come da disciplinare.
L’odore è più scuro del precedente, profuma di note balsamiche ma anche gelsi, frutti rossi, spezie e tabacco. Il sorso è carico e bilanciato, setoso ed avvolgente, chiama in tavola una succulenta bistecca alla Fiorentina.
“L’annata 2015 è stata ottima e calda, l’acqua è stata poca ma le viti hanno reagito molto bene ed è stata una delle migliori annate.” Ci ha detto Bernardino su questo vino.
Dalla 2017 che vi aspettate? Annata difficile…
“La 2017 è stata l’annata più difficile in assoluto, abbiamo fatto molta meno produzione. Le vigne migliori, sopratutto quelle vecchie, hanno ridotto la produzione di più della metà perché non ce l’hanno fatta a reggere il caldo.” Ha continuato.
Arriviamo al Brunello di Montalcino ‘Vigna del suolo’ 2015 – 100% uve Sangiovese
Questo Brunello, che lo scorso 2 ottobre è tornato dopo 35 anni di assenza all’interno della guida più prestigiosa di vini italiani giudicato tre bicchieri Gambero Rosso, è il Cru di Argiano: un Brunello di Montalcino prodotto dalle antiche vigne provenienti dai terreni vicino la tenuta.
Durante la vendemmia abbiamo assaggiato l’uva di questa vigna direttamente dalla pianta e gli acini erano profumati, dolci e con un tannino soffice e ben amalgamato.
Il sapore elegante di quest’uva, già a partire dalla vigna, si ritrova nel vino con i suoi sentori tipici e produce in questo terroir così ricco un vino che è diventato simbolo dell’azienda.
‘Vigna del suolo’ è un’esplosione di aromi. Il colore è scuro e concentrato, rosso che ricorda il sangue. Gli aromi sono balsamici, poi si fanno più scuri e virano su profumi di legna bagnata, mela cotta caramellata, pepe, marmellata di visciole, tabacco e scaglie di carbone.
Come abbiamo già anticipato, nei vini di Argiano c’è un odore comune, un filo conduttore che lega ognuno di questi vini e li rende, nonostante l’eleganza, dei vini dai sapori artigiani, quasi graffianti.
Quest’odore si chiarisce solo il giorno dopo quando siamo entrati nelle vigne di Argiano e abbiamo raccolto alcune zolle di argilla dai terreni vicino la tenuta.
È l’odore di terra, di terreno, di radici, di vita, un odore contadino inserito nel contesto elegante di questi vini che mostra come questi due elementi non solo possono combaciare, ma devono farlo.
Siccome i vini di Argiano sono stati apprezzati negli Stati Uniti prima ancora che in Italia, abbiamo chiesto a Bernardino la sua opinione sul futuro che avrà la vendita dei vini di Montalcino in America in seguito anche alle imminenti elezioni presidenziali negli States.
Gli Stati Uniti sono un mercato di riferimento per il commercio dei vini di Montalcino anche se ultimamente sono diventati un mercato un po’ impegnativo, penso ad esempio allo scorso gennaio quando sembravano essere vicini nuovi dazi sui prodotti enogastronomici europei. Si avvicinano le elezioni americane, pensate che un nuovo governo Trump possa complicare i rapporti commerciali con gli USA e indebolire i nostri mercati in un momento storico che è già complicato di per sè?
“Gli USA sono il miglior mercato per i vini rossi italiani; parlando di Barolo e Brunello sono il mercato di riferimento. Questo è un bellissima cosa, ovviamente se venissero applicati nuovi dazi a causa della politica protezionista di un ipotetico nuovo governo Trump sarebbe una catastrofe perché significherebbe dimezzare l’importazione di vino italiano negli States e causerebbe inoltre un’enorme quantità di perdita di lavoro negli stessi Stati Uniti d’America. Nuovi dazi ci ucciderebbero. Per adesso le sole minacce a fine 2019 ci hanno portato solo un grande beneficio perché a gennaio c’è stato un effetto boomerang dopo l’annuncio dei dazi a fine anno. Molti importatori hanno fatto il carico di prodotti e si è venduto tutto il vino, fortunatamente è successo poco prima del lockdown. In questo ci è andata di lusso, però è stata fortuna e non la sfiderei! -ride- ”.
Continuiamo a degustare i vini di Argiano e terminiamo con un gioiello dell’enologia italiana, il Super Tuscan d’autore creato da Giacomo Tachis nel 1995, il Solengo.
Quando Tachis arrivò ad Argiano individuò dei terreni che, a detta sua, erano particolarmente vocati, più che per il Sangiovese, per i vitigni francesi e su questi terreni ha piantato viti di Cabernet Sauvignon, Petit Verdot e Merlot. Così, è iniziata la produzione del primo Super Tuscan nel territorio di Montalcino.
Solengo 2016 – Cabernet Sauvignon, Petit Verdot, Merlot e 5% di Sangiovese
Il sapore di questo vino sembra essere quello dei vini di Borgogna.
Ha un odore di smalto, visciole, mela, liquirizia, venti balsamici e profumi di bosco.
La bocca è pulita e ricca anche se è invasa dall’iniziale acidità dovuta alla gioventù del vino.
Solengo 2016, infatti, è un vino giovanissimo con prospettive di una vita molto lunga dove questa acidità ne conferma proprio la sua longevità.
Anche la realtà di Argiano è stata messa alla prova, come tante altre aziende del settore vitivinicolo e dell’hospitality, dal Coronavirus.
In Toscana c’è grande affluenza di turisti stranieri, per la maggior parte americani e brasiliani, che quest’anno sono venuti a mancare.
Infatti l’ala ricettiva dell’azienda, come struttura alberghiera, ha subito un forte scossone ma il business principale di Argiano rimane il vino che, anche durante il lockdown in Italia, non è andato incontro a grossi impedimenti sia in cantina che in vigna.
Ci racconti qualcosa sull’impatto che ha avuto il virus nella vostra azienda? Cosa vi aspettate che accadrà nei prossimi mesi?
“L’impatto sull’attività produttiva non c’è stato perché il governo italiano ha consentito alle attività agricole di continuare ad operare, mentre l’impatto sull’attività di ospitalità e turistica è stato devastante. Per fortuna non è il nostro core business! Non abbiamo avuto i clienti che abbiamo di solito, in cantina o in agriturismo, perché lavoriamo in grossa percentuale con gli stranieri e ci hanno già comunicato che fino a maggio 2021 sicuramente non se ne vedranno, forse neanche a settembre. Sul resto ci siamo difesi piuttosto bene, è vero che la ristorazione è stata chiusa ma sia in Italia che negli USA si è venduto bene in grande distribuzione e c’è stato un boom sull’online. Tieni conto che il vino che abbiamo venduto di meno è il Rosso di Montalcino proprio perché è un vino da ristorante, da osteria, per lui la situazione è stata un po’ più difficile”.
In chiusura proponiamo i versi di Giosuè Carducci dedicati ad Argiano, di cui abbiamo menzionato all’inizio di questo articolo, come omaggio al poeta e come omaggio a una terra che produce dei vini incredibili dove nascono vere e proprie perle dell’enologia italiana che spiccano tra le colline di Montalcino.
E così, Carducci scrisse: “Mi tersi con il vin d’Argiano, il quale è buono tanto”.