A Vinitaly 2019 se ne son bevuti… visti di tutti i colori! Il salone di riferimento mondiale per il settore enologico conferma il suo ruolo e allunga sempre più i tentacoli all’estero, con altri appuntamenti scanditi, in attesa dell’edizione 2020 a Verona, in programma dal 19 al 22 aprile.
- 18-21 maggio 2019 Bellavita Expo Chicago – Chicago, Usa
- 23 maggio 2019 Taste of Hope – Metropolitan Pavilion – New York, Usa
- 17-22 giugno 2019 Vinitaly China Road Show 2019 – Pechino, Xi’an, Zhengzhou, Guangzhou – Cina
- 23-25 giugno 2019 @Summer Fancy Food – Vinitaly International Wine Bar – Javits Center – New York, Usa 24-28 giugno 2019 Vinitaly International Academy Certification Course – New York, Usa
- settembre 2019 Vinitaly International Academy Certification Course – Canada, Tbd – Toronto, Canada
- 3-6 settembre 2019 Bellavita Expo Città del Messico – Città del Messico, Messico
- 4-7 settembre 2019 Bellavita Expo Bangkok – Food & Hotel Thailand – Bangkok, Thailandia
- 17-21 ottobre 2019 Vinitaly International Academy Certification Course – Mosca, Russia
- 21 ottobre 2019 Vinitaly Russia – Lotte Hotel – Mosca, Russia
- 22 ottobre 2019 Vinitaly Networking Dinner – San Pietroburgo, Russia
- novembre 2019 Vinitaly International Academy Certification Course – Tbd – Tokyo, Giappone
- 3-7 novembre 2019 Vinitaly International Academy Certification Course Hong Kong International Wine & Spirits Fair – Hong Kong Convention and Exhibition Centre
- 7-8 novembre 2019 Bellavita Expo Londra – Londra, UK
- 7-9 novembre 2019 Vinitaly Hong Kong – Hong Kong International Wine & Spirits Fair Hong Kong Convention and Exhibition Centre
- 25-26 novembre 2019 Wine2wine – Verona, Italia
L’indagine “Mercato Italia, gli Italiani e il vino”, realizzata da Vinitaly con l’osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor e presentata in apertura di fiera, ha tracciato il profilo dell’approccio al vino e dello stato di salute del mercato interno del primo Paese produttore al mondo. Ebbene: si beve meno – il 26% di volumi ridotti rispetto a vent’anni fa – ma lo fanno praticamente tutti e in modo più responsabile; tra i criteri di scelta, il territorio di produzione la spunta su denominazione e vitigno e insieme sommano il 61% delle risposte, valutati molto più importanti di prezzo, brand aziendale, consigli di sommelier e caratteristiche green. Tra i “saranno famosi” nei prossimi 2 o 3 anni, i consumatori indicano gli autoctoni (28%), i biologici (19%), i vini veneti, piemontesi, toscani, pugliesi e siciliani e quelli leggeri, facili da bere e da mixare. Vino nel bicchiere, ma anche in campagna, con il 23% degli italiani che hanno fatto una vacanza/escursione in un luogo del vino (solo il 18% esclude questa possibilità in futuro). Tra le mete più ambite, stravince la Toscana con il Chianti e Siena, poi Piemonte (Langhe e Asti) e Veneto. Niente di nuovo sotto il sole… e allora, di questo dato quasi scontato, che se ne faccia uno stimolo ad esplorare le altre regioni: il Vinitaly è proprio la dimostrazione della varietà e della qualità nazionale.
Così i numeri, cosa dicono invece i produttori? C’è intraprendenza, volontà di lavorare su standard qualitativi sempre più alti, accanto alle certificazioni bio e all’attenzione all’ambiente che è la culla dell’uva. Ma parlare di ottimismo è parola grossa: i segni del mercato non autorizzano entusiasmo e la media delle voci ammette realisticamente la persistenza di una congiuntura difficile. Con sguardo globale, è sempre il Prosecco – ormai oltre l’etichetta: un vero brand – che fa da traino all’export Italia-estero e sono sempre gli USA il primo cliente (+4% nei valori, +1,5% nei volumi, dati 2018 Gambero Rosso).
Tra gli attori emergenti sul palcoscenico internazionale arriva la Rebula/Ribolla gialla, varietà antica transfrontaliera – coltivata nella regione slovena di Brda e nella regione italiana del Collio – e in grado di rivestire l’inedito ruolo di ambasciatrice non politica ma geografica, in quanto suolo (opoka in sloveno, ponca in italiano) condiviso su cui si specchiano i microclimi che si formano tra le colline di Brda, grazie ai freddi venti alpini che si mischiano alle influenze mediterranee dal mare Adriatico. Tredici produttori provenienti da entrambi i lati del confine hanno unito le forze per promuovere la varietà in occasione della seconda Rebula Masterclass ospitata da Vinitaly: Dolfo, Erzetič, Ferdinand, Gravner, Jermann, Keber, Klet Brda, Medot, Radikon, Edi Simčič, Marjan Simčič, Ščurek, Zanut.
Attraverso la degustazione, introdotta dai rappresentanti delle singole cantine e guidata da Luca Gardini, comunicatore del vino, sono stati presentati i diversi stili della Ribolla, da vini freschi a strutturati, fino a quelli a contatto prolungato con le bucce, accomunati – in linea generale – da sapidità acidula, a cui susseguono al palato, a seconda dell’etichetta, sensazioni che spaziano dall’arancia alla pesca, dalla salvia a sentori speziati o balsamici. Dopo un panorama storico della varietà illustrato da Gašper Čarman, pluripremiato sommelier sloveno, è stata esplorata la specificità del territorio di Brda con Denis Rusjan, professore e ricercatore all’Università di Lubiana, e con Aleks Simčič, figlio di Edi (clicca qui)
La Ribolla più nota in Italia è quella frizzante, ma Čarman ha descritto con minuzia e grande amore le caratteristiche del “fermo”, bianco peculiare di un’area piccola, ma ad elevatissima densità vitivinicola. Qui le viti si sviluppano su un terreno di arenaria misto marna, ad alta mineralità, che ospita protozoi fossili, genericamente chiamati nummuliti (dal latino nummulus, monetina, per la forma del guscio), frequenti nella regione mediterranea, sia sulla sponda europea che su quella africana (nell’antico Egitto calcari nummulitici furono utilizzati come materiale per le piramidi); avendo subìto una rapida evoluzione, vengono presi come fossili guida.
“Tu je Rebula”, ovvero “Qui c’è Ribolla”: è il sottotitolo per definire Brda, insieme a “land of thousand terraces”, i terrazzamenti che ospitano i vigneti, già coltivati in età di colonizzazione romana, dopo la fondazione di Aquileia (181 d.C.), ma anche prima, come testimonia il ritrovamento, presso la chiesa della Vergine Maria sul lago sopra il villaggio di Golo Brdo, di semi di vite risalenti alla tarda Età del Ferro. Columella – che oggi apparterrebbe alla categoria dei food writer – menziona nel De re rustica (I sec. d.C.) le varietà antenate, albuelis rubellana e rabu(n)cula e la storia seguente assoda la presenza e l’apprezzamento del prodotto, non solo sulle tavole secolari, ma anche nei luoghi religiosi; i monaci della vicina abbazia di Rosazzo, infatti, ne fecero anche fonte di reddito, vendendo vino ai tedeschi. Ancora in età medioevale, Florienita, suora del convento di San Secondo a Venezia, lasciò al figlio e ai suoi successori, per un periodo di 39 anni, la lavorazione e la fruizione del terreno a Pirano, a condizione che il monastero fosse rifornito con 150 litri di una buona Ribolla.
La prima documentazione nota che cita la coltivazione della Ribolla a Brda proviene dal castello Rittersberg, vicino al villaggio di Višnjevik: si tratta di un contratto di compravendita, stipulato in data 27 maggio 1336, ove si riporta che, per otto marchi, Enrico di Rittersberg comprava un vigneto dove ogni anno si producevano sei secchi di Ribolla.
L’imperatrice Maria Teresa, per aumentare le entrate fiscali, impose nel 1751 una nuova tassa fondiaria basandosi sul catasto; da quest’ultimo si evince l’alto valore assegnato all’epoca alla Ribolla rispetto a tutti gli altri vini bianchi e rossi. Sotto Giuseppe II venne compilato un inventario delle quantità e della fertilità di tutti i terreni dell’impero e nella classificazione dei vini prodotti nelle contee unite di Gorizia e Gradisca del 1786 i vigneti di Brda erano collocati nelle prime tre classi.
Nel 2017, 13 viticoltori tra Italia e Slovenia si sono riuniti per esaltare la Ribolla e hanno organizzato la masterclass “Brda home of Rebula”; arrivando rapidamente al 2019, Luca Gardini, al termine di questa seconda masterclass a Vinitaly, ha affermato che «è arrivato il tempo della Ribolla, in termini di mercato», lanciando con divertimento l’hashtag #piurebulapertutti: un invito alla scoperta.
Bere meno ma bere meglio: ecco, in estrema sintesi, il messaggio che esce dalla 53° edizione del salone veronese, insieme ad una prospettiva sociale attraverso cui guardare il mondo del vino, offerta dal programma Wine for life avviato nel 2002 dalla Comunità S. Egidio – e arrivato anche sulle bottiglie di numerosi produttori di tutta Italia, un semplice bollino da essi acquistato e apposto sul loro vetro: cento bollini significano aiutare a far nascere sano il figlio di una donna sieropositiva o malata, mille bollini sostengono per un anno la vita di un adulto affetto da AIDS e della sua famiglia. Forse una goccia nel mare, ma il mare di gocce è fatto.