Vinitaly 2018 cala il sipario e lascia dietro di sé una serie di indicativi segnali su come si muove il mercato del vino mondiale e si evolvono gusti e tendenze. Operatori esteri in crescita percentuale rispetto al 2017 da Stati Uniti (+11%), Cina (+34%), Nord Europa (+17%), Paesi Bassi (+15%), Polonia (+27%) e triplicati da Israele; la top ten delle presenze assolute sul totale vede primi i buyer da USA (a seguire Germania, Regno Unito, Cina, Francia, Nord Europa, Canada, Russia, Giappone, Paesi Bassi e Belgio).
Per quattro giorni, presenti oltre 4.380 aziende espositrici (130 in più dello scorso anno) da 36 paesi.
Estrema sintesi della mole di informazioni: primeggiano i rosé negli USA, i bianchi fermi in Germania, i rossi in Cina, Russia, Giappone. Sparkling in crescita nel Regno Unito, Giappone e Russia, prosegue l’avanzata commerciale dei prodotti a marchio green, bio o sostenibili, come emerge da un sondaggio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor tra i manager di 12 tra i principali gruppi vitivinicoli del Paese e sulla base dei 6 mercati top di Usa, Regno Unito, Cina, Germania, Giappone e Russia; si prevede un ritorno di fiamma per i rossi fermi.

Il sondaggio, realizzato pochi giorni fa nell’ambito dello studio “Il futuro dei mercati, i mercati del futuro” (la previsione sulle performance delle principali denominazioni italiane) premia ancora il Prosecco, il vino a maggiore prospettiva di mercato quasi ovunque, eccetto in Cina e con qualche eccezione: il Pinot grigio negli Usa, il Primitivo in Germania, l’Amarone in Cina.
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, “serve puntare sempre più verso una crescita qualitativa dell’internazionalizzazione del vino made in Italy. Una crescita da pianificare assieme alle istituzioni che non può prescindere da un presidio quotidiano sui 5 continenti. Al prossimo Vinitaly abbiamo invitato direttamente oltre 1.000 buyer da 58 Paesi, grazie a una certosina attività di scouting e selezione sui mercati in collaborazione con Ice”.
Un focus particolare quest’anno è stato dedicato agli USA; una tavola rotonda sulle tipologie di acquisto nella grande distribuzione ha quantificato in circa 1 miliardo di dollari l’anno la spesa dei consumatori nei supermercati degli Stati Uniti per i vini italiani (un terzo circa delle bollicine ed un terzo dei vini fermi venduti in questo canale).
“Gli americani differenziano molto la scelta del vino in base alla modalità di consumo, a tavola in casa, compleanni, ospiti a casa, ricorrenze – ha spiegato Marc Hirten, presidente di Frederick Wildman, società Usa che distribuisce vino italiano – e, se in enoteca acquistano vini blasonati come il Barolo, i Super Tuscan, il Brunello, il Franciacorta o l’Amarone, acquistano regolarmente sugli scaffali del supermercato i vini italiani, la cui gamma d’offerta si è molto ampliata negli ultimi anni”. Tra i vini più acquistati nella Gdo USA: il Prosecco, il Pinot Grigio, il Chianti, il Lambrusco, la Barbera, il Primitivo, il Gavi, il Rosso di Montalcino, il Nero d’Avola, il Dolcetto, il Trento Doc.

Mercato USA sotto i riflettori di Vinitaly 2018 anche nel contesto della settima edizione di OperaWine, con la street art di Shepard Fairey: a lui si è richiamato il concept grafico allestito al palazzo della Gran Guardia in centro a Verona, per l’esclusivo appuntamento su invito con i vini delle 107 cantine, delle quali 13 nuove, selezionate da Wine Spectator per il Grand Tasting di quest’anno. Ad OperaWine sono state presentate le copertine iconiche di Wine Spectator “Italia 1978-2018”: in 40 anni, 45 edizioni della rivista dedicate al vino italiano; ha partecipato, inoltre, Gina Gallo di Gallo Winery, per ricevere a nome della famiglia il Premio Internazionale Vinitaly.
Un’indagine Vinitaly-Nomisma Wine Monitor realizzata su modelli di consumo, fattori chiave d’acquisto, preferenze, perception italiana e trend futuri del vino di 3.000 consumatori in 5 stati (New York, California, Illinois, Minnesota, Winsconsin) e illustrata in apertura della manifestazione fieristica ha evidenziato in America un’accelerazione sui consumi di vino – il 65% lo ha bevuto almeno una volta nell’ultimo anno – grazie ai suoi millennials (69%), i giovani compresi tra i 21 e i 35 anni che rappresentano il primo target tra i consumatori, e le sue metropoli (a New York i wine-addicted sono il 71%), ma sono ancora enormi i margini di crescita: “Lo dimostra – ha detto Mantovani – per esempio l’analisi sulle regioni emergenti del ‘Mid West’, con il Minnesota che in 10 anni ha aumentato del 277% le importazioni di vino made in Italy, o l’Illinois che si è ‘fermato’ a +98%. I due terzi delle importazioni statunitensi di vino si concentrano in 5 soli Stati, questo la dice lunga di quanto ancora siano ampi i margini di penetrazione del nostro mercato in questo grande Paese. A questo Vinitaly contiamo oltre 6.000 operatori Usa con un consistente incremento di importatori e distributori oltre che dalla East e West Coast anche dagli Stati interni, come Colorado, Kansas, Missouri e Illinois”.
USA: un mercato gigantesco, che in buona parte (4 su 10 tra i ‘non user’) non ha mai bevuto vino italiano perché non lo conosce; gli intervistati sulla brand awareness, infatti, esprimono un monito e allo stesso tempo una bocciatura: da una parte, oltre la metà dei consumatori denuncia un deficit nell’informazione del prodotto made in Italy rispetto a quelli di altri Paesi; dall’altra consigliano di puntare la comunicazione non solo verso l’abbinamento cibo-vino (29%) ma anche sull’Italian style (18%) e sulla narrazione di vino (18%) e territorio (14%) più che sulla singola azienda (8%). I vini italiani sono associati maggiormente ai sostantivi “storia” e “tradizione”, per momenti di relax ma anche di convivialità.
Gli user americani – più giovani dei quelli europei (i millennials Usa rappresentano il 40% dei consumi contro il 10% dei pari età italiani) – si sono evoluti attraverso modalità di consumo più socievoli e sociali: dal boom di eno-cocktail e pre-mixati (preferiti da 1/3 del campione) alla tendenza green, ormai la quarta discriminante nella scelta dell’etichetta nei consumi fuori casa (11%), dopo “brand reputation”, “varietale” e “prezzo basso”. Non a caso i prodotti bio (25%), assieme ai sostenibili (20%), sono indicati come i nuovi principali trend di consumo nei prossimi 5 anni da quasi la metà del campione, in una classifica che vede posizionarsi molto bene anche la tendenza autoctona (22%).
Per il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: “L’approccio al vino negli Usa è decisamente meno integralista e più innovativo rispetto a quello del consumatore medio europeo, come dimostra il largo consumo di vino pre-mixato in bottiglia o cocktail a base di vino: tra questi primeggiano i cocktail a base di Prosecco (57% dei consumatori di vino mixato), i Frosé cocktail (42%) e i Bourbon barrel-aged wine (41%)”.
Un vino che rimane status symbol ma che sposta il proprio baricentro sempre più nei luoghi di aggregazione giovanile, consumato in occasioni friendly, con i wine bar che cresceranno più di tutti (39%) insieme ai ristoranti casual, che, a detta del campione, prenderanno il posto delle grandi occasioni romantiche e dei ristoranti eleganti.
La geografia enologica USA mostra lo stato di New York come quello più aperto al vino tricolore (36%), bevuto da circa un terzo dei californiani (29%) e solo da un abitante su 4 nel Mid West (24%).

Paolo De Castro, vice presidente della Commissione agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo ha commentato: “Fra Stati Uniti e Unione europea passa un terzo del commercio mondiale e una guerra di dazi fra le due sponde dell’Atlantico non gioverebbe a nessuna delle due parti; dopo la crisi dovuta all’embargo russo, gli agricoltori europei non possono rischiare di veder venire meno un mercato con un volume complessivo di export di quasi 22 miliardi di euro lo scorso anno, di cui 3,8 miliardi per il solo comparto del vino”.
Secondo Maurizio Forte, direttore Ice di New York e coordinatore della rete, “gli USA sono il mercato più promettente per il vino italiano, dato che emerge dall’interessante ricerca Vinitaly-Nomisma. Gli Stati Uniti assorbono già un quarto del nostro export e cresceranno del 4-5% l’anno nel prossimo quinquennio. I nostri prezzi medi restano tuttavia ancora bassi, nonostante il 94% dei consumatori ritenga che il vino italiano abbia una qualità uguale o superiore a quello francese, tanto che l’88% sarà disposto a pagarlo di più in futuro. Abbiamo quindi dei chiari margini per migliorare la percezione dei nostri vini. Il Progetto Vino USA, sviluppato dall’Agenzia ICE, mira proprio a colmare questa lacuna elevando il posizionamento e la conoscenza del vino Made in Italy, grazie ad un investimento pubblico senza precedenti. Un percorso ambizioso reso possibile dall’impegno del Ministero dello Sviluppo Economico e dal grande gioco di squadra con Federvini, Unione Italiana Vini, Federdoc ed ovviamente Vinitaly, con cui ICE ha una partnership consolidata nel tempo, che si rafforza di anno in anno”.
Riepilogando: consumi negli Usa, ecco 10 numeri in pillole.
- Il 65% della popolazione statunitense (21-65 anni) ha consumato vino nell’ultimo anno, il 39% vino mixato.
- New York (71%) e millennials (69%) le incidenze maggiori nei consumi; sempre i millennials (48%) californiani (45%) hanno bevuto più vino mixato.
- La birra è divertimento/convivialità (28%) e monotonia (11%). Il vino relax (19%) e status symbol (12%).
- Prezzo basso (18%) varietale (16%) e brand reputation (15%) sono in generale i principali criteri di scelta.
- Il 28% ha bevuto vino italiano lo scorso anno, il 36% a New York, il 32% in California, il 34% tra i millennials.
- Per i wine consumers, tradizione e rela’ sono i sinonimi del vino italiano, eleganza e creatività per quello francese.
- “Non conosco il vino italiano” (37%), “costa troppo” (22%), “preferisco i vini americani” (21%) tra i motivi dei non user (72%) del prodotto made in Italy.
- La qualità (52%) e la versatilità (45%) sono i punti di forza del vino italiano rispetto ai concorrenti. Promozione/pubblicità (51%) e prezzo (40%) i punti di debolezza.
- L’88% di chi consuma vino italiano è disposto a pagarlo di più (93% i millennials).
- Biologici (25%), flavoured (23%), autoctoni (22%), sostenibili (20%), sparkling e premium (15%) i principali trend a 5 anni. Il packaging del prossimo futuro è ecosostenibile (46%).
Il 52° Vinitaly ha lanciato anche il nuovo salone sul vino dedicato al mercato dell’America latina, la cui prima edizione si terrà dal 26 al 29 settembre 2018 in Brasile, a Bento Gonçalves nello stato di Rio Grande do Sul, nazione ove nel 2017 l’export di vini italiani ha raggiunto i 35 milioni di euro (+48,6%).
Sono 250 gli espositori previsti, tra cantine, esportatori, distributori, rappresentanti, produttori di macchinari per la vitivinicoltura, accessori per il consumo e aziende fornitrici di servizi specializzati; presenti anche spazi riservati all’olio di oliva e ad uno dei prodotti simbolo del Sudamerica, il caffè. I principali paesi partecipanti sono Italia, Brasile, Argentina, Cile, Uruguay, Portogallo, Francia, Germania, Spagna, Nuova Zelanda, Sudafrica, Stati Uniti, Australia e Slovenia.

Per le aziende italiane, Wine South America rappresenterà l’opportunità di aprire o espandere a tutta l’area latina i propri mercati. “Con Wine South America – ha spiegato Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – Veronafiere prosegue nell’espansione della propria rete di promozione internazionale legata al brand di Vinitaly. Siamo in Brasile già dal 2011 con tre eventi dedicati al settore del marmo, della meccanica e delle costruzioni e questo nuovo appuntamento completa e rafforza la nostra presenza in un’area strategica, porta di accesso a tutto il Sudamerica”.
Ha aggiunto Mantovani: «La domanda di vino ha risentito solo parzialmente dei problemi politico-finanziari del biennio 2015-2016 e oggi il Brasile si presenta, al pari di altri buyer sudamericani presenti all’evento, come una piazza strategica per il nostro export. Con un Pil previsto in crescita del 2% annuo da qui al 2022 e una relativa discesa dell’inflazione e della disoccupazione, ci attendiamo una buona crescita delle importazioni a partire dal 2018».
Per quanto riguarda la filiera vitivinicola nazionale, il Brasile conta 80.000 ettari coltivati a vigneto e 1.100 aziende produttrici, concentrate per il 90% nello Stato di Rio Grande do Sul. Le principali varietà impiantate sono Chardonnay, Moscato Bianco, Riesling Italico, Trebbiano, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Nero, Tannat e Cabernet Franc, la maggior parte introdotte da immigrati italiani, di cui quasi 60.000 sono di origini venete.
Premi e riconoscimenti? Tanti, a cominciare dai 21 ai “Benemeriti della vitivinicoltura italiana”, in memoria dell’ideatore di Vinitaly, Angelo Betti e assegnati fin dal 1973 ai grandi interpreti del mondo enologico italiano, su segnalazione degli assessorati regionali all’agricoltura.

Cantine del Notaio, di Rionero in Vulture si è aggiudicata il premio speciale Gran Vinitaly 2018, come cantina dell’anno della guida 5StarWines the Book. La società agricola in provincia di Potenza ha ottenuto la media punteggio più elevata con tre vini in almeno due tipologie diverse; a valutarla, un panel di oltre 80 esperti da tutto il mondo tra master of wine, master of sommelier, sommelier, blogger e giornalisti del settore, guidati da Ian D’Agata, direttore scientifico di Vinitaly International Academy. Cantine del Notaio è stata scelta tra 935 aziende vinicole iscritte a questa seconda edizione di 5StarWines the Book, provenienti da 14 nazioni: Italia, Australia, Stati Uniti, Argentina, Spagna, Slovenia, Israele, Croazia, Azerbaijan, Ucraina; Francia, Albania, Cile e Ungheria.
La commissione ha giudicato la Vernaccia di Oristano DOC riserva 2004 come “miglior vino italiano-Banco BPM 2018”, etichetta della cantina Silvio Carta Srl di Baratili San Pietro (Oristano). Sei cantine toscane, due pugliesi e una dalla Lombardia hanno ricevuto la certificazione Equalitas, lo standard sulla sostenibilità nato con l’obiettivo di aggregare le imprese del settore vitivinicolo per dare una visione omogenea su questo tema e creare un modello unico e condiviso fra i rappresentanti di filiera.
A Sol d’Oro Emisfero Nord è stato un trionfo azzurro tra i 360 oli in gara da Italia, Spagna, Grecia, Slovenia, Libano, Marocco, Portogallo, Giappone e Cile, che hanno infranto il record di 300 campioni dello scorso anno. L’Italia ha confermato la leadership nella produzione di oli extravergine di qualità, vincendo 12 medaglie su 15 nelle cinque categorie previste, mentre la Spagna ha portato a casa le tre restanti.
Il premio Golosario, decima edizione a Sol&Agrifood, nato per le eccellenze emergenti dell’agroalimentare italiano presenti in fiera, ha eletto queste 21 delizie:
Birre
- Hibu – Burago di Molgora (Mb) – Trhibu
- Mastino – San Martino Buon Albergo (Vr) – 1291
- Ofelia – Sovizzo (Vi) – Nevermild
Birre IGA premio speciale
- Birrificio Gjulia – Cividale (Ud) – Ribò (ribolla)
- Bruton – Lucca – Limes (sangiovese)
- Chinaschi – Salemi (Tp) – Z (zibibbo)
Bevande
- Cento per Cento Consorzio Ortofrutticolo di Belfiore – Belfiore (Vr) – Succo di Mela Decio di Belfiore
- Paoletti – Ascoli Piceno – Chinotto
- Sabadì – Modica (Rg) – Limonata Madre
Confetture
- Il Baggiolo – Abetone Cutigliano (Pt) – Polpa di mirtillo nero
- Chesud – Santa Maria del Cedro (Cs) – Marmellata di cedro
- Cavazza – Vignola (Mo) – Chutney, pomodori e cocco
Sfiziosità
- Bastian – Gadi – Genova Molassana – Baccalà in scatola
- Forno Zogno – Tribano (Pd) – Scrocchia di zucca e curcuma
- Migliori – Ascoli Piceno – Olive ascolane
Dolci e forno
- Albertengo – Torre San Giorgio (Cn) – Panettone al Moscato
- Pasticceria Antoniazzi – Bagnolo San Vito (Mn) – Anello di Monaco
- Sgambelluri – Siderno (Rc) – Torroncino morbido al bergamotto
Salumi
- Benedetti Corrado – S. Anna d’Alfaedo (Vr) – Coppa affinata all’Amarone
- Opan Nebrodi – Rocca di Capra Leoni (Me) – Prosciutto dei Nebrodi
- Pertus Prosciutti Cotti – Olgiate Molgora (Lc) – Senese (prosciutto cotto di Cinta Senese)

Vinitaly, come si evince, abbraccia oggi molto più che il concetto di vino da bere: riflette un mondo di opportunità ed esperienze che si è espanso al punto da far inserire nella Legge di Bilancio 2018 (G.U. n. 302 del 29 dicembre 2017, S.O. n. 62) il seguente comma: “Con il termine enoturismo si intendono tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine”, che va a definire un settore in crescita esponenziale. “Enoturismo” significa degustazioni, visite in cantina, pacchetti enoturistici e vendemmie esperienziali; la disciplina fiscale di queste pratiche si equipara a quella delle attività agrituristiche per gli imprenditori agricoli.
Con il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, saranno definite linee-guida e indirizzi in merito ai requisiti ed agli standard minimi di qualità per l’esercizio delle attività e ciò richiederà, di conseguenza, anche la definizione di nuove figure professionali in grado di idearle, organizzarle, coordinarle, nonché – a monte – formazione ad hoc per garantire una wine hospitality di qualità.
Appuntamento con la 53ª edizione di Vinitaly dal 7 al 10 aprile 2019.