Piatto tipico toscano, le pappardelle al ragù di cinghiale sono un ottimo primo e un piatto prelibato e profumatissimo.
Il cinghiale (Sus scrofa) è un suino selvatico diffuso in tutto il mediterraneo e molto usato in cucina nella vasta regione della Maremma, la zona geografica fra la Toscana e il Lazio. La carne di cinghiale è molto gustosa, assai nota e apprezzata perché unisce al sapore della carne suina quello della cacciagione. La carne di cinghiale si trova facilmente nei grandi supermercati italiani, anche nel reparto surgelati. Negli Stati Uniti è meno diffusa, ma la caccia al cinghiale è comune anche in molti Stati del Sud e del Midwest.
Durante il mio recente viaggio in Italia ho visitato parecchie città e in ognuna ho gustato un tipico piatto della zona. Visitando Siena, in un ristorante in Piazza del Campo, ho ordinato le pappardelle al cinghiale. Nonostante io sia calabrese, le pappardelle sono il tipo di pasta fresca che preferisco e poi ho due fratelli appassionati di caccia al cinghiale. La scelta si è rivelata azzeccata e il piatto mi è piaciuto tanto da voler provare a cucinarlo a casa. Con mia grande sorpresa, sono riuscita a fare un piatto buono quanto quello mangiato a Siena, se non migliore. E così voglio condividere la ricetta con i lettori de La VOCE.

Filomena Fuduli Sorrentino, insegna alla South Middle School, ECSD, Newburgh, NY. Nata e cresciuta in Italia, vive a New York dal 1983. Oltre a interessarsi di scuola e didattica, è appassionata di cucina, soprattutto di quella della sua natia Calabria
Questi gli ingredienti:
400 gr farina 0/0 e 4 uova per le pappardelle fatte in casa
500 gr di cinghiale (polpa magra, io ho usato il filetto)
1 lt di passata di pomodori (ottimo se pomodori freschi)
Due cucchiai di concentrato di pomodoro
1 bicchiere di vino bianco e uno di cognac
Vino rosso per marinare la carne, abbastanza per coprire
Un bicchiere di latte o panna
Una cipolla bianca
Due spicchi d’aglio
150 gr di sedano (due gambi di sedano)
150 gr di carote (due carote)
Un rametto di rosmarino
Un rametto di salvia
Due foglie di alloro
1/2 bicchiere di olio extravergine di olive
Sale e pepe nero macinato a piacere
Pecorino grattugiato e a scaglie a piacere
Pappardelle al ragù di cinghiale
Questo non è un piatto veloce perché richiede tempo per marinare la carne. Il sugo si prepara con la carne di cinghiale tagliata a pezzi piccolissimi con il coltello o tritata con il tritacarne, dopo che si è fatta marinare nel vino rosso con cipolla, carote, sedano, alloro e rosmarino per almeno 12 ore; si può lasciare 24 ore per renderla più tenera. Io ho preferito tagliare la carne con il coltello prima a strisce sottilissime e poi a dadini piccolissimi, quindi tritata al coltello. In un secondo tempo si tritano la carota, il sedano e la cipolla e si fanno soffriggere in un tegame contenente olio extravergine d'oliva.
Una volta rosolato il tutto, dopo 5-10 minuti, si unisce la polpa di cinghiale tagliata finissima e si fa cuocere per un quarto d'ora circa, aggiungendo il rosmarino e la salvia legati insieme, per poterli togliere dopo la cottura. Si aggiungono il sale e il pepe a piacere. Mentre il cinghiale rosola con il resto dei sapori, si aggiunge prima il vino bianco e poi il cognac alzando la fiamma per far ridurre velocemente. Quando il vino e il cognac saranno completamente sfumati, si aggiungono sia il concentrato di pomodoro e sia la passata e si lascia cuocere a fuoco lento per un’ora, girando di tanto in tanto. Si aggiunge dell’acqua calda per allungare il sugo e far cucinare meglio la polpa di cinghiale.
La cottura del ragù dovrebbe durare da un’ora a un’ora e mezza, dipende dalla tenerezza della carne di cinghiale: se tritata finemente si cuoce prima. Quindici minuti prima del termine della cottura aggiungere il latte, o la panna, (il latte serve a rendere il sapore del sugo più delicato al palato e più cremoso), mescolare bene il tutto e terminare la cottura.
Lessate le pappardelle in abbondante acqua bollente salata per tre minuti circa. Questa pasta ha lontanissime origini. Il nome “pappardelle” deriva dal dialetto Toscano, “pappare” che significa mangiare con gioia e piacere. Si parla delle pappardelle anche in alcune opere di Giovanni Boccaccio (Medio Evo), e più avanti sono citate da Pietro l’Aretino. La pasta è tagliata a strisce poco più larghe delle fettuccine e lunghe come le lasagne.
Una volta scolate, condite le pappardelle col ragù di cinghiale, spolverate di pecorino e decorate con scaglie di pecorino o parmigiano, delle foglie di salvia, un rametto di rosmarino. Il piatto è pronto. Per accompagnare le pappardelle al ragù di cinghiale è consigliabile un buon vino rosso corposo, possibilmente toscano.