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March 28, 2014
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Quando party fa rima con Italy. Il successo di Made in Italy NYC

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 4 mins read

New York, lo si sente dire spesso, “is all about networking”: relazioni, conoscenze, rete. La capacità di far sapere alle persone giuste che sei lì fuori e che hai del talento, è la più importante carta da giocare in una città estremamente competitiva dove c’è tutto e di più.

Lo sa bene Francesco Belcaro, 34 anni e una carriera che lo stacca di almeno un decennio dalla maggior parte dei suoi coetanei rimasti in Italia. Dopo esperienze, da giovanissimo, tra Madrid, Londra e Los Angeles, Belcaro è approdato a New York dove non ha perso tempo e si è dato subito da fare perché la Grande Mela si accorgesse di lui. Una cosa gli è sembrata chiara fin dal primo momento: in una metropoli grande e dispersiva, per fare affari bisognava entrare in contatto con la gente giusta. E quale occasione migliore per socializzare che un party. D’altronde noi italiani le feste ce le abbiamo nel DNA.

logoL’idea è semplice: creare occasioni di socializzazione, fare incontrare la domanda e l’offerta, fuori dalla dimensione di lavoro, magari davanti a un buon bicchiere di vino. Ma Francesco Belcaro non voleva solo organizzare delle feste, voleva organizzare le feste più cool della città. La carta vincente? L’Italia. Nel 2004 Belcaro e il suo socio Francesco Mo hanno fondato Made in Italy e, per non lasciare dubbi, hanno scelto come simbolo la Lupa. Made in Italy è una società di pubbliche relazioni e comunicazione che, due volte al mese, organizza esclusive feste tra New York e Miami. Location eleganti quanto il dress code, file all’ingresso, noti DJ, performance dal vivo, collaborazioni con artisti. A volte la festa è a tema, come nel caso dell’evento organizzato allo Standard Hotel per Carnevale, serata in cui il dress code richiedeva una mascherina veneziana (vedi video qui sotto).

“Sono diventati eventi che la gente aspetta e abbiamo avuto fino a 3500 persone a serata – ci racconta Belcaro – Il richiamo è l’italianità ma il target non è necessariamente italiano. In linea di massima, alle nostre serate, partecipa di media un 15 per cento di italiani, un 30 di pubblico internazionale, e il resto sono americani. Sono professionisti, imprenditori, manager, persone che lavorano nella moda, nella finanza, nel real estate, gente che lavora sodo tutta la settimana ma che non per questo vuole rinunciare a una vita sociale. Cerchiamo di fare incontrare i vari settori, di modo che le feste diventino anche un’opportunità per conoscere altri professionisti e crearsi occasioni lavorative”.

La festa è condita da bevande e prodotti di marchi italiani partner di Made in Italy: Peroni, Averna, Zonin, tanto per citarne alcuni. “All’inizio eravamo noi ad andarci a proporre alle aziende. Ora avviene il contrario perché i brand sanno che attraverso i nostri eventi possono raggiungere una specifica fascia di mercato”. L’Italia diventa una sorta di marchio di qualità, garanzia di eleganza e di divertimento, un’immagine a cui molte aziende del made in Italy non vedono l’ora di essere associate. “La maggior parte delle società spende molti soldi in immagine e networking – continua – A New York direi che quasi il 70 per cento del lavoro che fai è basato sulla parte sociale. Noi abbiamo trovato un modo per trasformare quell’attività sociale in business”.

Oggi la crew di Made in Italy conta 14 persone, molti italiani, ma non solo. Tutti giovani, tante belle facce e cervelli non da meno. Cervelli che non si dedicano solo ai party, perché, se di networking si tratta, dopo la festa bisogna passare a “talk business”, come dicono gli americani. Dietro Made in Italy c’è infatti anche una società immobiliare di cui Belcaro è vice presidente. La società lavora soprattutto con gli stranieri cui, attraverso un team che comprende avvocati, commercialisti, ingegneri e architetti, offre servizi che vanno da quelli tipici di un’agenzia immobiliare, fino a piani di finanziamento e investimento. Il gruppo inoltre si occupa di compravendita e ristrutturazioni edilizie . “È una boutique un po’ specializzata che vive molto di quello che siamo riusciti a costruire attraverso il networking. Le due realtà sono complementari e si supportano a vicenda”.francescp

Una formula di sicuro successo che ha saputo sfruttare i lati migliori di New York City: “Questa è la città più competitiva e che allo stesso tempo offre più possibilità al mondo. Devi avere carisma e passione. Noi non eravamo nessuno, ma abbiamo iniziato a farci conoscere e farci rispettare per quello che facciamo perché ci mettiamo impegno, costanza e duro lavoro. La meritocrazia qui funziona. E questo ci spinge a fare ancora di più”.

Parole che non suonano come vuota retorica quando si passa una mezzora con Belcaro: il suo telefono non smette di squillare e lui, pur con una calma serafica, dà l’impressione di fare sempre tre cose allo stesso tempo. “Certo a volte viene un po’ di stanchezza. Sei sempre a parlare di lavoro e devi costantemente saper essere diplomatico. Ci sono volte in cui ti andrebbe di nasconderti in casa”. Ma se Belcaro se ne resta in casa, poi chi è che fa incontrare la New York più glamour? Di sicuro, se il made in Italy è stato il suo biglietto da visita, Francesco Belcaro è un ottimo biglietto da visita per il made in Italy.

La prossima festa è in programma per venerdì 28 marzo da Finale Club.

 

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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