Non oso salire sulla bilancia. Circa un mese fa ero a Milano e il critico gastronomico del Sole 24 Ore, Davide Paolini, conosciuto come il gastronauta (http://www.gastronauta.it) perché scova le eccellenze gastronomiche italiane, mi dice al telefono: “Prima di ripartire, passa a Milano Golosa, evento che ho organizzato al Gran Hotel Villa Torretta”. Non l’avessi mai fatto: ho assaggiato e comprato di tutto, rompendo una dieta che mi aveva fatto perdere qualche chilo e permesso di infilarmi di nuovo in qualche pantalone relegato in cantina. Oggi ho dato fondo alle ultime scorte: ho fatto fuori dalla sera alla mattina 200 grammi di pregiatissimo torrone in edizione limitata (n.915) Scaldaferro (http://www.scaldaferro.it), preparato solo con mandorle e miele italiano, zucchero di canna, albume d’uovo, vaniglia in bacca – stop. Niente coloranti, conservanti o additivi chimici. Valore energetico totale: 1024 calorie. Però ben spese, anzi accumulate. Mi sono pappata questo tipico mandorlato veneziano, fatto con mandorle e miele di mandorlo provenienti dalla piana palermitana. L’etichetta spiega che il nettare viene impiegato dalle api per lo sviluppo della colonia: solo in caso di fioritura eccezionale può esser utilizzato per uso dolciario.
La mandorla utilizzata – udite, udite – proviene dal medesimo albero e crea un’armonia di gusto modulando sapori molto simili tra loro. Aggiungo che si tratta di un mandorlato duro, come il vero mandorlato dev’essere, ma friabile e croccante e assolutamente non troppo dolce. Siccome io sono cresciuta a dolci, perché non mangiavo quasi nient’altro, mi sono fatta un certo palato e vi assicuro che un prodotto simile non ha eguali. Questa azienda di Dolo, in provincia di Venezia, lo impasta solo nei tre giorni di luna crescente per favorire il potere montante dell’albume e risaltare il gusto dei rari mieli usati. Pietro Scaldaferro mi ha fatto assaggiare mandorlati al miele di nespola japonica, al miele salato della laguna di Venezia, torroni con coriandolo e pistacchio, con rosmarino e nocciola, con noci e sulla, al pepe di sechuan… non sono riuscita a stabilire quale fosse il più divino. Cosa aspettate a importarlo in America?
Ma procediamo con ordine. Era precisamente sabato 20 ottobre, sono arrivata verso le 6 del pomeriggio e, avendo ormai perso le lezioni su pesce, pane e lievitati, olio d’oliva, oltre a varie altre degustazioni ad orari fissi, ho optato per “il fai da te” e mi sono diretta sparata al “mercato degli artigiani”, dove alcuni dei migliori casari, salumieri, artigiani del gusto italiani erano lì a raccontare storie e tradizioni dei prodotti dei loro paesi. Ho assaggiato di tutto, iniziando con un bicchierino di aceto, ma di ciliegie! Per di più di Vignola, che vi assicuro sono la carnosa eccellenza delle terre modenesi.
L’Acetaia Cà del Lauv di Leo e Maria Bozzetto (http://www.acetodiciliegia.it) al Vinitaly 2012 ha ricevuto il primo premio nel settore degli aceti. Tre sono gli aceti: il Condinsalata per tutti i giorni; il Condimento ottimo su risotti, mozzarelle, carni, pesce, fragole; la Riserva che esalta particolarmente i sapori, perfino del gelato. Non contengono coloranti né addensanti. Ho provato e, sì, anche gustato il fluido anti-aging per il viso, della linea di bellezza che la ditta sta per commercializzare: una squisitezza per la pelle e al palato. La Cà dal Non (http://www.cadalnon.com) produce il più sublime aceto balsamico tradizionale di Modena che si sposa con qualsiasi pietanza e si può sorbire anche puro da un cucchiaino come aperitivo. Ho acquistato delle composte di amarena, fragola e fico verde fatte, anziché con lo zucchero, con la saba, l’antico addolcente usato dai romani che lascia intatta la fragranza della frutta. A Treviso (http://www.campagnamica.it) invece Marisa Saggio della Zolla 14 organic farm project con le mele della sua terra ci fa l’aceto di mele ma pure il succo di mele, ottenuto dalla spremitura e non dal succo concentrato, e che propone in ben 7 differenti deliziose varietà. Dal 1947 Rossi (http://www.pesto.net) prepara e imbarattola il vero pesto genovese fresco, ottenibile solo dall’ocimum basilicum che cresce solo in Liguria, grazie al particolare microclima. Per preservarlo il produttore, Roberto Panizza, ci mette solo dell’acido ascorbico. A New York lo distribuisce http://www.gustiamo.com e vi consiglio di procurarvelo: potrete sempre farvi una squisita spaghettata in quattro e quattr’otto. Agrilanga (http://www.agrilanga.com) nel cuore della langa astigiana dal latte delle sue capre ottiene un formaggio unico: la robiola di Roccaverano, ogm free, declinato in varie varianti che potete trovare anche al Eataly di New York. Fate attenzione al bollino ocra che contrassegna il formaggio di latte pura capra. In provincia di Modena c’è il beauty cheese di Bergamaschi (http://www.bergamaschiss.it), parmigiano reggiano di soli latte di mucca caglio e sale che mi sono comprato in taglio scelto di 36 mesi e taglia qua, taglia là mi sono fatta aperitivo, pranzo e cena. Lo Storico (http://www.fondosangiacomo.com) è un eccelso formaggio a pasta dura di 24 e 36 mesi, un parmigiano direi, prodotto a Carignano in provincia di Parma che Rossella e Franco Cobianchi ottengono dal latte delle loro mucche alimentate solo dall’erba dei loro pascoli.
Anche questo ha avuto poca vita in frigo… Per mangiare una mozzarella di bufala davvero divina bisogna assaporarla appena fatta. Ho avuto la fortuna che i maestri caseari del Consorzio della Tutela del Formaggio Mozzarella di Bufala Campana (http://www.mozzarelladop.it) la stavano impastando proprio in loco e me ne hanno regalate quattro. E’ stato un trionfo gustarle appena ritornata a casa. Dalla Toscana con sapore: in Valdichiana (http://www.saporidellavaldichiana.com), in provincia di Arezzo, i suini vengono cresciuti con alimenti naturali in piccoli allevamenti che danno: prosciutti, porchetta salumi. La Macelleria Aldo, a Monte San Savino, mi ha fatto degustare una finocchiona da sballo, per non parlare del prosciutto dalla carne compatta e magra al cui cospetto quello spagnolo si può andare a nascondere.
La Macelleria Giacobbe di Sassello, in provincia di Savona, ha fatto del conciare le carni un’arte: ecco la gustosa soppressa, la coppa, la pancetta e il lardo, i cotechini, gli zamponi che rallegreranno le tavole delle feste di chi cerca i sapori antichi. Antica davvero anche la preparazione del salame di Marco D’Oggiono Prosciutti (http://www.marcodoggiono.com) che opera in Alta Brianza. Prosciutti che, affettati e sigillati in 400 buste, l’astronauta
Paolo Nespoli si è portato nello spazio. Ma quest’azienda produce pure un cotechino magro e gustosissimo che ho cucinato due ore accompagnandolo poi con il purè e varie mostarde.
Ho scoperto che a Pordenone, non lontano da dove vivo, c’è un’azienda che ha fatto della produzione della birra artigianale e non pastorizzata il suo fiore all’occhiello. Si chiama Zago (http://www.zago.it), ma produce anche panettoni e caffè pregiato. Un caffè intenso, strong direi, ma che non mi ha causato alcun effetto collaterale (solitamente mi fa allergia), l’ho sorseggiato nello stand di Giordano (www.giordano1938.it), torrefazione di Ivrea che ricerca in tutto il mondo le piccole realtà produttive per assicurare un prodotto naturale e dall’aroma raro. Dei dolci divini vi parlerò la settimana prossima.