Internazionale di nome e di fatto. Al Palazzo di Vetro dell'ONU, ieri la società calcistica nerazzurra ha vinto la sfida più importante, quella per la solidarietà e lo sviluppo per la pace. Con l'ambasciatore d'Italia Cesare Maria Ragaglini, c'erano gli "ambasciatori campioni" Luis Figo e Francesco Toldo, per presentare davanti ai giornalisti dell'Onu "Inter Campus", il programma di "sport, passion e impegno" che da oltre quindici anni vede la società di Massimo Moratti protagonista in 25 paesi, dall'Africa al Sud America, dall'Asia all'Europa dell'Est.
Con loro anche il sottosegretario generale dell'Onu per lo Sport come strumento di pace e sviluppo, il tedesco Wilfried Lemke. Il presidente dell'Inter Massimo Moratti non era alla conferenza stampa ma poi, in serata, ha partecipato ad una cerimonia che si è tenuta all'Assemblea Generale dell'Onu. Moratti aveva dichiarato: "E' un progetto partito dall'idea dilettantistica di aiutare e si è arricchito di una professionalità enorme da parte di chi opera al suo interno. Non ci si riesce a staccare da tutti questi bambini e dall'entusiasmo degli operatori".
La sala dei giornalisti dell'Onu era piena anche di telecamere tv in cerca dei campioni dello sport più ¨popolare del mondo", e se alcune domande hanno forse tradito un po' troppo la passione per il calcio (a Figo è stato chiesto che ne pensasse di David Beckham che ha deciso di non giocare più negli Usa…), il cannoniere della giornata è stato il programma di sviluppo sociale che già include molte Ong e ora cerca di coinvolgere altre grandi società sportive. "Da tifoso sono orgoglioso che sia proprio l'Inter ad avviare questa partnership con le Nazioni Unite – ha affermato Ragaglini – e il mio auspicio è che sia seguita da molte altre squadre italiane in questo esempio, positivo di responsabilità sociale".
L'ambasciatore ha spiegato come la maggior parte di questi campus si trova in Paesi devastati dalla guerra o che hanno avuto problemi di conflittualità, situazioni in cui i primi a pagare sono donne e bambini. "Il programma permette di toglierli dalla strada, dare loro il diritto al gioco, al sorriso, alla spensieratezza e ai sogni. Inter Campus di fatto abbraccia quegli che sono gli ideali e gli obiettivi delle Nazioni Unite", ha aggiunto il diplomatico, sottolineando la forte sinergia con le strutture dell'Onu e con il segretario generale Ban Ki-moon.
Toldo e Figo hanno spiegato che l'essere coinvolti nel programma ha portato loro "emozioni più grandi di quelle provate dopo aver vinto un grande trofeo sul campo". E l'ex portiere e l'ex attaccante portoghese entrambi dirigenti nerazzurri, hanno spiegato ai giornalisti che anche se questo programma non cambierà il mondo, il dar speranza e felicità a migliaia di bambini che hanno avuto finora la vita contro è il successo più prestigioso della carriera. Figo, che ha giocato anche con Barcellona e Real Madrid, ha dichiarato che i quattro anni all'Inter "mi hanno dato tantissimo in termini di amicizia e rispetto per gli altri. Per questo ora voglio dare il mio apporto a Inter Campus".
In foto il presidente dell'Inter, Massimo Moratti durante la presentazione del progetto Inter Campus all'ONU
L'Inter Campus coinvolge ogni anno diecimila bambini di 25 paesi (solo per citarne alcuni, Uganda, Congo, Angola, Marocco, Bolivia, Brasile, Venezuela, Cuba, Iran, Israele-Palestina…).
L'Inter, pubblicizzando il suo programma di sviluppo sociale all'Onu, come ci ha detto Carlotta Moratti, la figlia del presidente dell'Inter che lavora per Inter Campus, spera ora che altre grandi società sportive siano coinvolte. Al Palazzo di Vetro abbiamo intervistato Carlotta Moratti, Luis Figo e Francesco Toldo:
Con Inter-Campus siete da 15 anni in giro per il mondo ad insegnare calcio e con il calcio a dare speranze di vita a bambini che dalla vita hanno avuto solo avversità. E' soddisfatta di questo evento alle Nazioni Unite?
C. Moratti – "Lo siamo assolutamente e prima che contenti siamo onoratissimi, dell'invito dell'Ambasciatore Ragaglini e della partecipazione di agenzie delle Nazioni Unite cosí importanti come quelle che saranno con noi oggi. Riconosciamo di avere un'unità di intenti in un progetto che per noi nasce da un'idea molto semplice, quella cioè di riportare il diritto al gioco ai bambini. Questo trova la condivisione delle agenzie delle Nazioni Unite e dalla dichiarazione dei diritti del bambino, che afferma appunto che ogni bambino ha diritto al gioco. Essendo una dichiarazione dei diritti riconosciuta dall'Onu, vuol dire quindi che siamo nel posto giusto per parlare di una cosa che viene assolutamente compresa nel suo obiettivo principale, che non è sportivo o di scouting ma assolutamente sociale, di restituire cioè ai bambini questi diritti".
Gli "ambasciatori" Toldo e Figo hanno detto che nel programma riuscite a coinvolgere anche le bambine in paesi dell'Africa e del Medioriente…
C. Moratti: – "Diciamo che i nostri allenatori sono allenatori-educatori quindi pronti anche ad adattare la loro metodologia alle situazioni di tipo culturale che trovano poi nei diversi Paesi. Quindi è molto bello anche per noi -anzi direi che è uno dei nostri obiettivi- anche in alcuni paesi dove la situazione delle bambine e culturalmente diversa perchè sono comunque spesso relegate in spazi che non prevedono neanche attività motorie ed invece, attraverso il gioco del calcio, non visto come selezione o ricerca del campione, ma invece come vero diritto al gioco, queste bambine hanno finalmente la possibilità prima di tutto di stare insieme ad altri bambini, e poi fare attività libera ed all'aria aperta. Ci sono paesi che per cultura differenziano bambini e bambine, invece la nostra richiesta in più a questi paesi è proprio di poter coinvolgere le bambine".
La squadra di suo padre ha già vinto forse lo scudetto più bello, lo scudetto dello sviluppo e della pace?
C. Moratti – "In realtà penso che bisognerà ancora vincerlo andando avanti, portando a compimento questo progetto. Pensare di aver già raggiunto qualcosa potrebbe voler dire che ci si ferma… Poi sarebbe anche bello non essere gli unici a vincerlo ma visto che l'idea è molto semplice, sarebbe magnifico avere anche dalle altre società un supporto e diventare compagni di viaggio in questi programmi".
Al portiere dell'Inter e della nazionale Francesco Toldo chiediamo: questa esperienza al Palazzo di Vetro è stata la parata più importante della sua carriera?
Toldo – "Sicuramente sí, perchè il tempo del gioco è finito, ed è iniziato quello di far vedere quanto Inter-Campus possa far breccia nei bambini disagiati. Credo che l'Inter sia un esempio da seguire. E' da 15 anni che supporta attraverso il gioco del calcio, educando in maniera esemplare i bambini dagli 8 ai 12 anni non per fare scouting assolutamente – questa ci tengo a sottolinearlo- ma solamente per solidarietà, per far giocare questi bambini dove ci sono problemi di povertà ed emarginazione, discriminazione, di diversità di etnie. Sono stato personalmente a visitare alcuni Inter Campus nel mondo e sono rientrato pieno di gioia e di allegria perchè i bambini esprimono sempre gioia ed allegria".
Internazionale, il nome della squadra nerazzurra era già una garanzia in questo programma dove conta lo sviluppo nel mondo?
Toldo – "Soprattutto è una garanzia perchè dove apriamo vogliamo rimanere, per sempre. Di conseguenza prima di aprire valutiamo tantissimi requisiti, dai partner locali, a cui ci appoggiamo, alle potenzialità del progetto soprattutto in alcuni Paesi. Noi andiamo spesso dove si è appena conclusa una guerra. Vorremmo aprire in tantissimi posti peró bisogna che li si valuti con attenzione. Mi piacerebbe anche evidenziare che è da 15 anni che è aperto questo progetto e solo negli ultimi due anni l'Inter l'ha voluto pubblicizzare. In questi ultimi due anni abbiamo riscosso un successo enorme e con tutte le precauzioni del caso".
Lei ha detto in conferenza stampa che voi di Inter-Campus siete riusciti a far giocare i bambini israeliani e palestinesi insieme, con anche le bambine.
Toldo – "Sí, proprio cosí. Abbiamo convocato 200 bambini, 100 israeliani e 100 palestinesi, sono arrivati a bordo di due pullman e quando sono scesi nel campetto, si son guardati come se fossero stranieri. Allora abbiamo fermato un attimo gli allenatori locali e gli abbiamo detto di mettetersi in disparte, facciamo noi l'allenamento. Al termine, dopo circa un'oretta, i bambini erano diventati amici, senza sapere chi era israeliano o palestinese. Abbiamo anche creato una squadra israeliano-palestinese nel 2008 in occasione della coppa internazionale di Inter-Campus, ci sono le foto che lo testimoniano. Insomma questo progetto è stupendo".
Luis Figo, campione di tante battaglie sul campo: forse la partita più bella l'ha vinta qui all'ONU?
Figo – "Speriamo sempre di vincere- ride- non sappiamo ancora se abbiamo vinto qui all'Onu ma speriamo di si, perchè con la benedizione delle Nazioni Unite ed il loro appoggio, il futuro sarà migliore".
Lei ha dichiarato che si è trovato meglio che altrove con la squadra dell'Inter soprattutto per questo suo impegno sociale. Lei pensa che le squadre di calcio, le grandi e ricche squadre di calcio dovrebbero essere più impegnate sul sociale e sullo sviluppo delle zone del mondo meno fortunate?
Figo – "Mi sono trovato benissimo a Milano, ho un rapporto fantastico con la società e la famiglia Moratti e credo anche che altre squadre al top facciano molto lavoro di responsabilità sociale. Credo che abbiamo tutti degli obblighi nel sociale, l'importante è che tutto si faccia col cuore, senza interesse se non l'obiettivo che ti poni all'inizio di un progetto come questo. Dipende molto dalla volontà di ognuno, ma anche altre squadre sono impegnate già in questo tipo di progetti".
*Pubblicato su America Oggi