Il film con il titolo più interessante della 80esima Mostra del Cinema di Venezia, che si è appena conclusa con il Leone d’Oro a Poor Things di Yorgos Lanthimos, è sicuramente quello di Ariane Louis-Seize, al suo esordio cinematografico con Humanist Vampire Seeking Consenting Suicidal Person (Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant).
Omaggi ai moderni classici delle storie di vampiri come “Lasciami entrare” di Tomas Alfredson e il film cult di Taika Waititi, “What We Do in the Shadows”, sono sparsi qui e là nel film con un effetto estetico sottilmente datato. Quasi a voler suggerire come i vampiri non riescano a tenere il passo con le nuove tendenze umane. Eppure questo non impedisce alla regista di offrire comunque una nuova prospettiva sul genere vampirismo con una creativa fusione di coming-of-age, horror e commedia nera.
Il vampirismo viene usato come pretesto per esplorare le conseguenze terribili di quando la nostra corporeità cede ai desideri carnali e ci trascina inevitabilmente verso la fine. Pertanto, l’istinto, la bramosia e la finitezza sono indissolubilmente connessi in questo film di formazione dove un incontro tra un assassino empatico consapevole del valore della vita umana e un aspirante suicida apre a diverse riflessioni.
Anche se Sasha è un vampiro, è comunque una giovane donna in lotta con il mondo circostante, per restare fedele a se stessa. Il sangue diventa così metafora per l’identità e la femminilità, e le contraddizioni che le definiscono. Da una parte, Sasha è un vampiro, con l’istinto di uccidere esseri umani per sopravvivere; dall’altra parte, possiede saldi principi morali che sono altrettanto fondamentali per definirla come persona.
Discussion about this post