Se…
Se quel giorno uno scrittore con il cronico vizio del gioco d’azzardo, e per questo pieno di debiti, avesse accettato il consiglio del suo agente, e rifiutato l’offerta di circa 12mila dollari e venduto i diritti della sua storia.
Se all’interno della Paramount che acquista i diritti, avesse prevalso chi invitava a non farne nulla, perché scottati dallo scarso successo ottenuto da The Brotherhood (La fratellanza) uscito nel 1968, e malgrado un cast più che rispettabile (regia di un veterano di Hollywood, Martin Ritt; interpreti: Kirk Douglas, Alex Cord, Irene Papas).
Se Joseph Colombo, boss dell’omonima famiglia mafiosa, non avesse accettato la proposta di Albert S. Ruddy, produttore esecutivo (la parola “mafia” non sarebbe mai stata pronunciata) e avesse continuato ad alimentare la campagna per boicottare il film, “colpevole” di denigrare la comunità italo-americana, magari accompagnandola a qualche proposta che non si può rifiutare (sulla falsariga del “I’m going to make him an offer he can’t refuse”).
Se avessero detto “Sì”, Sergio Leone, o Peter Bogdanovjch, Elia Kazan, Arthur Penn, Costa Gavras, Sam Peckinpah, tutti grandi registi, maestri, ma ognuno con una sua personalità, un suo timbro e un “sentire” peculiare.

Se la scelta, invece che su Marlon Brando, fosse caduta su Ernest Borgnine, Edward G. Robinson, Orson Welles, George C. Scott, Gian Maria Volonté; se fosse stato preso in considerazione Burt Lancaster, che quel ruolo avrebbe voluto interpretarlo; se Laurence Olivier non fosse stato troppo vecchio e malato per recitare…
Se Francis Ford Coppola non fosse riuscito a convincere i capi della Paramount, Robert Evans, per primo, che Brando “era l’unico che poteva interpretare il padrino”; se avessero tenuto duro, contrari all’ingaggio dell’attore, visti gli insuccessi degli ultimi tempi; se Brando non avesse accettato le condizioni poste dalla produzione: risarcire qualsiasi suo atteggiamento dannoso.
Se Brando non avesse deciso di dare al suo personaggio una faccia da bulldog, recitando con del cotone in bocca per appesantire le guance e apparire più anziano.

Se la scelta, invece che su Al Pacino, fosse caduta su Jack Nicholson, o Dustin Hoffman, Robert Redford, Ryan O’Neal…
Se Brando non si fosse intromesso minacciando di abbandonare il set, nel caso la Paramount avesse licenziato Coppola, come intendeva fare; se invece di Gianni Russo, per il ruolo di Carlo Rizzi fosse stato scelto l’allora sconosciuto Sylvester Stallone; o Mia Farrow per quello di Kay Adams, invece di Diane Keaton; se invece di Robert Duvall, per il ruolo di Tom Hagen fossero stati scelti Bruce Dern, o Paul Newman o Steve McQueen; se per il ruolo di Apollonia avesse mostrato interesse Stefania Sandrelli, invece di lasciare il posto a Simonetta Stefanelli…

Mille altri “se” si possono fare; se tali non fossero, chissà se si sarebbe qui a parlarne, e come…
Il 15 marzo 1972 è una data storica per il cinema, per chi lo ama, per chi lo fa. Quel giorno la Paramount Pictures organizza la première mondiale, a New York, di The Godfather: Il padrino. I profitti sono donati ai “The Boys Club”. Il film ha già fatturato 15 milioni di dollari in oltre 400 teatri. Alla prima partecipano Mario Puzo, lo scrittore autore della saga; il produttore Ruddy; il gran patron della Paramount Evans; il regista del film Coppola; con loro Al Pacino, James Caan, Diane Keaton… Mancano Brando (impegnato in Europa con Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci); e Duvall: non perdona il taglio di molte scene dove lui compare.
Il film è un trionfo. Incassa centinaia di milioni di dollari (negli Stati Uniti tra i 246 e i 287), viene premiato con tre premi Oscar, su dieci nomination: miglior film (al produttore Ruddy); migliore attore protagonista (Brando, che non si presenta in segno di protesta per le ingiustizie subite dalle minoranze, e in particolare i nativi americani: la statuetta è ritirata da Sacheen Littlefeather, di origine Apache); miglior sceneggiatura non originale (a Coppola e Puzo). Nel 1988 l’American Film Institute inserisce Il padrino al terzo posto della classifica dei cento migliori film statunitensi di tutti i tempi; al secondo posto nella classifica dell’Internet Movie Database; la rivista Empire lo proclama “film più bello di tutti i tempi”, al primo posto in un elenco di cinquecento.
A cinquant’anni da quel debutto, tutta la saga (The Godfather, 1972; The Godfather part II, 1974; The Godfather part III, 1990) viene restaurata con la supervisione dello stesso Coppola. Il primo film sarà nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti dal 25 febbraio (in Italia dal 22 al 24 marzo), e un cofanetto in 4K per l’homevideo con tutti e tre i capitoli. “Sono molto orgoglioso de ‘Il Padrino’, che ha certamente definito il primo terzo della mia vita creativa”, dice Coppola. “Sono particolarmente contento che nel cofanetto sia incluso ‘The Godfather, Coda: The Death of Michael Corleone’, che comprende la visione originale mia e di Mario Puzo nel concludere definitivamente la nostra epica trilogia”.
Un restauro che si avvale delle modernissime tecnologie nel campo del restauro cinematografico raggiunte negli ultimi anni: “Abbiamo lavorato su ogni frame affinché ne fosse restituito il suo aspetto migliore rimanendo comunque fedeli al sentimento originale della saga. È gratificante celebrare questa pietra miliare insieme ai meravigliosi fan che lo hanno amato per decenni, e giovani generazioni che lo trovano ancora attuale e a coloro che lo scopriranno per la prima volta”.
La “sorpresa” sarà in Godfather part III: una nuova versione dell’ultimo capitolo. Coppola ha rimesso mano al film, cambiandone anche titolo e finale: “Mario Puzo’s The Godfather Coda: The Death of Michael Corleone”. Il regista rende omaggio allo scrittore e co-sceneggiatore (Puzo), e ripristina il titolo da lui proposto all’epoca, e cambiato dalla Paramount che voleva richiamarsi al successo delle prime due pellicole. Ci sono un nuovo inizio, un nuovo finale, alcune modifiche a scene, inquadrature e commenti musicali. La pellicola riflette così le intenzioni originali di Puzo e Coppola; fornisce “una conclusione più appropriata per ‘Il Padrino’ e ‘Il Padrino Parte II’”.
Nella nuova versione, il film inizia con la scena in cui Michael Corleone negozia un prestito multimilionario con la Banca Vaticana, mentre nel finale, anziché far morire l’anziano padrino, il nuovo montaggio lo mostra molto vecchio ma vivo. “Lasciare Michael in vita è la vera tragedia” è il commento ironico di Al Pacino.