Aldo Biscardi, un personaggio unico per il mondo dello Sport. Amatissimo dal pubblico, non sempre amato dai colleghi. Sicuramente, un uomo che ha inventato uno stile: il suo. Sostenitore della cosiddetta moviola in campo (VAR, acronimo dell’inglese Video Assistant Referee) quando asserirlo sembrava fantascienza, se n’è andato l’8 ottobre di quasi 4 anni fa, lasciando in eredità anni di puntate sportive che hanno segnato un’epoca per originalità, popolarità, ospiti. La chiacchierata con Antonella, sua figlia, vuole rievocare il rapporto profondo che Aldo Biscardi ha avuto sia con i telespettatori che con la famiglia e le sue origini molisane, informando al contempo della recente notizia di un Premio giornalistico nazionale a lui dedicato, che sta nascendo proprio in questi giorni e che ha appena avuto il Patrocinio del CONI. Quante volte abbiamo riso con Aldo e la sua celebre frase tv “Parlate non più di due o tre alla volta altrimenti non si capisce niente!”: il suo nome fa tornare in mente anni di calcio e di spensieratezza, che oggi con la tragedia del covid sono un nostalgico ricordo.
Aldo Biscardi lo rammentiamo per le sue personalissime conduzioni di programmi sportivi. Personaggio famoso e noto a tutti; per te, semplicemente, tuo padre.
“E non solo quello; poi, e’ diventato l’esempio di un giornalismo da seguire. Da lì è iniziato un bel rapporto lavorativo, anche se inizialmente faticoso. Devi sapere che io, in realtà, ho un altro tipo di formazione: sono laureata in Architettura, quindi nella mia vita sono stata anche architetto; ho però sempre avuto una grande passione per il giornalismo e la scrittura, trovando inizialmente opposizione da parte di mio padre in questa scelta, perché’ lui credeva che il giornalismo fosse maschile, per cui una donna che volesse affrontare questo tipo di percorso non lo convinceva affatto. Era molto, molto contrario. Ho iniziato, ti dicevo, come architetto, ma guarda caso di impianti sportivi e scenografia : tutto ciò che comunque ruotava attorno al mondo che adoravo. Ho iniziato a lavorare nel giornalismo senza quasi che lui lo sapesse, e quando sono ufficialmente diventata giornalista, lui l’ha appreso praticamente per caso, e ne ha dovuto prendere atto. Poi, pian piano, ho fatto le mie esperienze e mi sono ritrovata a lavorare insieme a lui, convincendolo con la mia professionalità”.
Anche tuo fratello Maurizio lavora nel mondo televisivo.
“Sì. Mio fratello è anche lui giornalista sportivo. Questo era uno dei motivi per cui mio padre diceva che gli bastava un giornalista, in famiglia, e non più di uno”.
Che padre è stato per entrambi?
“Direi…diverso. Da uomo del Sud aveva due misure differenti nel relazionarsi ai suoi figli. Un padre molto tradizionalista, comunque: a Maurizio erano permesse delle cose che a me non lo erano. Adesso io e Maurizio siamo entrambi giornalisti, ma con strade professionali parallele e non convergenti. Lui conduce un suo programma su 7Gold; io sperimento nuove strade per parlare di sport. Sono convinta, infatti, che lo sport possa essere interpretato anche a livello culturale e non solo a livello di tifoseria. Per un anno ho provato un nuovo format tv, che parla di calcio anche a livello culturale, di tradizioni, della nostra storia”.
Aldo era un papà affettuoso o severo?
“Severo nel suo essere tradizionalista, però quando necessitava, sapeva essere anche accogliente e tenero, ed anche molto ironico, che era poi una sua caratteristica, che ha usato tanto anche nel lavoro”.
Vero. Tuo padre sapeva coinvolgere tanto con il suo modo personale di condurre un programma. Dopo di lui, sembra difficile trovare qualcuno che abbia quel modo appassionato di coinvolgere lo spettatore, come se fosse in studio con gli invitati.
“Esattamente. Stai facendo un’analisi giusta di chi era mio padre nell’ambito della conduzione televisiva. Lui era un tipo accogliente con tutti, non faceva mai distinzioni tra le persone. Pensa che, quando facevamo le dirette dai vari stadi d’Italia per Quelli che il calcio, arrivavamo sempre almeno un’ora prima, perché’ lui si fermava a parlare con tutti, a volte fino a pochi minuti prima dell’inizio di una diretta. Non rifiutava mai un’accoglienza, un abbraccio ad un tifoso, ad uno sportivo. A questo proposito, ho scritto tempo fa un articolo su come mio padre avrebbe reagito in epoca covid: come l’avrebbe potuta vivere, questa tragedia sanitaria? Lui usciva sempre di casa e veniva riconosciuto magari da un tassista che passava per caso e finiva per entrare proprio in quel taxi per parlare con lui. Ho anche scritto una intervista immaginaria con un tassista che mi prendeva sotto casa parlandomi di mio padre, e poi una, ovviamente immaginaria, con mio padre. La pandemia è stata ed è terribile per tutti, ma mio padre ne avrebbe sofferto gli effetti e le conseguenze ancora di più, ne sono sicura; proprio per l’impossibilità di mantenere i suoi quotidiani rapporti umani. Inoltre, da giornalista classico, abituato all’intervistato con lui nello studio, le moderne tecniche adoperate per sopperire alla mancanza di ospiti in presenza lo avrebbero messo in grande disagio: le interviste multiple, via video, o sempre e comunque per via telematica certamente non avrebbero fatto al caso suo. Avrebbe lavorato con grande difficoltà”.
Aldo era amico di Maurizio Mosca, che ci ha lasciati 11 anni fa. Come te ne parlava?
“Io Maurizio lo conoscevo molto bene. Papà ne parlava sempre con affetto. Erano tanto amici ed in perfetta sintonia : insieme riuscivano a costruire qualcosa di unico, perché si capivano perfettamente. Le loro diversità convergevano. Lavoravano all’unisono, e anche in modo divertente per gli spettatori. Una volta su La7 fecero, da soli, una puntata sul calcio-mercato che raggiunse un ascolto strepitoso, perché’ funzionavano perfettamente in duo”.
Tuo padre conservava, oltre al suo tipico accento, un rapporto stretto con le sue origini molisane.
“Sì; amava le tradizioni della sua terra. Le sentiva addosso, come sentiva la famiglia. Ogni anno tornava al suo paese natio e partecipava ad una sfilata tradizionale nella quale gli veniva regolarmente assegnato il carro numero uno”.
Quanto tuo padre ha ricevuto dal mondo del calcio? E’ stato un rapporto pari o impari? Voglio dire: tuo padre ha dato tantissimo, ma pensi che abbia ricevuto in egual misura in termini di gratitudine?
“Aveva quello che gli era necessario per il suo lavoro. A livello istituzionale gli hanno dato quello, ma nessun particolare riconoscimento. A livello pubblico, la gente ancora oggi mi scrive apprezzamenti per quello che mio padre ha fatto per loro in TV”.
Nel 1980 Aldo Biscardi lancia “Il Processo del Lunedì”, la storica sua trasmissione sulla Serie A di calcio. Nel 1983 passa a condurlo personalmente. Quanti devono dirgli grazie?
“Tanti, veramente tanti. Devo dire che molti lo hanno pubblicamente riconosciuto, e questo è stato una gioia per lui. Mio padre sceglieva uno ad uno i suoi collaboratori. Li prendeva giovani ed insegnava loro il mestiere. Li trasformava in professionisti. Tanti l’hanno riconosciuto, dicevo; alcuni invece no, ed hanno rinnegato il loro padre professionale; sono cose che però possono accadere. Ci sta”.
Il rapporto di tuo padre con la RAI, anche se alla fine si è interrotto, si potrebbe definire un rapporto d’amore, secondo te?
“Sicuramente sì. E’ stato reciproco: un dare ed avere da entrambe le parti. Con un grandissimo risultato: gli ascolti fatti da mio padre su Rai 3 non sono stati mai più’ ripetuti. Qualcosa come 9 milioni e mezzo per i Mondiali di calcio. Anche quando papà è andato via dalla Rai, non c’è’ stata acredine; diciamo che si è trattato di una separazione consensuale. Per 2 anni nella nuova sistemazione ha voluto essere sempre in chiaro, l’unico programma della rete non a pagamento e non criptato”.
Dal 1996 Aldo Biscardi va su Telemontecarlo, che poi diventa La7 nel 2001. Nel Maggio 2006 lascia La7, dal 2006 a 7Gold, poi su un circuito di TV locali. E dal 2015 su Sport Uno. Come ha vissuto questi cambi di scena? Se ne dispiaceva o li vedeva come nuove sfide, opportunità’?
“Alla fine dell’esperienza con La7 e con l’inizio di 7Gold, tutto è stato una sfida, un rinnovarsi. Ogni cosa cambiava, anche città’: da Roma a Milano. Lui diceva che ogni aspetto nuovo faceva parte di un mondo che stava trasformandosi , e lui si adattava con grande entusiasmo, nonostante l’età’, ad ogni cambiamento. Solo ai cambiamenti tecnologici non si è mai adattato: chiedeva il cartaceo, i giornali da sfogliare con mano, quando ormai tutto era già per via telematica”.
Il Molise ha dedicato ad Aldo Biscardi un museo. Sei soddisfatta di questa iniziativa?
“E’ stato un progetto che ho fortemente voluto. Avevamo una casa in campagna, dove papà teneva tutti i ricordi di una vita: premi, targhe, quadri, libri, riconoscimenti; tutte cose che lui catalogava meticolosamente. In famiglia ci è quindi venuta l’idea di fare, con tutto quel materiale, un vero museo. Quando papà è morto, sulla lapide nel cimitero di Larinonoi familiari abbiamo voluto che fosse scolpita la seguente frase: “Pregate non più’ di 2 o 3 alla volta, altrimenti si fa confusione”. La cosa è stata ripresa dal Corriere dello Sport e poi dalla Gazzetta, alimentando un pellegrinaggio sulla sua tomba. Questa dimostrazione di affetto ci ha dato lo spunto per la creazione di un museo a lui dedicato. Nel 2019, esattamente il 9 Giugno, il museo è stato ufficialmente aperto, con tutti i reperti, le documentazioni, gli oggetti che hanno fatto parte della sua vita; c’è all’interno perfino il suo pianoforte. E’ stato curato molto bene, sia come percorso di vita che professionale. Per non lasciare il museo un po’ isolato, abbiamo poi deciso, con il Comune di Larino e la Regione Molise, di istituire un Premio giornalistico radio-televisivo nazionale a lui dedicato. A questo proposito ti confido un aneddoto: mio padre ha anche un Guinness World Record per la trasmissione televisiva andata in onda per il maggior numero di anni al mondo: 27 anni, per l’esattezza. Si tratta del suo “Processo”. Comunque tornando al museo: abbiamo anche intenzione di farne un centro di formazione per giovani interessati al mestiere di giornalista. Il premio giornalistico stesso sarà rivolto ai professionisti del mestiere, ma anche a giovani emergenti, ed il Patrocinio del CONI appena ricevuto è un primo passo importante”.
E’ importante ricordare che tuo padre ha avuto risonanza anche all’estero.
“Esattamente. Il “Processo” è andato in onda, in diretta, per 4 anni in Canada. Mio padre è sempre andato molto fiero di questa cosa. Con lui andammo a Toronto, dove la comunità italiana ci fece una festa memorabile, e ci riservò un’accoglienza che non ho mai dimenticato”.
I connazionali all’estero hanno la passione di scoprire le vicende più umane e personali dei personaggi famosi legati alla loro terra di origine.
“Quando siamo andati a Toronto, oltre agli Italiani in Canada, c’era pure la comunità molisana locale. Una gioia incredibile. Riconobbero la sua genuinità. A questo proposito: mio padre non volle mai fare un corso di dizione o cambiare la cadenza molisana del suo parlare. Era fiero delle sue origini, e si voleva presentare com’era. Qualcuno ha sempre pensato per questo motivo che fosse un uomo non colto, invece era laureato in Giurisprudenza, ha insegnato Giornalismo all’Università’, ed ha scritto molti libri, vincendo anche una edizione del Premio Bancarella. Era solo genuino e spontaneo, mio padre; e la gente lo ha sempre riconosciuto”.
Un ricordo divertente in tv: ce lo regali?
“Guarda, scelgo questo. Mio padre era legatissimo a Max Giusti. Quando eravamo a La7, decidemmo con Max di fargli uno scherzo. Mio padre era sempre attentissimo e vigile, e fargli uno scherzo era cosa quasi impossibile. Max fu invitato in trasmissione, ma mi chiese di dire a mio padre che non poteva essere presente; poi decise di truccarsi per assomigliargli. Aldo era in studio a Milano e doveva intervistare tre ospiti in studio a Roma. Gli ospiti erano in realtà quattro: c’era pure Max, truccato da Biscardi, che faceva finta di condurre lui la trasmissione da Roma. Lo scambio tra i due fu divertentissimo, con mio padre prontamente al gioco: fu un momento originale e divertente, graditissimo dal pubblico”.
Per concludere: se oggi tuo padre fosse qui, cosa gli vorresti dire?
“Se mio padre oggi fosse qui, starebbe certamente facendo una puntata del suo “Processo”. Gli farei domande sulla scaletta, e certamente staremmo lavorando insieme”.