Il 2 settembre si inaugura la 77’ Mostra d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Un’apertura particolare e del tutto eccezionale considerati i tempi; questa edizione del festival sarà ricordata come quella al tempo del Covid-19.
Alla conferenza stampa (vedi video sopra) il direttore del settore cinema della Biennale, Alberto Barbera, ha tenuto a precisare che nonostante il coronavirus “non è stata operata nessuna rinuncia alla qualità né tanto meno nel numero dei film perché vogliamo dare un segnale di ripresa e condividere con il pubblico il patrimonio artistico a disposizione”.
Nei dieci giorni del festival sono 62 i film che verranno proiettati, 15 i cortometraggi . “In tal modo siamo riusciti a salvare il cuore del festival” ha dichiarato Roberto Cicutto, Presidente della Biennale. “Più di 50 paesi sono rappresentati quest’anno al Festival, e 8 titoli su 18 film in concorso sono di donne registe” ha voluto sottolineare Cicutto e “non per rispettare protocolli di genere”.
Dei 18 film in concorso 4 sono italiani: Emma Dante presenta “Le Sorelle Macaluso” con cui la regista siciliana ci introduce dentro un inferno famigliare tutto al femminile. “Un interno domestico dove si riproducono in scala minore le regole sociali, le relazioni tra essere umani e le infamie del mondo” dichiara la regista.
Susanna Nicchiarelli con “Miss Marx” ci svela il mondo di Eleonor Marx, figlia minore di Carl Marx, donna di grande intelligenza e sensibilità che cerca di integrare i valori del femminismo con quelli del socialismo ma che rimane vittima schiacciata dal peso del sentimentalismo e dalle contraddizioni del periodo storico in cui si trova a vivere.
Con “Padrenostro”, storia autobiografica, il regista Claudio Noce ci riporta nell’Italia degli anni Settanta, l’Italia degli anni di piombo, e dell’attentato subito da suo padre (interpretato da Pierfrancesco Favino ) che seppure riuscì a salvarsi, vide morire il suo autista. Il fatto storico da l’opportunità al regista di riflettere sulle conseguenze impresse nell’animo del figlio/bambino, osservatore e partecipe di eventi tragici.
Gianfranco Rosi sposta invece la sua cinepresa in posti lontani, dove la guerra appartiene al presente. Il suo film “Notturno” racconta un viaggio durato due anni nelle notti del Libano, della Siria e dell’Iran. “Due anni di esplorazioni nei paesi più pericolosi del mondo per raccontare la devastazione lasciata dal conflitto negli individui” cosi ha presentato il film il direttore Alberto Barbera. Un cinema della realtà, “a presa diretta”, senza filtri.
Fra i film stranieri da segnalare “Nomadland”, della cinoamericana Chloe Zhao che racconta del lungo viaggio della disperazione, un viaggio campeggiato dall’attrice Frances McDomand e accompagnata da autentici nomadi. Un viaggio alla scoperta del senso della vita e di se stessi. La sceneggiatura si avvale del libro inchiesta di Jessica Bruder ( Nomadland: surviving America in the twenty-first century).
L’ ottantenne regista russo, Andrei Konchalovsky, è a Venezia con “Cari compagni”, film in cui rievoca tragici avvenimenti durante il periodo al potere di Nikita Krusciov. Il Segretario Generale del Comitato Centrale del PCUS e leader dell’allora Unione Sovietica, sedò la protesta di operai russi che denunciavano condizioni di vita troppo miserevoli, con una tragica e sanguinosa repressione.

Il grande regista russo ha commentato: “Volevo fare un film sulla generazione dei miei genitori, quella che ha combattuto ed è sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale con la certezza che si potesse morire “per la Patria, per Stalin” e con una fiducia incondizionata negli ideali comunisti: milioni di persone che cercavano di fondare una nuova società. Ho voluto ricostruire con la massima accuratezza un fatto realmente accaduto e un’epoca in cui la storia ha rivelato l’incolmabile divario fra gli ideali del comunismo e la drammatica realtà dei fatti. Questo film è un tributo alla purezza di quella generazione, ai suoi sacrifici e alla tragedia che ha vissuto nel veder crollare i propri miti e traditi i propri ideali”. Un film di denuncia del potere autoritario e sempre dalla parte delle classe più emarginate e discriminate, come il regista russo è solito fare.
In “Quo Vadis, Aida?”, la regista bosniaca, Jasmila Zbanic, ripercorre dopo 25 anni, la tragedia del genocidio di Srebrenica. Una testimonianza per non dimenticare.

L’avvio al Festival è stata affidata al film-doc autobiografico di Andrea Segre, “Molecole”, un film che descrive il periodo pre e durante il lockdown per il Corona virus, vissuto dal regista a Venezia. Una opportunità per il regista di creare dei parallelismi fra la fragilità della città “più unica” al mondo e la fragilità dell’essere umano. Fragile come la vita di suo padre destinato ad una vita breve a causa di una malattia. Il titolo infatti prende spunto dal lavoro del padre che, ricercatore chimico avrebbe forse voluto, attraverso lo studio delle ‘molecole’, studiare il suo destino.
l film si muove su due livelli: una parte intimistica che induce alla riflessione sulle debolezze dell’essere umano e un livello di denuncia sociale, quando attraverso i protagonisti del film vengono messe in evidenza le problematicità di una Venezia in balia della mercificazione turistica. Elena, una protagonista del documentario, fa notare come il moto ondoso delle acque sia cessato a causa dell’assenza delle barche, le barche dei turisti. La telecamera si sposta su due gabbiani solitari e dominatori di Piazza San Marco e il loro ‘pianto’ diventa la colonna sonora di questo pezzo del documentario.
Come fare convivere forza ( la bellezza insita nella città ) e debolezza (dovuta alla mercificazione della città) in Venezia? Come convivere con la consapevolezza di dover accettare la morte?
Discussion about this post