Com’è noto, nella notte di mezza estate si sogna che è una meraviglia. Quest’anno, complice una congiuntura climatica particolarmente favorevole, il sogno si è consumato con leggero anticipo nella serata di mercoledì 12 giugno. La luna, temporaneamente scesa a Firenze nei giardini di Villa La Pietra, ha fatto da sfondo a una ridda di personaggi, voci, suoni e incanti che avrebbe senza dubbio soddisfatto la corte fatata di Oberon e Titania. Passando dal condizionale all’indicativo, accorato e unanime è stato l’apprezzamento del pubblico verso il Furiosus di Roberto Scarcella Perino e Flora Gagliardi, al tempo stesso opera sognante e sogno operistico ispirato all’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, poema caleidoscopico che, dalla sua prima comparsa a stampa nel 1516, ha stimolato una serie inesauribile di adattamenti e riscritture. Eseguita per la prima volta a Città della Pieve nell’estate del 2017, l’opera è stata riproposta in un nuovo allestimento nella sempre interessantissima kermesse musicale e teatrale The Season, organizzata ogni estate negli spazi di Villa La Pietra e giunta quest’anno alla sua quindicesima edizione. Un plauso meritano i direttori di NYU Florence, Larry Wolff e Perri Klass, per aver sostenuto con entusiasmo un’impresa che marca un segno di rilievo nella ricezione contemporanea di uno dei capolavori della letteratura mondiale.
Tutti i partecipanti all’opera gravitano tra Firenze e dintorni. I personaggi del noto poema cavalleresco raccontati nel Furiosus come Astolfo, Angelica, Orlando e Bradamante, per citarne alcuni, sono stati egregiamente interpretati da Artemy Nagy, Francesca Caligaris, Anna Chiara Mugnai, Dielli Hoxha, Daniela Nuzzoli, Lorenzo Nincheri, Magdalena Urbanowicz e Lorenzo Tosi.
I dodici elementi del coro giovanile della Scuola di Musica di Fiesole, preparati magistralmente da Joan Yakkey, e gli attori della classe di Commedia dell’Arte della New York University, diretta da Jim Calder, hanno rappresentato creature fatate, maghi, fate e animali fantastici e terreni.
Vero e proprio sogno a occhi aperti, Furiosus prende le mosse dall’episodio forse più emblematico della fantasia poetica ariostesca: il recupero del senno di Orlando da parte del paladino Astolfo. Impazzito per amore (ma sarebbe più corretto parlare di gelosia, sempre che le due passioni siano separabili l’una dall’altra…), l’eroe Orlando, impegnato al servizio di Carlo Magno nel conflitto con i saraceni, perde i connotati della sua proverbiale saggezza. Animato da incontrollabile furore, il cavaliere semina morte e distruzione dopo aver scoperto che la bellissima ma imprendibile Angelica – figura stessa del desiderio – gli ha preferito un semplice fante. Il senno di Orlando, come tutte le cose che si perdono in questo mondo, finisce quindi sulla luna, custodito in una delle innumerevoli ampolle di vetro che solo la magia della poesia può riportare sulla terra.
Nella versione dell’episodio raccontata dal libretto di Flora Gagliardi – che ha anche curato la regia di questa produzione fiorentina – le cinque ampolle recuperate da Astolfo contengono “sospiri d’amanti, / il senno dei pazzi, / il tempo sprecato, / preghiere mendaci, / la fama perduta”. Aprendo le ampolle una dopo l’altra, il paladino riporta in vita, liberandoli, temi e personaggi che popolano la fantasia di Ariosto e che riassumono i momenti più salienti del poema. Angelica, la bellissima principessa del Catai, desideratissima e indifferente ai numerosi cavalieri che la inseguono senza posa, si concede a Medoro scatenando la furia di Orlando. Bradamante, progenitrice della dinastia estense, rincorre l’amato Ruggiero che, discendente del troiano Ettore, è destinato – come il greco Achille – a gloria e morte. Protetto dal mago Atlante e ammaliato dalla fata Alcina, Ruggiero tornerà tra le braccia dell’amata, compiendo così l’arco narrativo dell’Orlando furioso. In ossequio alla varietà emotiva del poema, Furiosus attinge anche all’ampolla dell’ira, efficacemente rappresentata dal conflitto tra Orlando e Rodomonte, e a quella dell’elegia, cui danno voce Fiordiligi e Brandimarte, separati dalla guerra e dalla morte, ma uniti dall’amore.
La natura inevitabilmente episodica di Furiosus, che seleziona liberamente materiali tratti dai 46 canti del poema, resiste al rischio della frammentazione narrativa. L’opera è infatti caratterizzata da tratti unificanti che, pur preservando la specificità tematica e stilistica dei vari “fili”, rendono la tela del racconto ariostesco – intreccio di per sé quanto mai variopinto e potenzialmente centrifugo – coerente e coesa. Astolfo, che nella partitura di Scarcella Perino resta in delicato equilibrio tra canto spiegato e voce recitante, canta alla luna, ci racconta la storia, svela il contenuto delle ampolle, interagisce con gli altri personaggi. Una delle molte controfigure di Ariosto, il paladino – che la tradizione letteraria aveva sempre descritto come amabilmente inetto – sembra incarnare la voce di una ragione tutta umana, accessibile e animata dalla saggezza disincantata di chi vive immedesimandosi con ironico distacco, ma non senza compassione, nelle peripezie delle vite altrui.
Le vicende dei personaggi ariosteschi trovano poi un efficace controcanto nel coro di giovani voci che, qui affidato al Coro Giovanile della Scuola di Musica di Fiesole diretto da Joan Yakkey, contribuisce alla creazione di uno spazio polifonico in cui le parole dei buoni, dei meno buoni e dei cattivi risuonano alterate, mutate di segno, imprendibili in un significato che continua a cambiare. Similmente, le coreografie eseguite dai performers della Commedia dell’Arte di NYU Tisch School of the Arts incorniciano l’azione, la costruiscono, la narrano – e lo fanno, fin dalla parata che apre l’opera, anche grazie ai pupazzi scolpiti da Joan Harmon, suggestive presenze animali che trasformano i giardini di Villa La Pietra in un bosco degno delle visioni cortesi di Pisanello.
Se il libretto di Flora Gagliardi gioca in modo creativo con il testo ariostesco alludendo reinventando tramutando, la musica di Roberto Scarcella Perino fa lo stesso muovendosi abilmente tra linee, suoni, ritmi e motivi che riecheggiano tradizioni musicali diverse. Ballate e lamenti recuperano la dimensione lirica che animava le voci dei personaggi già nel poema ariostesco e che, fin dai tempi della prima circolazione del poema, aveva avuto notevole fortuna nell’ambito delle arti performative. Il ritmo poetico fluido e inesauribile dell’ottava rima di Ariosto viene decostruito – e ricostruito – nell’inventiva versificazione di Gagliardi. Versi liberi, forme chiuse, soluzioni aperte, parole che rimano come note ribattute: il testo verbale prende forma attraverso la scrittura musicale, che lo sfida e lo manipola in modo sempre nuovo. La piacevolezza dell’invenzione melodica di Scarcella Perino non è mai scontata ed anzi ci prende in contropiede: quando ci sembra di sentire i personaggi ariosteschi parlare e muoversi al ritmo di un tango, ecco che il battito cardiaco delle loro emozioni muta, ci spiazza, ci diverte nel suo essere fuori posto. Ariosto non conosceva Puccini, ma per noi che leggiamo l’Orlando furioso aldiquà del Novecento, che c’è di strano se una coppia di innamorati vagheggia la felicità facendo vibrare note simili a quelle di Mimì e Rodolfo? Proprio nella possibilità di una traduzione che adatta il testo “originale” facendolo vivere nell’eco indiretta di altri testi, di altre voci, di altri suoni risiede uno degli aspetti più affascinanti di Furiosus.
Attraverso le voci dei cantanti ed il suono dell’orchestra, brillantemente diretti dal maestro Giuseppe Bruno, i creatori di Furiosus ci hanno invitato a seguire le tracce di un universo poetico che, intrinsecamente multiforme, continua a nutrirsi di quella stessa fantasia che animava i sogni del suo autore. Muovendosi lungo il pergolato che fa da sfondo praticabile alla scena del teatro all’aperto di Villa La Pietra, Astolfo, Orlando, Angelica e gli altri personaggi di Furiosus ci hanno ricordato che di sogni, chimere, desideri e ossessioni si nutrono tanto la poesia quanto la vita.