“Bene e male, peccato e innocenza, attraversano il mondo tenendosi per mano. Chiudere gli occhi di fronte a metà della vita per vivere in tranquillità è come accecarsi per camminare con maggior sicurezza in una landa disseminata di burroni e precipizi”, disse Oscar Wilde. All’interno della suggestiva cornice del Teatro Impero di Marsala (Trapani), è andato in scena lo spettacolo “Jesus In Rock”, ispirato al musical “Jesus Christ Superstar”, di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice. Il registra Francesco Torre e il direttore artistico Andrea Russo -che sul palco ha ricordato il compianto padre Enrico Russo, recentemente scomparso- hanno portato in scena il dramma della società moderna, che affonda costantemente le proprie radici nella perdita dei valori, etici e morali, a causa di una costante regresso sociale, politica e culturale. I Virginia Gold, insieme a Dario Li Voti, hanno curato la musica. Le coreografie sono state affidate a Laura Margiotta e la direzione del coro è stata curata da Rita Lo Grasso.
Ospite d’eccezione, l’attore Marco Guerzoni, noto al grande pubblico per il suo importante ruolo di Clopin nel Notre Dame de Paris di Riccardo Cocciante. “Jesus In Rock” è un’opera teatrale che ha voluto mettere in risalto l’uomo in tutte le sue sfaccettature, con pregi e difetti, scardinandolo definitivamente dall’inamovibile veste scolastica divina. Cos’è il bene? Cos’è il male? Domande che si rincorrono freneticamente tra le coscienze dell’uomo da millenni, attraversando fiumi, laghi, alpi e mari, che hanno inghiottito nel silenzio il dolore delle guerre e di morti ingiuste. L’essenza della vita che si frammenta per mezzo di altri uomini, fagocitati dalla sete di conquista e consapevoli che l’indulgenza plenaria li renderà liberi. Una veste invisibile che sgrassa il peccato, smacchiando le colpe ma non il sangue dalla pelle e dalla coscienza, perché, appunto, l’uomo è spirito ed energia, ma anche carne.
Peccatori assoggettati all’errore, come tutti. Lo spettacolo teatrale è andato in scena cinque giorni prima della Settimana Santa, evento secolare che coinvolge attivamente tutta la città di Marsala, in cui viene rappresentata la passione di Cristo lungo le strade del centro storico con attori e scenografie realistiche. “Jesus In Rock”, però, si è svestito di quella sacralità tanto cara ai cittadini marsalesi. Nessuna toga, niente fasci di luce e nessuna corona di alloro al di sopra delle teste. Soltanto una rappresentazione nuda e cruda di figure religiose a noi conosciute, che mettevano in luce la debolezza attraverso i vizi, le virtù e gli sguardi dell’uomo contemporaneo, impregnato di quotidianità e svestito di austera divinità. Paesaggi ombrosi e torbidi sullo sfondo, lune a metà e pareti scoscese su cui scivolavano lentamente i peccati dell’uomo. La povertà, la fame e i mali del mondo, si scontravano con il peccato terreno. Il vino che rappresenta il sangue di Cristo, traboccante e instabile, si veste di contemporaneità mediante uno scambio materiale, plastico e freddo come la pietra nuda del sepolcro che trasudava umido dolore in attesa della resurrezione. L’opera teatrale ha voluto svestire il Cristo di un’immagine assolutistica, impreziosendola invece realismo, consapevolezza e umana comprensione verso il peccato terreno.
Ci siamo fatti una chiacchierata con Francesco Torre, regista dell’opera “Jesus in Rock”.
Lo spettacolo è stato un successo di pubblico. Come è nata l’idea di portare “Jesus in Rock” a Marsala?
“Jesus in Rock parte dall’idea di voler raccontare una storia, che è la storia più importante e più famosa del mondo in chiave moderna. Partendo da una domanda fondamentale: se Cristo scendesse nel 2019 cosa succederebbe? Questo è stato il motore che ci ha spinto a decidere di raccontare Jesus In Rock, la storia di Cristo appunto, e poi perché, dal punto di vista un po’ più filosofico, perchè la parola ‘Rock’ in inglese significa ‘Roccia’ anche, e quindi abbiamo voluto prendere la parole ‘Roccia’ proprio come una sorta di monito per poter cercare di scavare all’interno di questa roccia e trovare all’interno della stessa la sua essenza, che è l’essenza dell’essere umano, quindi tutte le particolarità che l’essere umano ha: la paura, la forza, il coraggio”.
Come ha reagito il pubblico all’opera?
“Il pubblico ha reagito molto molto bene. Sin dai matinee con le scuole i ragazzi sono sempre stati molto attenti e questa è una cosa che mi fa molto piacere perché è difficile riuscire a catturare l’interesse del pubblico, soprattutto giovane. Questo è uno spettacolo che comunque sia abbraccia una grossa quantità di pubblico. Per il serale, invece, il pubblico ho notato che in sala era molto attento. Tendenzialmente quando il pubblico non è interessato al lavoro che vede spesso si sposta, si alza dalla platea, inizia a tossire, inizia a deconcentrarsi. In questa versione di questo Musical l’ho visto molto attento”.
Quale messaggio volevate lanciare agli spettatori?
“Il messaggio che abbiamo voluto dare agli spettatori marsalesi è quello di raccontare questa storia in modo diverso e far capire che si può raccontare in vari modi. Non c’è un modo unico per raccontare una storia. Ogni storia può avere varie sfaccettature perché le storie raccontano momenti di vita di esseri umani tendenzialmente e l’essere umano non è uguale, per fortuna, non siamo categorizzati come delle macchine e quindi essendo tutti diversi la storia può essere raccontata in modi diversi. Questo è il messaggio che io volevo raccontare, dare e trasmettere agli spettatori”.
Lo spettacolo metteva a centro di tutto l’uomo. Oggi, in una società contemporanea fortemente provata dal consumismo e dalla perdita dei valori, cosa rimane dell’uomo e cosa rimane invece del divino e dalla figura assolutistica a cui siamo abituati sin dall’infanzia?
“Rispetto alla figura divina rimane ben poco in realtà. Noi abbiamo voluto raccontare l’uomo con le sue debolezze, le sue paure e i suoi dolori. E credo che raccontando l’uomo, si può anche raccontare la divinità. La spiritualità. Questo è uno spettacolo spirituale perché parla e incentra il suo focus nello spirito dell’uomo inteso non come spiritualità religiosa ma come spirito, anima, essenza”.
Come è nata la collaborazione con l’attore Marco Guerzoni?
“La collaborazione con Marco è nata quasi per gioco. Marco lo conosco già da qualche anno perché insieme abbiamo lavorato al Teatro Greco di Siracusa per ‘Le Supplici’ con Moni Ovadi e Mario Incudine e lì è nata un’amicizia, una conoscenza molto stretta e delle affinità artistiche molto vicine. Per questo motivo mi sono sentito in dovere di chiedere a Marco la sua collaborazione e la sua esperienza artistica per rendere questo spettacolo quanto più possibile interessante e unico. Marco ha risposto con la sua professionalità e correttezza”.
Marsala è una piccola città. Sono diverse le iniziative teatrale che vengono proposte ogni anno. Alcune anche da te nel corso degli anni. Come reagisce Marsala all’arte e al teatro in generale secondo te?
“Secondo me Marsala reagisce al Teatro in modo strano. Il pubblico marsalese è forse il pubblico più difficile che io abbia incontrato nella mia breve carriera, anche se ormai sono dieci anni che faccio Teatro. Il marsalese tipo reagisce all’arte in modo particolare, il marsalese reagisce all’arte in modo strano nel senso che alcuni credono che l’arte possa essere un secondo lavoro, altri lo ritengono fonte di vita. Ecco, non so come definire il rapporto tra il marsalese tipo e l’arte. Posso dire che ci sono vari tipi di pubblico e questo è denotato anche dalla varia quantità di pubblico a seconda degli spettacoli che vengono proposti”.
L’opera teatrale “Jesus in rock” è stata portata in scena cinque giorni prima dalla settimana santa. Un evento che coinvolge molto i cittadini marsalesi. L’opera teatrale mette in primo piano l’uomo, và quindi in netto contrasto con tutto ciò che riguarda il sacro e divino che coinvolge la città di Marsala. E’ stata una scelta voluta? Come mai avete deciso di andare in scena alla vigilia della settimana santa? Quale è stata la reazione dei cittadini dinnanzi a questo netto contrasto?
“Rispetto alla domanda in merito alla scelta del periodo di messa in scena dello spettacolo, è un po’ dettato da questioni di impegni e di giornate libere del teatro, però poi anche lì ho trovato una motivazione. Nel senso che la Settimana prima della Settimana Santa è un periodo in cui si respira già l’aria di Pasqua ma non del tutto. A Marsala quando si fanno spettacoli durante la Settimana Santa sei sempre sotto l’occhio del ciclone, che non è un male, però comunque sia il marsalese è abituato alla processione del giovedì santo che ha una sacralità e un modo di esporre particolare. Quindi per questo, probabilmente, abbiamo scelto questo periodo. Per poterci raccontare come meglio credevamo senza essere troppo distanti dalla popolarità, dal classico a cui sono abituati i marsalesi. I cittadini: la loro reazione è stata strana, nel senso che inizialmente le persone che ci incontravano chiedevano se fosse il classico musical di Pasqua e non appena andavamo raccontando la storia come la volevamo raccontare quindi con questo taglio netto rispetto alla classica rappresentazione, il pubblico storceva un po’ il naso. Però ho notato che il pubblico presente in sala ha ben apprezzato, ha quasi tirato un sospiro di sollievo nel dire ‘finalmente una cosa diversa’. Questa probabilmente è un’impressione mia, ma credo e spero sia realmente così”.
Eduardo De Filippo diceva che “Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita”. Cosa rappresenta per te il teatro? Condividi l’affermazione?
“Ti posso dire che Edoardo diceva anche che “In Teatro fa fridd”, nel senso che il teatro è tanto. E’ vero, il teatro dà senso alla vita per ogni essere umano. Dovrebbe essere così anche per il pubblico. Per me il teatro rappresenta la possibilità di esprimere quello che probabilmente nella vita non riuscirei ad essere. Mi dà la possibilità di esprimere in modo forte le mie idee, perché sul palco quasi tutto è concesso e quindi usando la scusante del teatro e del palcoscenico posso esprimere realmente l’essenza di Francesco. Non si può non condividere qualsiasi tipo di affermazione di Edoardo perché il Teatro è ed era Edoardo De Filippo. E’ sempre stato un punto di riferimento per me nel modo in cui lui intendeva l’arte del teatro, il sacrificio, la forza. Tant’è vero che prima parlavo della sua famosa frase “in teatro fa fridd”, lui questa la disse a Taormina e dopo questo disse che chiedeva perdono a suo figlio Luca per non essere stato un buon padre, perché era sempre in giro con gli spettacoli, con il lavoro. Il teatro è sacrificio, è uno sforzo appunto come dice Edoardo quindi condivido l’affermazione”.
Avete in programma altre repliche?
“Io spero di poter replicare quanto più possibile questo spettacolo che merita di essere raccontato e merita di andare in scena, non solo per me che ho curato la regia e l’ho ideato ma anche per i ragazzi che erano in scena e hanno dato comunque un valore aggiunto. Stiamo cercando in tutti i modi di poter replicare almeno in estate, almeno per un paio di volte questo lavoro e spero e credo che ce la faremo”.
Ultima domanda: progetti futuri?
“Si, tanti per fortuna. Inizierò un film per gli Stati Uniti a maggio. I primi di maggio inizierò le riprese con un regista americano che si chiama Mike Allen per un film dal titolo “The Season Lasting”. Questa estate, finite le riprese, ai primi di agosto, inizierò le prove di un nuovo spettacolo dal titolo “Tre uomini in barca” che è tratto dall’omonimo romanzo di Jerome K. Jerome. Ho un altro progetto in cantiere ma per una questione di sicurezza e scaramanzia non voglio dire ma spero e credo a Marsala, insieme a Bruno Prestigio per la regia di Matteo Tarasco e poi un’altra cosa che non appena ho certezza ti farò sapere quanto prima, ma è una cosa molto molto importante che coinvolge due persone molto importanti del panorama artistico italiano”.