“Intorno al mondo in 72 giorni…il Viaggio di Nellie Bly” selezionato per InScena! Italian Festival calcherà il palcoscenico per la prima volta a New York l’8 maggio alla Scuola Guglielmo Marconi, 12 East 96th Street .
Lo spettacolo con la traduzione ed adattamento teatrale di Paola Sarcina e Diana Forlani dall’originale inglese Around the world in Seventy-Two Days di Elizabeth Cochrane.
Nellie Bly fu la prima donna a viaggiare intorno al mondo senza essere accompagnata ovunque da uomini e divenne un modello di emancipazione femminile.
Prodotto dell’associazione Music Theatre International, lo spettacolo ripercorre l’impresa della giornalista americana interpretata dalla giovane attrice Diana Forlani. Le musiche di Massimo Fedeli sono eseguite dal vivo da Marco Silvi (tastiere), Diego Bettazzi (fiati) e Gianluca Semeoni (chitarre).
Lo spettacolo è arricchito dalle immagini storiche degli archivi fotografici della Società Geografica Italiana e della National Library of Congress di Washington, rielaborate nel progetto video di Federico Spirito e Alessandro Raponi. I costumi sono di Rita Sorgi. Regia di Paola Sarcina.
Abbiamo intervistato Diana Forlani, la protagonista.

Quali sono i punti di forza dello spettacolo e perché è da vedere?
“La vicenda è di per sé appassionante: un viaggio intorno al mondo non può che essere un’avventura! E lo spettacolo ne rispecchia le caratteristiche: il ritmo varia sempre e restituisce atmosfere diverse; a momenti di slancio entusiastico si alternano momenti di sconforto e timore, all’azione sfrontata si alterna la riflessione appassionata, alla quiete si sostituisce la tempesta… insomma è difficile annoiarsi! È da vedere perché è una storia che vale la pena conoscere e la vita di Nellie Bly è un esempio che va ricordato”.
Cosa significa per te andare in scena a New York?
“Un sogno. Significa conoscere il luogo da cui tutto è partito e farlo rivivere proprio là. Anche se è passato più di un secolo e la città è ovviamente cambiata tantissimo, sono sicura che tracce della New York che ha vissuto Elisabeth esistono ancora e sono ancora percepibili. Mi aiuterà tanto anche per continuare a lavorare sul personaggio. Non nascondo un certo timore verso il pubblico americano, in fondo si tratta di una ragazza italiana che va a raccontare a New York la storia di una donna americana, ma spero lo accolgano e apprezzino proprio per quello che è: un omaggio a un’eroina nazionale la cui fama l’ha seguita per il mondo, attraversando l’oceano e approdando in terre lontane”.

Cosa ti affascina del personaggio di Nellie Bly e cosa hai voluto sottolineare nel scrivere e interpretare il suo ruolo?
“La forza del personaggio. Un forza semplice, non violenta, femminile. Quella che occorre realizzare una impresa, e non parlo solo del giro del mondo, ma dell’intera sua vita, che per quell’epoca (ma credo lo sarebbe ancora oggi) è stata eccezionale. È una donna che dice ciò che pensa e scrive ciò che sente. E poi la sua grande ironia, talvolta pungente, ma sempre elegante, che la aiuta nell’affrontare le difficoltà”.
Lo spettacolo è arricchito dalle immagini storiche del viaggio. A oggi quale è la sua modernità?
“Le immagini non sono propriamente del viaggio, perché Nellie ha dimenticato a casa la macchina fotografica, però sono state scattate all’epoca dei fatti e nei luoghi da lei visitati. Il bello è anche questo, l’elemento immaginario e verosimile che si inserisce in fatti realmente accaduti. Chissà, magari anche se immortalate da qualcun altro, Nellie ha incontrato proprio quelle donne là della foto, è salita proprio sul quel risciò, ha visto quella casa con la tettoia, o forse no, non lo sapremo mai.
È una testimonianza e possiede tutto il valore che le testimonianze del passato rappresentano per il presente e il futuro: contribuisce a formare un quadro di ciò che era, per analizzare ciò che è oggi e immaginare come potrebbe essere domani, per aiutarci a scegliere come vorremmo che fosse (o non fosse) e agire di conseguenza”.
Pensi che le nuove tecnologie possano supplire ad una tale testimonianza?
“Ammetto di non essere un’amante delle tecnologie, anche se ne colgo le innegabili potenzialità. Però vogliamo mettere a confronto il fascino di una vecchia foto sbiadita, scattata in un momento per sempre perduto del tempo, da qualcuno che non sapremo mai, con le immagini nitide e modificate degli Smartphone o quelle di Google Earth?”.