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February 11, 2019
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Camorrista in gonnella. Come si diventa la feroce “Scianel”, dark lady di Gomorra

Intervista a Cristina Donadio, che nella serie tratta dal libro di Roberto Saviano interpreta il volto femminile della camorra

Laura BerciouxbyLaura Bercioux
Time: 6 mins read

Come si diventa Scianel, la pericolosa e temutissima camorrista della serie Gomorra? Lo abbiamo chiesto a Cristina Donadio, attrice napoletana che le ha dato voce, corpo e anima. La dark lady, boss della camorra, personaggio femminile molto amato anche all’estero dai fans di Gomorra, la serie televisiva di Sky tratta dal libro di Roberto Saviano. Un successo planetario che narra le vicende delle famiglie camorriste di un quartiere di periferia di Napoli. In conversazione alla Voce di New York, la Donadio racconta Scianel, Fellini, l’amore, Napoli.

Cristina Donadio, attrice di teatro e di cinema, con Scianel ha varcato i confini internazionali: presto sarà negli Stati Uniti, a New York per fare teatro e aprire un ristorantino molto particolare dove potrà riunire i suoi figli in giro per il mondo.

Partiamo dal grande successo di Gomorra e la tua Scianel: come sei riuscita a creare questo personaggio così feroce?
“Scianel ha un animo cupo, scuro. È la dark side di quello che è un animo femminile: è una donna che insegue il potere e lo fa nello stesso modo con cui lo fanno gli uomini. Adegua la sua ferocia, la sua cattiveria e quando le donne decidono di scendere in campo e di raggiungere un obiettivo, sono più feroci degli uomini. Come ho creato Scianel? Mi ha aiutato molto il mio essere un’attrice di teatro: ho considerato Scianel come Clitennestra, Medea, Lady Macbet. Un archetipo del male: se l’avessi considerata una camorrista tout court, una camorrista e basta sarebbe diventata piccola piccola, invece le ho dato la profondità dell’archetipo e questo ha fatto sì che Scianel sia universale ormai…la scianellitudine”.

È vero che ci sono stati episodi dove ti fermavano in motorino?
“Sì, rientravo a casa in motorino ma con il casco e occhiali e mi fermavano chiamandomi “Ue’ Scianel Scianel”. Questo succede un po’ ovunque ma a Napoli di più. Un giorno mi hanno seguito 4, 5 scooter perché mi avevano riconosciuto e nel corteo ci ha seguito anche una macchina della polizia municipale, tra me e me dissi “adesso mi fanno anche la multa” invece mi chiesero un selfie”.

La tua grande capacità di calarti nel personaggio, con questa voce e un dialetto particolare…
“È una “zoommata” in una delle periferie del mondo: è una periferia di Napoli ma potrebbe essere la periferia di Parigi, Caracas, New York. Dico questo perché molte volte ci hanno accusato di portare la parte peggiore di Napoli nel mondo. Questa non è Napoli ma è la periferia di una qualsiasi città del mondo, purtroppo ce ne sono tante. La periferia ha un linguaggio particolare, il napoletano è una lingua aristocratica,  nobile, barocca. Quella delle periferie è acuta, è tutta spigoli, è aspra, è tronca. Non è stato facile ma bisognava entrare in quella sonorità: lì dentro c’era il mondo di Scianel, la regina della Casa dei Puffi”.

Ci spostiamo dalle periferie del mondo all’America: abbiamo delle novità…
“Sì. Succede che è un po’ che ho dei richiami, un po’ come quelli delle sirene e questi richiami vengono soprattutto da New York. La conosco ma non ci sono ma ritornata dopo Scianel, la mia vita è divisa tra un “before Scianel e un after Sciane”. Incontrerò la grande comunità degli italo americani, sono grandi fan di Gomorra, soprattutto di Scianel in particolare come personaggio femminile. Mi piacerebbe molto creare qualcosa di stabile, ho già avuto contatti con un’agenzia newyorchese, mi attira molto il cinema e il teatro: i più grandi attori vanno a New York on stage. Vorrei riunire la mia famiglia, così il nostro triangolo si stringe e magari creare un posto dove stare tutti insieme. Immagino un piccolo ristorantino visto che mio figlio si occupa di ristorazione”.

C’è un momento della tua carriera dove incontri Federico Fellini: cosa succede?
“Succede che capisco quanto sono cretina. Ho avuto la fortuna sulla fine degli anni ’70 di incontrarlo quando stava preparando il film “La città delle donne”. All’epoca era il regista a farti il provino, oggi invece incontri l’aiuto dell’aiuto o addirittura finisci in un video tape e i giovani attori mi chiedono sconfortati: “È possibile che uno non vede neanche il regista?””.

Come avvenne l’incontro con il maestro?
“Nel Teatro 5 di Cinecittà incontrai quel genio assoluto che era Federico Fellini. Durante il suo provino non aveva una telecamera, era seduto dietro una scrivania, guardava e ascoltava. Io sono andata lì piena di incosciente curiosità a naturalmente sapevo chi era Fellini, avevo visto i suoi film. Mi chiese “parlami di te” con quella sua vocina particolare ed io mi raccontai come sto parlando con te ora e lui cominciò a disegnare. Dopo un po’ mi girò questo foglio e disse “questo è il tuo personaggio”: c’era la mia immagine con questo abito scollato e aggiunse “Tu sarai il sogno ricorrente di Marcello Mastroianni nella città delle donne”.

E poi?
“Dopo un mese senza girare, perché Fellini era Fellini e si poteva permettere questo e altro, la mattina non c’era un ordine del giorno rispetto alle cose da fare, lui arrivava sul set poi cambiava idea mentre stava per girare arrivava un giornalista da New York come te e si fermava tutto. Cominciava a chiacchierare, poi magari arrivava Leopoldo Trieste e andava a fare un giro per la citta. Noi tutti, gli attori, eravamo pronti vestiti truccati. Era un’occasione unica per imparare e capire il grande cinema. Invece la Cri incontra un giovane regista, Aurelio Chiesa, che mi propone di fare un film “Bim bum bam”, un film garbato e divertente con attori di teatro ma non c’era partita: avrei dovuto dire “sto girando un film con Fellini”. Invece ruppi il contratto con Fellini…”.

Adesso a cosa stai lavorando?
“Sono a teatro con un testo e la regia di Enzo Moscato, scritto nel 1983. Debutto al San Ferdinando il 28 marzo, è la storia di tre sorelle che vivono ai quartieri spagnoli, e hanno una vita di misteri tutta improntata rispetto a una religiosità per una sentita anche troppo rispetto mentre per l’altra è molto finta. E’ una dinamica di finzione, di ferocia e di cattiveria tra queste tre sorelle e si chiama Festa e Celeste e Nubile del Santuario”.

Sei innamorata?
“Sono innamorata della vita, di questo panorama, di mio figlio, dei miei nipoti,  della mia famiglia, del mio compagno, dei miei amici, di questa casa che mi riempie il cuore di gioia. Io vivo di amore, tutto quello che ho fatto nella vita è venuto sempre dopo l’amore, nella mia scala dei valori l’ho sempre messo al primo posto”.

Secondo te l’amore con i social come è cambiato: si perde o si guadagna qualcosa?
“Io credo che oggi la vera trasgressione sia il ritorno al sentimento vero. A quello che ci si guarda negli occhi e ci si dice ti amo”.

Che rapporto hai con la tua città?
“Con Napoli ho un rapporto d’amore che mi sono conquistata a dire il vero. Non è stato facile perché i miei genitori non sono napoletani, mia madre nata a Bari, mio padre per metà napoletano e per metà romano. I miei hanno cominciato a vivere qui a Posillipo ma in casa mia non si parlava in dialetto. Quando ho cominciato a fare l’attrice, il teatro di tradizione era molto forte, ho lavorato con Nino Taranto, è stata la mia scuola di teatro poi Roberto De Simone, i fratelli Giuffrè e ho dovuto convincere i napoletani che potevo parlare anche in dialetto. Sono nata a Posillipo svegliarsi e a andare a dormire con il rumore del mare è qualcosa di straordinario, che ti resta dentro. Napoli è una città unica, è talmente grande la bellezza che ha così come il lato oscuro perché Napoli è una città che ha un lato molto oscuro e che qualche volta, come si dice…mi “fa incazzare”.

Un saluto ai nostri lettori come farebbe Scianel…
“Intanto come Cristina: I see you soon to New York. Come Scianel: “Guagliù facite e brave a sinò veng a New York e ve schiatte a cape (ragazzi fate i bravi altrimenti vengo a NY e vi rompo la testa)”.

Parola di Scianel.

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Laura Bercioux

Laura Bercioux

Il giornalismo è la mia passione dove vale la pena “consumare le suole delle scarpe”. Credo nella libertà di stampa e in un giornalismo indipendente. Il teatro e il cinema come la televisione fanno parte della mia vita professionale. Senza il teatro non sarei andata da nessuna parte. Essere giornalisti significa avere un occhio sul mondo, sui fatti e le persone. Amo Napoli e New York, le due città dove mi sento a casa. Il mio motto: Libera come il vento!

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