Se è vero, come è vero, che Sanremo rappresenta lo specchio del Paese, una sorta di palla di cristallo che anticipa, a volte, il nostro modo di agire e pensare, quello a cui abbiamo assistito martedì sera si avvicina molto al più classico degli accomodamenti.
Come a dire: i problemi nostrani sono sotto i nostri occhi, li osserviamo, ne parliamo, ce ne interessiamo ma senza prenderli mai sul serio. Perché in fondo va bene così. Almeno per Baglioni & co. che fin dalle prime battute di questa edizione numero sessantanove del Festival, hanno respinto al mittente le “accuse” di aver creato una kermesse ad hoc sul tema immigrazione. Lo si capisce dalle battute di Claudio Bisio, che punge poco rispetto ai suoi standard, limitandosi a giocare con l’altro Claudio, il dirottatore “sovversivo”, ironizzando (poco) sul polverone che si è alzato prima del Festival. Senza mai eccedere in coraggio: d’altronde un comico dovrebbe essere un po come Don Chisciotte, coraggioso e irriverente. Ma evidentemente al Festival sta bene così.
Non aiuta nemmeno Virginia Raffaele: elegante e sorridente ma con il freno a mano tirato in termini di comicità. Anche gli sketch preparati da tempo hanno tutto il sapore del déjà vu che punta decisamente alla mediazione al ribasso.
Un concetto che ritorna in mente anche quando la triade parla in conferenza stampa. Della serie: abbiamo scelto brani che fotografassero a pieno il panorama italiano, ma non vogliamo fare politica. Salvo decidere di aprire la diretta con “Via” che Baglioni pesca dal suo ampio repertorio, un appuntamento ormai noto da due anni a questa parte.

Lo show continua con poco ritmo, cosa invece gradita a chi divora la “nuova televisione” che ormai detta le regole ai programmi attempati come il Festival. E il calo degli ascolti del Baglioni 2.0 rispetto allo scorso anno va letto proprio in questo senso. Poco più (si fa per dire) di 10 milioni di telespettatori per uno share del 49,5%. Baglioni raggiunge il picco massimo (quasi 12 milioni e mezzo di telespettatori) quando invita sul palco i Bocelli, padre e figlio, che impartiscono lezioni di canto ai ventiquattro in gara, non sempre precisi. Il tenore che ci permette di essere conosciuti in tutto il mondo torna sul palco dell’Ariston a 25 anni dal debutto, passando simbolicamente il testimone a suo figlio, Matteo, che a soli 21 anni e in meno di venti minuti diventa una vera e propria star social, facendo impazzire il web. Le potenzialità ci sono tutte, anche se i “figli di”, e si sa, fanno sempre più fatica degli altri per affermarsi.

Poi la gara, aperta da Francesco Renga che convince poco. Le conferme invece, arrivano da Loredana Berté che ritorna finalmente a vestire i panni della rocker sulle note di un pezzo che anche Vasco avrebbe cantato e i Negrita, che si prendono l’applauso della sala stampa dell’Ariston anche se la classifica provvisoria non li premia.
LA CLASSIFICA PROVVISORIA
(giuria demoscopica)
ZONA BLU (alta classifica)
Loredana Berté
Il Volo
Daniele Silvestri
Ultimo
Irama
Simone Cristicchi
Francesco Renga
Nek
ZONA GIALLA (centro classifica)
Negrita
Anna Tatangelo
Arisa
Patty Pravo e Briga
Federica Carta e Shade
Enrico Nigiotti
Boomdabash
Paola Turci
ZONA ROSSA (fondo classifica)
Ninno D’Angelo e Livio Cori
ExOtago
Motta
Einar
Mahmood
The Zen Circus
Achille Lauro
Ghemon