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October 29, 2018
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“Nano”, l’ultimo grande illustratore del cinema raccontato dal regista Aleandri

"As time goes by" di Simone Aleandri, che parla del grande Silvano Campeggi, in arte “Nano", è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma

Paola MedoribyPaola Medori
“Nano”, l’ultimo grande illustratore del cinema raccontato dal regista Aleandri
Time: 3 mins read

Il documentario racconta l’incredibile storia di Silvano Campeggi, in arte “Nano”, ultimo grande illustratore di quell’epoca d’oro. I suoi poster – da Via col vento a Casablanca, passando per Ben Hur a La gatta sul tetto che scotta, hanno fatto sognare gli italiani. «Apprezzato soprattutto in America. Ha parlato con le sue opere. Viveva il disegno come una necessità», confessa il regista. La sua arte nasconde retroscena unici, come l’incontro a Hollywood con la divina Marilyn Monroe  che ritrasse dal vivo.

Silvano Campeggi, in arte “Nano”,

Con immagini di repertorio dell’Istituto Luce e interviste diretto ha raccontato la storia di Nano, scomparso dopo le riprese a 95 anni, e l’arrivo del cinema americano in Italia…
“Quando Nano iniziò a disegnare l’Italia usciva dalla Seconda Guerra Mondiale e il cinema aveva un ruolo importante nella vita delle persone da un punto di vista sociale e aggregativo. Nel ‘46 arrivarono dall’America ben 600 pellicole: le sue locandine e i manifesti avevano il compito di coprire le devastazioni e le brutture del conflitto”.

Dopo la fine del conflitto Nano è stato avvicinato dalle truppe americane per fare i ritratti ai ragazzi, può raccontarci meglio?
“Ha avuto un rapporto incredibile e costante con gli Americani. Nel ‘44 ritrasse i soldati americani che stavano nel convalescenziario e mandavano le lettere alle famiglie. Poi lavorò per la croce rossa americana risalendo il Paese fino in Austria”.

Quando iniziò la collaborazione cinematografica?
“Finita la guerra va a Roma e inizia a lavorare con Luigi Martinati, altro grandissimo cartellonista, che lo mette all’opera per il film Aquila nera, campione d’incassi nel 1946. Quando arrivarono gli americani per girare chiesero subito il titolo della pellicola di maggior successo e così gli affidarono subito il primo manifesto Via col vento, dopo Casablanca e poi Cantando sotto la pioggia, La gatta sul tetto che scotta, Colazione da Tiffany, Ben Hur e tanti altri”.

È stato l’uomo dei sogni?
“Ha disegnato i sogni di diverse generazioni di italiani. Era l’artista delle star. In particolare ha ritratto Liz Taylor, Ava Gardner e Marylin Monroe che è rimasta una sua ossessione fino all’ultimo. L’ha ritratta in diverse pose e in maniera sempre più tenue”.

Come realizzava i suoi manifesti?
“Guardando i film in lingua originale e aiutandosi con le foto di scena”.

E poi ci metteva tutta la sua creatività e l’estro del pittore?
“Per il manifesto di Via col vento, che usci in America nel ‘39 mentre da noi a causa del regime fascista nel ’49, mise, per la prima volta, Vivien Leigh e Clark Gable che si baciano con la stazione di Atlanta che brucia sullo sfondo”.

Mentre per Ben Hur?
“Vide la famosa corsa con le bighe e gli venne in mente di mettere sul manifesto 4 cavalli bianchi su uno sfondo rosso. Allora le Major puntavano molto sui volti dei divi, invece lui preferì metterli in secondo piano privilegiando i cavalli. E aveva ragione”.

Il suo studio a Bagno a Ripoli, un vero museo del cinema, la Monroe e la sua sensuale bocca erano gli assoluti protagonisti…
“L’ha disegnata in maniera incessante. Per realizzare il poster de Il principe e la ballerina, con protagonista una giovane Marilyn Monroe, la produzione volle un ritratto dal vivo della diva. Lei sapeva che da Firenze stava arrivando a Hollywood un pittore fiorentino e la prima cosa che gli chiede “Maestro, vuole che mi spogli?” E lui rispose, “io devo farle solo il ritratto, faccia lei””.

Nel 2005 viene premiato dallo Stato del New Jersey e nel 2007 il Lincoln Center di New York gli dedica una nuova mostra monografica. Il nostro paese lo ha valorizzato e si è mai sentito dimenticato?
“Quando si sono spente le luci del periodo d’oro del cinema per cui lui ha lavorato fino alla fine degli anni ‘60 ha avuto una sorta di crisi artistica. Ha iniziato una pittura più personale, astratta e figurativa anche legata alla tradizione toscana. Era una persona libera e non credo che abbia mai sofferto la dimenticanza”.

Le ha raccontato qualche aneddoto particolare su questi grandi attori del cinema che ha conosciuto quando Cinecittà era l’olimpo delle star?
“Durante la Dolce Vita era al tavolo di un bar in Via Veneto e fece un ritratto su un tovagliolo a Liz Taylor. Quando lei lo vide gli disse che solo Nano l’avrebbe disegnata sui manifesti. È una delle dive che ha disegnato di più nel corso del tempo, da quando aveva 11 anni in Torna a Casa Lassie passando per la Gatta sul tetto che scotta fino a L’albero della vita”.

Il successo di alcuni film partiva anche dai cartelloni affissi per strada, quanto vale questo oggi?
“Oggi la fruizione cinematografica è sempre più individuale, tramite pc e cellulari, ma ho deciso di raccontare questa storia perché è molto attuale. Sento che c’è ancora necessità di esperienze condivise e di socializzare attraverso un film”.

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Paola Medori

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