Sono passati 200 anni dalla nascita di Karl Marx e 170 anni dalla prima pubblicazione de “Il manifesto del partito Comunista”, scritto insieme all’amico Friedrich Engels. L’occasione giusta per far uscire nelle sale “Il giovane Karl Marx” del regista haitiano Raoul Peck, già autore di I Am Not Your Negro , il documentario sul celebre intellettuale afroamericano James Baldwin, candidato all’Oscar lo scorso anno.
Ad accrescere l’interesse intorno al film ha contribuito anche l’ultimo rapporto pubblicato dalla Banca Mondiale, “The Changing Wealth of Nations 2018”. Secondo i ricercatori negli ultimi due decenni, la ricchezza globale è cresciuta del 66%, mentre la ricchezza pro capite è diminuita o rimasta invariata in molti dei paesi presi in esame. Numeri che tuttavia minimizzano il crescente divario tra ricchi e poveri. Solo due anni fa l’Oxfam, autorevole Ong britannica, l’ha definita la grande disuguaglianza: l’82% dell’incremento di ricchezza globale è finito nelle casseforti dell’1% più ricca della popolazione, mentre la metà più povera del mondo (3,7 miliardi di persone) ha avuto lo 0%.

Come ha scritto Marx in un articolo pubblicato sul New York Tribune nel 1859: “Ci deve essere qualcosa di marcio nel cuore stesso di un sistema sociale che aumenta la sua ricchezza senza diminuire la sua miseria”. Aveva ragione. Nel capitalismo le crisi economiche sono causate dal disequilibrio del sistema economico. La domanda delle merci non eguaglia l’offerta. Se questo flusso si interrompe, se le merci non vengono vendute o vengono vendute al di sotto del loro valore, il ciclo si spezza, abbiamo il corto circuito, si manifesta la crisi. In poche parole, il capitalismo può autodistruggersi
Il film si prende poche libertà e aderisce fedelmente al pensiero filosofico e politico del giovane rivoluzionario con il rischio di portare in scena dibattiti che avrebbero potuto diventare eccessivamente didattici e poco coinvolgenti. Ed invece è appassionante vedere il coraggio di Marx nel denunciare la condizione degli operai, termine che individuava l’unica ricchezza di cui questi erano provvisti, ovvero, la propria prole da impiegare come forza lavoro sottopagata.
Ma c’è di più. Il film riesce in qualche modo a sdoganare una figura difficile da immaginare, un giovane Marx, interpretato da August Diehl, prima che diventasse l’iconico rivoluzionario che ci è stato tramandato con la sua barba folta e capricciosa. Fin dalle prime scene incominciamo a capire che cosa sia accaduto al giovane filosofo che aspira a fare il giornalista. I suoi articoli molto critici nei confronti dei padroni lo costringeranno all’esilio e al trasferimento a Parigi insieme a sua moglie. Ed è qui che incontra il giovane Friedrich Engels, figlio del proprietario di una fabbrica, e insieme daranno vita al movimento operaio, che coincide con la pubblicazione del Manifesto dei comunisti nel 1848.
Ancora oggi nelle scuole tedesche, e non solo, quella di Marx non viene considerata una teoria scientifica, ma un credo religioso. Le “idee” di Karl Marx hanno superato la prova del tempo e con il film di Raoul Peck scopriamo tutta la modernità del suo pensiero. L’autore de Il Capitale ha scritto trattati sulla globalizzazione, l’ineguaglianza, la corruzione politica, i monopoli, tutti temi con cui si stanno confrontando di nuovo gli economisti contemporanei.
“Il giovane Karl Marx” è infine la storia “umana” di chi ha avuto la straordinaria intuizione di definire il capitalismo partendo da una parola chiave: sfruttamento.