C’è un leader politico che trionfa su schermi piccoli e grandi in tutto il mondo in questi ultimi due anni; non è Trump, non è Putin, non è la Merkel e, per restringere ulteriormente il campo, … non è neanche vivo. Si tratta ovviamente del Primo Ministro inglese Winston Churchill, protagonista assoluto di due film importanti: uno nel titolo ha solo il suo cognome, l’altro “L’ora più buia” è uscito nelle sale italiane un paio di settimane fa. Churchill è una presenza centrale, anche se non protagonista in Dunkirk e in The Crown, la serie televisiva prodotta da Netflix che ha fatto registrare record di spettatori e gradimento in tutto il mondo. Coltivo da anni una passione per la storia e i film storici ed ho la fortuna di tenere regolarmente corsi sulla rappresentazione cinematografica della storia (italiana) alla New York University. Anche per questo la resurrezione cinematografica e televisiva di Churchill mi ha incuriosito e mi ha portato a fare qualche riflessione che mi fa piacere condividere soprattutto alla luce di un recente fatto di cronaca italiana che, credo, le renda ancora più attuali.
La mia passione per la storia risale alla mia infanzia ed è nata nella soffitta della casa dei miei nonni paterni a Canneto sull’Oglio. Era un luogo incantato dove si conservavano oggetti misteriosi ed evocativi: dalle racchette da neve del nonno alle mini tazzine da tè per le bambole dipinte dalla nonna, baby-operaia della ditta Furga già a 11 anni. C’erano anche le cartine geografiche acquarellate dal nonno durante la guerra, un vecchio grammofono a manovella ‘portatile’ con i dischi a 78 giri perfettamente conservati e c’era soprattutto una collezione intera della Domenica del Corriere con quelle straordinarie copertine illustrate sulle quali passavo le ore. Ogni tanto spuntava qualche numero del Corrierino dei Piccoli, ma evidentemente quelli erano più rari perché usati più intensamente dai bambini di casa. Potevo portare giù qualche numero per volta di queste riviste lasciando il segno esatto della loro provenienza per riporle poi in ordine. Quando non capivo i fatti dietro a una copertina il nonno cercava di darmi il contesto storico necessario e la nonna interveniva con delle rime. Quella che ricordo di più parlava proprio del campione di incassi di questi mesi e faceva:
Re Giorgetto d’Inghilterra
per paura della guerra
chiede aiuto e protezione
al Ministro Ciurcillone
A quel punto, di solito, interveniva mio padre (classe 1934), che di quelle rime del “Balilla” si era nutrito in gioventù, e ristabiliva la verità storica: “il Ministro Ciurcillone la guerra l’ha vinta, re Giorgetto aveva così tanta paura della guerra che lui e la sua famiglia sono restati a Londra sotto le bombe mentre il nostro “regén” (in cannetese ‘piccolo re’) è scappato da Roma col suo Primo Ministro e con tutto lo stato maggiore”.
Ed ecco il fatto di ‘cronaca’ italiana: la traslazione semi-segreta a bordo di un volo militare italiano della salma del “regén”, Vittorio Emanuele III in Italia, accolta da un’ondata di polemiche anziché da salve di cannone. La miopia con cui si fece abbindolare da Mussolini, l’ignavia con cui assistette al progressivo ma inesorabile smantellamento dello stato liberale garantito dallo Statuto, la codardia con cui firmò senza fiatare le leggi razziali contro i suoi sudditi ebrei, la vigliaccheria con cui abbandonò Roma e con essa le sue responsabilità per cercare rifugio sicuro a Pescara, lo rendono uno dei monarchi più dannosi e patetici della storia.

E così mentre ammiro sullo schermo l’integrità morale di Ciurcillone, ripenso al suo anti-populismo, a quel famoso discorso sulle lacrime, il sangue e il sudore che erano le uniche cose che poteva promettere ai suoi concittadini e faccio fatica a perdonare al regista dell’Ora più buia, l’inserimento di una scena (inventata e mai avvenuta storicamente). Nel momento forse più difficile della sua vita, Churchill prende per la prima volta la metropolitana e chiede alla gente semplice che siede accanto a lui come sia meglio reagire all’avanzata apparentemente inarrestabile di Hitler e dell’Asse e tutti, dalle bambine a un signore nero incravattato rispondono “resistere”, “combattere”. Sceso dalla metro, sempre secondo la ricostruzione fantasiosa del film, Churchill sarebbe andato in Parlamento e senza più riserve avrebbe annunciato la sua decisione più sofferta e più storicamente rilevante. In realtà, uno dei limiti, ma forse anche la forza più grande di Churchill fu proprio il fatto che non era uomo da sondaggi, che non voleva piacere a tutti i costi alle masse, che credeva di avere una missione più alta anche quando riteneva di dover prendere decisioni impopolari. E proprio per questo suo coraggio di saper affrontare l’impopolarità credo che tutti noi ancora oggi gli dobbiamo stima e gratitudine.