Cara Michelle,
Criticare le donne in questo periodo storico è cosa che non s’ha da fare. L’hai dichiarato anche tu ‘L’unione fa la forza’. Chi ti scrive è una donna che ti stima, la vera vincitrice di questo Festival di Sanremo 2018 sei stata tu: sei stata la vera conduttrice, tra un Claudio Baglioni più interprete di sé stesso e un Pierfrancesco Favino bravissimo ma che sembra averti fatto più da valletto e da spalla che altro. Sei stata simpatica, intrattenitrice, ironica, sexy e soubrette all’occorrenza, con un appeal potente quando hai ballato sulle note di Despacito, che sembravi quasi Jennifer Lopez mentre il momento prima eri la padrona di casa, quella che portava avanti lo show, che smussava le imperfezioni.
Ma quando ho visto scritto in scaletta “Hunziker – Le donne” per un attimo ci ho sperato. Mi sono detta: “Adesso scende la scalinata con un abito super femminile e fa un monologo senza qualunquismo, senza superficialità. Guarda dritto in camera, senza gobbo e racconta un suo episodio. Porta il suo esempio”. Perché non ci credo cara Michelle che tu i viscidi non li abbia mai incontrati in vita tua. Ce l’hai fatta senza di loro? Ti hanno proposto compromessi e tu non ci sei mai cascata? Perché non lo dici? Perché non racconti che i bavosi nulla possono di fronte al talento? Raccontaci Michelle come fa una donna ad arrivare a Sanremo, in che percorsi, tunnel, gallerie deve infilarsi. O sopra a che ponti basta che cammini, con noncuranza e superiorità.
E invece nel momento dedicato al femminile abbiamo dovuto sorbirci un flashmob composto da diverse donne che hanno cantato stralci di diversi brani, da “Le donne lo sanno” di Ligabue, a “Viva la mamma” di Edoardo Bennato.
Cara Michelle, sei stata il simbolo di un’Italia che non prende posizioni alla Oprah Winfrey, che non fa sermoni da un palco, che non alza la mano, che non fa mea culpa. Ripeti che dobbiamo essere unite, va benissimo, ma in che direzione? Nove milioni di telespettatori sono una bella responsabilità, certo, ma anche un buon volano, un’enorme cassa di risonanza. Ci sono bambini e bambine all’ascolto, ci sono mamme, ci sono 60enni che avrebbero voluto iscriversi all’università e invece il capofamiglia aveva detto che era meglio di no. Ci sono ragazze che vanno ai colloqui in minigonna e tacchi perché nell’annuncio è scritto chiaramente che si cerca una “ragazza di bella presenza”, anche se non si stanno di certo candidando per un posto da cubista.
L’iniziativa “IoSonoQui” ha visto i cantanti esibirsi con un fiore appuntato alla giacca, simbolo della lotta contro la violenza e gli abusi sulle donne. Ma se le donne sono fiori serve dare loro acqua perché abbiano il coraggio di alzare la testa.
So che il tema ti sta a cuore visto che fai parte dell’associazione Doppia Difesa ma a volte l’appartenenza non basta. Bisogna fare gesti concreti, togliere la patina glamour, democristiana e nazional popolare e avere il coraggio di dirlo quel Io Sono Qui.
Dopo i Pippo Baudo, i Paolo Bonolis, i Fabio Fazio, i Carlo Conti tu sei stata qui e hai fatto fare un passo indietro a Claudio Baglioni. E ti pare poco? Credo il coraggio non paghi nel mondo dello spettacolo, credo un intervento più intenso avrebbe fatto serrare la mandibola a più di qualche volto. Basti pensare al tiepido manifesto firmato qualche settimana fa da attrici, registe, produttrici e lavoratrici dello spettacolo. Intanto chi ha denunciato rischia di essere denunciata, intanto le violenze domestiche restano impunite, intanto compaiono e scompaiono articoli scritti da uomini su uomini che hanno caricato ragazze tossicodipendenti in macchina comprandole per 50 euro. Tra due giorni all’occhio di bue sanremese verrà tolta la spina, la corrente, l’energia. E accadrà senza aver illuminato un millimetro dello sporco che ci portiamo addosso, del quale non ci dobbiamo vergognare ma provare a iniziare a pulirlo, magari Michelle, questo sì.