Si racconta che la battuta sia comparsa su un muro di Parigi, nei giorni esaltanti e tumultuosi del ’68: “Sono marxista, tendenza Groucho”. Sarà vero? La risposta non può che essere quella che il direttore del giornale dà al senatore che, in The Man Who Shot Liberty Valance di John Ford, racconta come sono andate veramente le cose: “Here we are in the West, where if the legend becomes fact, win the legend…”.
Una bella leggenda. Groucho Marx lascia questo mondo, questa vita, il 19 agosto di quarant’anni fa. Quel giorno pochi ci fanno caso, sono tutti “distratti” dalla morte, tre giorni prima, di Elvis Presley. Si chiama Julius Henry Marx; “Groucho” deriva da grouchy, “brontolone”. New-yorchese, annata 1890, è il terzo di sei figli, nati da una coppia di ebrei tedeschi immigrati. Inconfondibile la sua fisionomia: occhiali spessi, naso pronunciato, baffoni neri, eterno sigaro eternamente pendolare: bocca mano, mano bocca. Comico della migliore tradizione: irriverente nei confronti di ogni potente; potente di turno, con i fratelli Chico, Harpo, Gummo, Zeppo forma una irresistibile squadra. Lui, Groucho, è il leader: grande affabulatore, sommerge di frasi e parole che non hanno apparentemente senso; se guardate Animal Crackers, La guerra lampo dei Fratelli Marx, Una notte all’opera, Un giorno alle corse, Una notte a Casablanca, Una notte sui tetti, non potete che restare incantati e affascinati (oltre che storditi) dalla girandola di irresistibili slapstick. Comincia con la radio, Groucho, con la televisione sfonda. Conduce You bet your life, uno dei più grandi successi dell’epoca. E’ anche scrittore fecondo, la sua autobiografia Groucho e io, e Le lettere di Groucho Marx, sono ancora dei long-sellers.
Negli anni Cinquanta, con quel cognome, Groucho incappa nella morsa del maccartismo. L’House Committee on Un-American Activities lo prende di mira, i film vengono radiografati con pignoleria; l’FBI “sorveglia” gli show televisivi, sul conto del solo Groucho costruisce un archivio di oltre duecento pagine. Piovono le denunce anonime: “Suggerisco che Groucho Marks debba essere indagato perché comunista”; oppure: “Ieri sera nel suo programma sia io che mio marito abbiamo sentito pronunciare gli United States come United Snakes (Serpenti Uniti)”. Poi, la prova regina: in You Bet Your Life un ospite parla russo. La madre degli imbecilli è incinta i ogni tempo. A dirigere le indagini su Groucho, John Edgar Hoover in persona, il potente direttore dell’FBI. Sedici pagine di quell’enorme archivio sono tutt’ora riservate “nell’interesse della difesa nazionale e della politica estera”. In effetti, Groucho è personaggio sospetto: si impegna contro la dittatura di Franco in Spagna; si batte per la liberazione dell’attivista socialista Tom Mooney accusato di un attentato a San Francisco; partecipa ad alcune iniziative del National Council of American-Soviet Friendship (l’associazione di amicizia USA-URSS); aderisce ad attività antifasciste; si oppone, in pieno maccartismo, all’uso della delazione ed alla persecuzione di artisti che hanno fatto parte del Partito Comunista.
Federico Fellini lo cerca per il suo Satyricon; rifiuta: non se la sente di trascorrere tre mesi a Roma. Scoppia il ‘68. Groucho diventa l’emblema della ribellione. I film dei cinque fratelli vengono riscoperti. La loro dissacrante comicità anima le università di mezza Europa. Lo sberleffo del potere e della guerra di Duck Soup dà forza ai movimenti pacifisti che si oppongono alla guerra in Vietnam. Sui muri di Parigi compare la scritta “Je suis Marxiste, tendance Groucho”. Il 1971 per Groucho è l’anno maledetto: è colpito da un ictus feroce ictus. Si riprende, riesce ad andare in Francia per ricevere l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere”: è il terzo non francese ad esserne insignito, dopo Alfred Hitchcock e Charlie Chaplin. Tre anni dopo, dalle mani di un emozionato Jack Lemmon e tra il tripudio generale, riceve un meritatissimo Oscar alla carriera. Pronuncia un breve discorso: “Vorrei solo che Harpo e Chico avessero potuto essere qui e Margaret Dumont, che non ha mai capito nessuna delle nostre battute. Lei mi diceva sempre ‘Julie, per cosa stanno ridendo?’. Ma era una grande spalla e io le volevo bene. Poi mi piacerebbe ringraziare mia madre, senza la quale saremmo stati un vero fallimento. E, per ultimo, mi piacerebbe ringraziare Erin Fleming che ha reso la mia vita degna di essere vissuta e che capisce tutte le mie battute”.
Alle 19.30 del 19 agosto 1977 Groucho muore, vittima di una polmonite. Ora riposa nell’Eden Memorial Park. Gli altri fratelli: Chico e Gummo sono sepolti nel Freedom Mausoleum del Forest Lawn Memorial Park Cemetery, a Glendale. Le ceneri di Harpo e Zeppo sono state disperse. Ha detto Bob Hope: “Tutti i comici, me incluso, sono apertamente e chiassosamente invidiosi di Groucho Marx”. Le citazioni in film e cartoni animati sono sterminate. Federico Fellini trasforma Giulietta Masina in Harpo nel film La strada (1954). Una quantità di attori e di attrici si sono truccati da fratelli Marx: Rock Hudson, Robert Redford, Terry Jones, Woody Allen, Barbra Streisand, Bette Davis, Peter Sellers, Leslie Lielsen… Walt Disney li disegna in Mickey’s Gala Premiere; il solo Harpo in “compare” in La squadra di polo di Topolino, e in Paperino a caccia di autografi. Chico, Harpo e Groucho li si trova in Mamma oca va a Hollywood; Zeppo viene aggiunto in The Vird Store. Anche Bugs Bunny è dichiaratamente ispirato a Groucho. Non si contano citazioni in film; una per tutte in Indiana Jones e l’ultima crociata di Steven Spielberg. I fratelli Marx hanno ispirato Woody Allen, Mel Brooks, Marty Feldman, i Monty Phyton. La loro è una comicità diversa, basata sull’assurdo, sul pazzesco, sull’irrazionale.
Si può chiudere con alcune sue battute:
“Trovo la televisione molto educativa: appena qualcuno l’accende vado in un’altra stanza, a leggere un libro”.
“Nella vita ci sono cose ben più importanti del denaro. Il guaio è che ci vogliono i soldi per comprarle!”.
“Questi sono i miei principi, e se non vi piacciono ne ho degli altri”.
“Parlare di intelligenza militare è una contraddizione in termini”.
“All’infuori del cane, il libro è il migliore amico dell’uomo. Dentro il cane è troppo scuro per leggere”.
“Eravamo in tre e lavoravamo come un sol uomo. Cioè due di noi poltrivano sempre”.
“Grazie, ho trascorso una serata veramente meravigliosa. Ma non è questa”.
“Il matrimonio è la causa principale del divorzio”.
“L’unico modo infallibile per provare una nuova gag era quello di provarla su Zeppo. Se gli piaceva, la scartavamo”.
“Non eravamo poveri. È solo che non avevamo un soldo”.
“Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me”.
“Il matrimonio è un istituto meraviglioso, ma chi vorrebbe vivere in un istituto?”
“La commedia non mi è piaciuta, però l’ho vista in condizioni sfavorevoli: il sipario era alzato”.
“Non dimentico mai una faccia, ma nel tuo caso farò un’eccezione”.