Vi ricordate quando Gianni Morandi venne attaccato duramente dal popolo di Facebook e da vari politici per aver detto che una volta anche noi eravamo immigrati? Dalle reazioni spropositate sembrò che il popolo italiano si fosse dimenticato le partenze in nave o in treno verso un mondo migliore – e noi non scappavamo neanche da una guerra, ma solo dalla miseria e dalla fame. Ora il Film Forum (al 209 West di Houston Street, New York) ripropone, a partire dal 9 ottobre, un capolavoro del cinema che parla in maniera epica dei tempi in cui intere famiglie di meridionali si spostavano al Nord per trovare l’oro per le strade. Lasciavano la terra, lasciavano usi e costumi a loro familiari, lasciavano cieli stellati e giorni assolati, per finire nel grigio di una città che appariva grande, fredda e fagocitante.
Il film in questione è uno dei più bei film mai girati nella storia del cinema e si intitola Rocco e i suoi fratelli. Luchino Visconti, uno dei più grandi registi che l’Italia abbia mai avuto, raccontò la storia di una famiglia, i Parondi, venuta dalla Lucania, o Basilicata che dir si voglia, a Milano in cerca di una vita migliore. Una famiglia composta da cinque fratelli (Rocco, Simone, Vincenzo, Ciro e Luca) e una madre tutta vestita di nero.

Giulia Bisinella
Il film, in bianco e nero, dai colori cupi, con pochi raggi di sole (si notano solo nelle scene finali, quando si intravede una speranza di un futuro qualsiasi, ma che sia futuro), è costruito a quadri, come fosse una via crucis alla fine della quale c’è forse una sorta di redenzione, di rinascita. L’inizio su un tram che li porta nella nuova casa, un sottoscala freddo e umido e senza luce, è fatto di occhi meravigliati, pieni di gioia, di speranza, di certezza di cose buone. Però la città non è così accogliente, la città divora chi non si adegua, chi non ce la fa, chi è debole.
Luchino Visconti per questo film si è ispirato all’Idiota di Dostoevskij, tanto che la scena finale in cui Simone e Rocco piangono insieme a letto è una citazione quasi letterale del romanzo. Idiota: chi è l’Idiota? Simone che rovina la vita di tutti, inclusa la sua, perché non riesce ad essere migliore e dunque rende anche le vite degli altri pari alla sua, o Rocco che sacrifica tutto e tutti per assecondare la debolezza di suo fratello? Rocco che dà la colpa alla città, che ha avuto solo il potere di svelare queste debolezze. Quella stessa città che dona a tutti quanti i componenti della famiglia una possibilità – a volte più di una – di crescere e diventare il sogno per cui hanno compiuto il viaggio. Eppure questo sogno si infrange in inquadrature fredde, fatte di luci artificiali, tagliate, opprimenti, finte. Anche i momenti più felici nascondono tristezza, nascondono un malessere interno che non è dovuto alla difficoltà della nuova vita, ma al dolore della crescita e forse alla incapacità di diventare altro.

Una scena della Medea di Dario D’Ambrosi
“A Mosca, a Mosca” ripetevano le Tre Sorelle di Cechov, ma non partivano mai. Il paese era un rifugio, un astuccio – per usare sempre un’immagine Cechoviana – in cui invecchiare sicuri fingendo di aver voluto altro nella vita, ma non averlo potuto raggiungere. La terra è in Rocco e i suoi fratelli quel "A Mosca". La terra lasciata, la terra amata, la terra che non tradisce. La terra da cui si è nati e a cui si vuole tornare, simbolo del rifugio, della sicurezza, della tranquillità.
Rocco e i suoi fratelli è un’opera che sta fra i grandi romanzi russi e le tragedie greche e shakespeariane. C’è un uomo nuovo, il fratello più piccolo, Luca, che osserva i fatti e che vuole essere come Rocco – alla fine del film darà ragione a Rocco, bisogna tornare al paese – e che noi spettatori sappiamo non tornerà e avrà un sicuro futuro in quella Milano che vede come la causa di tutti i mali della sua famiglia.
Il film rimane in programmazione al Film Forum fino al 29 ottobre.
Passando al teatro, questa settimana ci saranno vari debutti interessanti. Al Theater for the New City dall’8 al 25 ottobre sono in programmazione Wives e The Academy di Mario Fratti con la partecipazione di Carlotta Brentan e Giulia Bisinella, mentre all’Ellen Stewart Theater a La Mama (66 East 4th Street, 2nd Floor) Dario D’Ambrosi presenta la sua Medea con Celeste Moratti.