New York, dicevamo, è un continuo, perpetuo, grandissimo set. The Office of Film, Theater and Broadcasting del Comune di New York ci informa che in queste settimane a New York si girano 32 serie e miniserie televisive “prime time”, 27 tra programmi live e serie destinate alla cable TV e 9 film per il cinema. E queste sono solo le produzioni già iniziate e ufficiali. Ci sono poi quelli in sviluppo, quelli in pre-produzione, i film degli studenti delle scuole di cinema e i film indipendenti low low low budget che si girano al volo, con troupe ridottissime, in interni o spazi privati, e non passano per l'ufficio del sindaco per autorizzazioni e facilities per la produzione e post-produzione.
A scorrere i titoli dei nove film che si stanno girando a New York troviamo Woody Allen project 2016. Dopo anni di esilii volontari, ispirazioni artistiche in terra straniera e peregrinazioni produttive, Woody Allen è tornato in città.
Per tutti noi, non solo è probabilmente il regista newyorchese più famoso, per noi Woody Allen è New York. Nato nel Bronx, Allan Stewart Konigsberg è cresciuto a Midwood, Brooklyn, ha girato molti dei suoi film nell'Upper West Side, dove ha in parte vissuto e con cui è stato in qualche modo identificato, e abita ora nell'Upper East Side. Dall'American Museum of Natural History a Coney Island, passando per gastronomie kosher, librerie e barche a remi a Central Park, un po' ovunque a Brooklyn e a Manhattan si incappa in luoghi woodyalleniani, sia perché set dei suoi film sia perché particolarmente amati e maniacalmente frequentati dal regista. Uno fra tutti il ristorante Elaine's (chiuso nel 2011). Il grande Rogert Ebert ricordava divertito di come una sera, da Elaine's, si fosse per caso seduto al tavolo sbagliato, quello abituale di Woody, e c'era mancato poco che la terra non si fosse aperta e non se lo fosse inghiottito, tale era stato l'affronto!
Aneddoti a parte – raccolti in decine e decine di libri, saggi e siti web – se per noi europei Woody Allen rappresenta la quintessenza di New York, per la maggior parte degli americani Woody Allen praticamente non esiste. Certo, a New York c'è il suo pubblico, qui ci sono l'Angelika e il Film Forum, c'è il New York Film Festival, ci sono il BAM, il MoMA e il MoMI, la New York Film Academy e innumerevoli cattedre di cinema nelle università, ma sappiamo che New York non è l'America. Il suo ultimo lavoro, Irrational Man, che ha avuto una buona accoglienza al Festival di Cannes e un certo successo nelle sale cinematografiche internazionali, è andato abbastanza bene a New York (dove è ancora in qualche sala), a Los Angeles, a Chicago, ma nella sconfinata America nessuno ha visto il film, nella sconfinata America Woody Allen non esiste. Troppo intellettuale, troppo newyorchese, troppo europeo. Per tutta risposta dunque, lui per anni se n'è andato a girare lontano da qui: Londra, Parigi, Roma, Costa Azzurra, ha girato in Spagna e in Svezia, con in mezzo un paio di eccezioni con You Will Meet a Tall Dark Stranger (Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni) e Whatever Works (Basta che funzioni). Poi l'anno scorso è tornato negli Stati Uniti (nel Rhode Island, immaginiamo perché particolarmente ispirato da quello stato o per comprensibili ragioni di incentivi fiscali) per Irrational Man e ora, da pochi giorni, eccolo di nuovo a New York, dopo alcune settimane di preparazione e riprese a Los Angeles, dove è tornato per la prima volta dal 1977, quando aveva girato lì le sequenze finali di Annie's Hall (Io e Annie) – a questo proposito, non posso trattenermi dal citare la famosa battuta che più di ogni altra sintetizza il rapporto di Woody Allen con LA, ma direi in generale tra i newyorchesi e l'assolata metropoli californiana: “[Los Angeles] is a city where the only cultural advantage is being able to make a right turn on a red light”. In puro stile alleniano. In verità recenti articoli di costume segnalano una controtendenza; a quanto pare infatti manipoli di newyorchesi negli ultimi anni se ne vanno in California stanchi di freddo, stress e metropolitana. Ma Allen è rimasto della sua idea. Alla peggio, se ne va in Europa.

Eisenberg e Stewart con Woody Allen sul set. Foto: www.woodyallenpages.com

Kristen Stewart, Jesse Eisenberg e Steve Carell sul set dell’ultimo film di Allen. Foto: www.woodyallenpages.com
Torniamo però al film che in queste settimane sta girando a Brooklyn: se ne sa quasi nulla, solo che è un film in costume, ambientato nel 1935, uno di quei suoi film profumati di radio, jazz e malavita, tra glamour d'altri tempi, sgambetti e qualche scomoda riflessione esistenziale. Sappiamo che tra gli interpreti ci sono Kristen Stewart, Jesse Eisenberg e Steve Carell in sostituzione di Bruce Willis, che ha lasciato il set dopo i primi giorni di riprese. Motivo: non si sa. Qualcuno scrive di una lite furibonda con il non proprio facilissimo Woody Allen, qualcuno dice per andare in scena a Broadway con l'adattamento di Misery (ottobre 2015), ma poco importa, Steve Carell è un grande attore, capace di trasformarsi come pochi, basta pensare a Foxcatcher e alla serie The Office, mentre ora lo vediamo grande e grosso in elegante abito anni Trenta.
Sappiamo che alcune scene sono state girate alla Brooklyn Public Library (dentro e fuori), altre (sembra) a Bushwick, altre ricostruite in studio in qualche non precisata zona industriale di Brooklyn e poi, chissà. Il titolo del film è segreto, il soggetto del film è segreto, il set è (abbastanza) segreto ma si svela via via, all'occhio vigile di fan e siti specializzati. Kristen Stewart e Jesse Eisenberg, nelle pochissime parole che sono stati autorizzati a pronunciare secondo la proverbiale riservatezza di Allen, parlano di ruoli assolutamente insoliti e nuovi per loro e dell'onore di girare con il maestro, e si concedono a qualche selfie con i fan.
Nel frattempo, attendiamo informazioni e indiscrezioni sul film, fiduciosi di imbatterci in Woody e nel suo set camminando per le strade di New York. Ma per chi vuole andare sul sicuro, Woody Allen ha ripreso a suonare al Carlyle Cafe, ogni (set permettendo) lunedì sera, accompagnato come di consueto dalla Eddy Davis New Orleans Jazz Band.