Diretto e interpretato da Damiana Leone, Ninetta e le altre, In Scena! all'Italian Theater Festival di New York, si rifà al romanzo di Moravia, divenuto poi film con De Sica, La Ciociara. Quello che racconta è il caos e la violenza che le truppe marocchine portarono nelle regioni del frusinate per svariate settimane durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di storie vere raccolte dalla Leone, che hanno come protagoniste donne che non possono parlare di quello che è successo perché non si deve, per vergogna, pietà, schifo. La messa in scena dello spettacolo, vincitore del Festival Chimere, è stato un atto di catarsi per riuscire a dire quello che non si è mai riuscito a dire. Sul palcoscenico, insieme alla Leone che ci racconta qualcosa di più, ci sono anche, Anna Mingarelli e Francesca Reina.
Da dove è nata l'idea di questo progetto teatrale?
L'idea nasce nel 2008 per il desiderio di poter parlare di qualcosa che aveva a che fare con la mia terra. Da sempre ero fuggita, ma ad un certo punto mi resi conto che era arrivato il momento di parlare di un punto di non ritorno che è stata la guerra. Io sono ciociara e la mia identità di donna e di persona è inevitabilmente legata allo stupro di guerra di cui si accenna nel romanzo di Moravia prima e nel film di De Sica poi, La Ciociara. La memoria della guerra ha sempre fatto parte della mia infanzia e soprattutto di quegli stupri. Non potevo non parlare del più grande stupro di guerra della storia d'Italia: 20.000 donne, bambini e uomini stuprati e brutalizzati in meno di un mese nel maggio del 1944 dai goumiers delle truppe coloniali francesi. Le donne vennero chiamate Marocchinate per pietà vergogna e schifo. Le Marocchinate io le ho sempre conosciute poi intervistate e studiate in archivio di stato. Un lavoro enorme che è diventato il più grande mai fatto sullo stupro di guerra e che ha portato anche alla realizzazione di un progetto di teatro civile, Racconta la guerra, che ora diventerà un festival e un docufilm dedicato alle mie tante nonne che sono queste donne. Tutto questo è un atto di amore e di denuncia. Un atto politico.
Prima volta a New York?

Damiana Leone
Si è la prima volta, ma sono molto contenta di essere qui proprio perché è stata l'America ad avere un ruolo importante nella conservazione della memoria di quegli stupri grazie ai premi Oscar che ha ricevuto la La Ciociara. Non potevo non fare le Marocchinate a New York. Proprio negli archivi di guerra qui a New York ci sono molti documenti relativi a quei fatti. E poi il mio bisnonno emigrò a Little italy e mi ha ispirato un personaggio dello spettacolo italo-americano.
Fare teatro in Italia oggi è facile o difficile?
Difficile, davvero. Io credo che questo sia un lavoro e non uno status e lotto per questa affermazione, per questo diritto. Per me il mestiere dell'attore è un mestiere sociale che deve prendersi cura del mondo di cui parla e in cui vive. Per questo ho smesso di essere scritturata per un lavoro di compagnia che fosse attivo. Infatti come compagnia Errare Persona ora siamo officina Culturale della Regione Lazio.
A tuo avviso il teatro italiano è esportabile? Pensi che all'estero ci sia interesse per il teatro italiano?
Assolutamente sì se è coraggioso e artigianale. Ma credo davvero che in Italia noi facciamo troppa fatica ad emergere. Troppa chiusura e individualismo. Ed è un peccato perché siamo bravi!
Raccontaci i protagonisti dello spettacolo.
Ninetta è mia nonna e questa è la sua storia. Il personaggio di Celeste è modellato su Francesca Reina che mi accompagna in questo viaggio da sempre. Maria, invece, si ispira alla mia bisnonna, morta per fare da scudo con il suo corpo a due bambini durante i bombardamenti del '44. Tre archetipi. Tre simboli della femminilità. Quasi tre divinità pagane.
Quale è stata la cosa più difficile di scrivere/interpretare/dirigere questo spettacolo?
Entrare in contatto con un dolore così grande e radicato. Lo spettacolo è stato messo in scena proprio in quei luoghi ed è stato un atto di catarsi perché gli attori dicono quello che non si riesce a dire. Abbiamo avuto anche problemi di strumentalizzazione e in questo non siamo state aiutate molto dagli addetti ai lavori, ma solo dai nostri spettatori. Una vera lotta che non mi aspettavo, ahimè.
Come convinceresti il pubblico a venire a vedere lo spettacolo?
Lo spettacolo è grottesco, ironico, delicato ed emozionante. …e poi ha i sopratitoli in inglese.
11 maggio 2015, 7.30 pm – Theater for the New City (155 1st Avenue, Manhattan)
12 maggio 2015, 6.00 pm – John Jay College of Criminal Justice Alumni Association (899 10th Avenue, Manhattan)