“Torneranno i prati” è il nuovo film che Ermanno Olmi ha dedicato alla tragedia della Prima guerra mondiale. Di Olmi ricordo alcuni film, “La leggenda del santo bevitore”, o “Cantando dietro i paraventi”, per dirne un paio, che sono insieme poesia e testimonianza di un impegno, di un modo di "vedere" e di "sentire" il mondo in un modo a cui dovremmo forse prestare maggiore attenzione.
“Torneranno i prati”, per certi aspetti supera e dilata la denuncia di altri film che Olmi ha dedicato all’orrore della guerra, e legittimamente può essere accostato, in una possibile rassegna, al capolavoro di Stanley Kubrik, quell’ “Orizzonti di gloria” con Kirk Douglas, o a “Uomini contro” di Francesco Rosi, con Gian Maria Volonté e Alain Cuny, fino alla “Grande guerra” di Mario Monicelli, con Vittorio Gassman e Alberto Sordi.
Sullo sfondo del film di Olmi quella pagina tragica nella più immensa tragedia che fu la disfatta di Caporetto, su cui storici e studiosi delle strategie militari ancora si accapigliano; ma quello che è certo è che lo stato maggiore dell’esercito militare italiano di allora era composto in larghissima misura da felloni, incompetenti, arroganti, e diciamolo pure: farabutti per i quali la vita (la vita altrui, beninteso) valeva nulla. Una disfatta, quella di Caporetto che Olmi ci fa intuire da una data, che compare nei titoli di testa; e da un sommesso, affannato ordine telefonico. Tutto si svolge nel giro di una notte, non ci sono scene di campi di battaglia; l’orrore sta in quelle trincee, tra il fango e la neve, la sporcizia e i topi, la cancrena che ti mangia le dita e il freddo che ti distrugge mani e piedi; e poi gli incessanti, martellanti colpi di mortaio austriaci, gli ordini insensati dei comandanti, quei volti distrutti dalla fatica, dal dolore, dalla paura della morte, soldati che obbediscono sapendo che sono ordini cretini dati da cretini che non saranno mai chiamati a pagare per le loro cretinate. “Torneranno i prati” racconta il grande tradimento che si è consumato nei confronti di milioni di giovani, mandati a morire senza neppure sapere il perché. In sostanza, la tesi di Olmi è che i veri nemici non erano quelli che si trovavano nella trincea opposta, ma chi aveva mandato in trincea, da una parte e dall’altra, quei giovani. E per chi fosse interessato a conoscerli, quei veri nemici, e quali fossero le loro pulsioni, i loro interessi, le loro meschinità, il consiglio è di procurarsi 1914, un accurato studio della storica canadese Margaret Mac Millan; spiega con dovizia di documenti e di testimonianze tutti i retroscena a Mosca e a Washington, a Roma e a Berlino, a Parigi, Londra, Vienna e in tutta quella tormentata area balcanica. Un libro che chiede impegno e pazienza, sono 784 pagine…
Ma tornando a Olmi e concludendo sul suo "Torneranno i prati”: è un ideale fiore deposto sulla tomba delle 600mila vittime italiane di quell'inutile guerra; ma anche sulla tomba di quelle centinaia di migliaia di ragazzi austro – ungarici la cui colpa era solo quella di trovarsi nella trincea di fronte a quella italiana…