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August 17, 2014
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August 17, 2014
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Locarno premia il cinema indipendente americano

Monica StranierobyMonica Straniero
Jason Schwartzman ed Elisabeth Moss in una scena di Listen Up Philip

Jason Schwartzman ed Elisabeth Moss in una scena di Listen Up Philip

Time: 2 mins read

 

Il 16 agosto si è appena conclusa la 67° edizione del Festival di Locarno, rassegna in lingua italiana che si svolge tutti gli anni nella omonima cittadina italo-svizzera, situata nel cuore d’Europa, con la consegna del Pardo d’Oro ad un film interamente girato in bianco e nero e lungo ben cinque ore e mezza. Si tratta di Mula sa kung ano ang noon, (From What Is Before), firmato dal regista filippino Lav Diaz che  racconta la storia di un villaggio nelle Filippine durante il regime di Marcos.

Mentre con il premio speciale della giuria all'americano a Listen Up Philip del regista newyorchese Alex Ross Perry, Locarno rinnova il suo interesse per i protagonisti del nuovo cinema statunitense indipendente, etichetta che ne racchiude molte altre, soprattutto a partire dagli anni ’80, come il Cinema of Transgression, il  No Wave Cinema, il cinema underground, l’ Art Cinema  il  Punk Cinema, il  Black Cinema  il  New Queer Cinema. 

Una generazione di registi che come sottolinea Geoff King in apertura del suo fondamentale testo, American Independent Cinema, del 2005, producono film “in un mondo ad ultra basso budget lontanissimo da quello dei blockbuster hollywoodiani,  adottano strategie formali che abbandonano o smontano le convenzioni della lineare scorrevolezza tipiche dello stile classico hollywoodiano ed offrono prospettive provocatorie su questioni sociali, una rarità a Hollywood”. 

Così dopo due film a budget minuscolo, il primo uscito nel 2009 e intitolato Impolex, liberamente ispirato a Gravity’s Rainbow di Thomas Pynchon, il secondo, The Color Wheel, affronta la questione del riscatto personale in una società diventata scontrosa, Perry ha confermato di avere scarso interesse nella narrazione convenzionale con una storia ambientata nei circoli letterari nell'orbita di Manhattan. Protagonista uno scrittore egocentrico ed egoista, interpretato da Jason Schwartzman, che alla pubblicazione del suo secondo romanzo, un successo già annunciato, riceve la notizia che il New York Times intende rilasciare una recensione negativa. Inizia così a fare terra bruciata intorno perdendo amici e fidanzata, Elisabeth Moss. L’unico dialogo che riuscirà ad instaurare sarà quello con Jonathan Pryce, uno scrittore molto popolare negli anni ‘70 e anni ’80 prima di diventare un recluso, che contribuirà ad esasperare il narcisismo del protagonista. Il regista già paragonato a grandi nomi della cinematografia mondiale come Woody Allen, Noah Baumbach e Wes Anderson per i suoi personaggi zeppi di conflitti che iniziano dall'interno per poi espandersi all'ambiente, punta il dito sulla chiusa comunità letteraria newyorchese, spregiudicata e terribilmente competitiva, smascherandone egoismi e fragilità. E seguendo in qualche modo le orme di David Leavitt che nel famoso romanzo Martin Bauman, uscito nel 2001, è entrato in aperta polemica con il mondo letterario di New York fino al punto di decidere di lasciare gli Stati Uniti e vivere per qualche anno in Italia, in un paesino della Maremma. Ora abita nella cittadina di Gainesville, e tiene corsi di letteratura creativa alla University of Florida.

 

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