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August 15, 2014
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August 15, 2014
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Quell’orgasmo al Katz che resta nella storia del cinema

Valter VecelliobyValter Vecellio
Time: 4 mins read

E’ diventato un luogo di culto, il “Katz Deli” al 205 E di Houston Street, nell’East Village di New York. E’ in quel locale che Rob Reiner ha ambientato una delle scene cult di “Harry ti presento Sally” (“When Harry Met Sally…”) scritto da Nora Ephron, e interpretato da Bill Cristal e Meg Ryan. Ricordate la scena? E’ quella dell’orgasmo simulato da Sally per smentire il “so-tutto-io” di Harry, che ha appena finito di dire che con lui nessuna donna ha finto, e che comunque saprebbe subito accorgersi se la partner con lui stesse fingendo. A questo punto Sally posa sul piatto il sandwich al pastrami che sta mangiando e si esibisce in una performance che ha fatto la fortuna del film, e anche del locale. Performance che si conclude con la famosa battuta di una signora al tavolo accanto che ordina al cameriere “quello che ha preso la signorina”. Se poi volete sapere chi era la signora dalla fulminante battuta, era la madre del regista. Aperto fin dal 1888, il “Katz Deli”, specializzato in piatti della cucina ebraica, ha poi affisso un cartello sopra il tavolino dove è stata girata la celebre sequenza: “Where Harry Met Sally…Hope You Have What She Had!” (Dove Harry ha incontrato Sally…Spero che tu possa provare quello che ha provato lei!).

Perché parlare di questo film? Sembra ieri, ma sono già trascorsi venticinque anni, da quando Harry venne presentato a Sally…

Un quarto di secolo fa Nora Ephron confezionava una sceneggiatura impeccabile che attraverso Harry e Sally racconta l’epopea quotidiana dei rapporti e dei sentimenti di una donna e un uomo, il loro evolversi, trasformarsi, plasmarsi: sono studenti nel 1977 quando Harry e Sally in modo naif da Chicago arrivano a New York; per tutto il viaggio si beccano e si detestano, insopportabile lei, insopportabile lui. Si perdono di vista per dieci anni, ed ecco che si ritrovano, siamo nel pieno dell’era reaganiana. Lo yuppismo imperante in qualche modo ha contagiato anche loro; non si beccano più, ma diffidenti sì, potrebbero piacersi, ma nessuno fa lo sforzo per riuscire gradevole all’altro; così si riperdono di vista per un altro po’; infine si ritrovano, entrambi con esperienze che li hanno spiacevolmente segnati; si “annusano”, si respingono ma si attraggono anche; non riescono a capirsi, il processo di reciproca accettazione senza più la pretesa di cambiarsi, è lungo, faticoso, una vera conquista per entrambi. Alla fine, ovviamente, è lui che capitola nel modo più disastroso: “Adoro il fatto che tu abbia freddo quando fuori ci sono 25 gradi. Adoro il fatto che ci metti un’ora e mezzo per ordinare un panino. Adoro la piccola ruga che ti si forma sul naso quando mi guardi come se fossi matto. Adoro il fatto che dopo aver passato una giornata con te, posso ancora sentire il tuo profumo sul mio vestito. E adoro il fatto che tu sia l’ultima persona con la quale voglio parlare prima di addormentarmi la notte. Non è che mi senta solo, e non c’entra il fatto che sia Capodanno. Sono venuto qui stasera perché quando ti rendi conto che vuoi passare il resto della tua vita con una persona, vuoi che il resto della tua vita inizi il prima possibile…”. Già: perché dietro l’aria svagata, il frou frou di alta classe in cui la Ephron immerge i suoi personaggi, e il verso esplicito, l’ammiccamento/sberleffo al Woody Allen di “Manhattan”, ecco gli interrogativi di sempre: gli uomini e le donne possono essere amici in modo relativo. Prima o poi si insinua sempre qualcos’altro, il sesso, proclama Harry. “No, non è vero”, replica Sally. “Ho tantissimi amici maschi e il sesso non c’entra per niente”. Ribatte lui: “Nessun uomo può essere amico di una donna che trova attraente, vuole sempre portarsela a letto”. “Stai dicendo che un uomo può essere amico solo di una donna che non è attraente?”. “Di norma vuole farsi anche quella…”.

Una commedia alla Ernst Lubisch, slapstick a non finire, con Sally prototipo dell’ “a parte” (“panna a parte”, “salsa a parte”), che rappresenta chi vuole imporre a tutti i costi il suo punto di vista, o quantomeno non accetta di uniformarsi a quello altrui; e Harry, che fatica a reggere il passo, si vede messo in discussione e contestato in quei ruoli che ritiene immutabili… Film di una “leggerezza” che sa “pesare”, “Harry ti presento Sally”, è apparso nelle sale cinematografiche, come s’è detto, venticinque anni fa. Non si viveva allora, in un mondo iper-tecnologizzato e digitale come quello di oggi: Sally ed Harry per risolvere i loro problemi e dare risposte ai loro interrogativi dovevano vedersi, parlarsi, ascoltarsi, “toccarsi” sul serio. I problemi e gli interrogativi, tutto sommato sono sempre quelli, anche oggi; ma meglio allora di ora, che si apre con un “mi piace”, e si chiude con un “delete”, 140 battute. Tu chiamala, se vuoi, nostalgia…

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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