Il Teatro delle Albe è uno dei molti gruppi teatrali che in Italia fa un teatro non tradizionale, all’avanguardia (e forse anche di avanguardia, a sapere l’avanguardia adesso cosa sia), attento ai temi sociali e alle storie personali che parlino alla comunità. Il Teatro delle Albe è già stato a New York varie volte. Nel 2001 furono al The Kitchen e più recentemente al Festival Coil al PS122.
Quest’anno, però, portano uno spettacolo che tocca tutti noi da vicino. In Rumore di acque si parla di immigrazione e dell’indifferenza del mondo verso un dramma che, in un modo o nell’altro, appartiene a tutti i paesi del mondo. Rumore di Acque racconta dell’immigrazione africana, che via mare approda sulle coste delle nostre regioni più a sud come la Calabria e la Sicilia, portando drammi di cui tutti abbiamo sentito parlare. Rumore di acque è la seconda tappa del trittico del Teatro delle Albe Ravenna-Mazara 2010, a cura di Marco Martinelli, Ermanna Montanari e Alessandro Renda: tre opere che in maniera differente prendono Mazara del Vallo come simbolico luogo di frontiera e punto di partenza per un affresco sull'oggi.
Lo spettacolo è un lavoro per voce (quella di Alessandro Renda) e musica (creata dai Fratelli Mancuso che il 3 e 4 febbraio terranno un workshop alla Montclair State University). Il testo è stato scritto da Marco Martinelli sulla base di storie vere raccolte a Mazara proprio da Martinelli e Ermanna Montanari che è anche colei che ha dato il via all’evento tutto.

I fratelli Mancuso in scena
A seguire la mia chiaccherata con Alessandro Renda, l’attore di Rumore di Acque. Alessandro, con tutta la compagnia sarà il 28 gennaio alla Casa Italiana Zerilli-Marimò (24 W 12 street) in occasione della presentazione della versione inglese di Rumore di Acque. Lo spettacolo, invece, va in scena a La MaMa E.T.C. dal 30 gennaio al 16 febbraio, dal giovedì al sabato alle 7:30, e la domenica alle 2:30pm. Per compare i biglietti o per informazioni, visitare il sito del teatro. Il 18 febbraio lo spettacolo sarà anche alla Montclair University, all'interno del programma di eventi organizzati dalla cattedra in Italiano e Studi italo-americani, Theresa and Lawrence R. Inserra Endowed Chair.
E ora vi lascio ad Alessandro Renda.
Volendo riassumere la nascita del progetto, quali sono state a vostro avviso le tappe più significative? E ora, a distanza di tempo, cosa vi è rimasto più dentro della costruzione di Rumore di Acque?
Quando nel 2009, lavorando a Mazara del Vallo (la città italiana che più si protende verso la costa africana), abbiamo iniziato a pensare a uno spettacolo che raccontasse le storie di migrazione nel Mediterraneo, avevamo subito ben chiaro cosa non volevamo fare. Non volevamo creare uno spettacolo di narrazione civile che rendesse noi e gli spettatori "più buoni" perché emozionati e partecipi a tragiche storie riguardanti donne, uomini e bambini. Volevamo creare qualcosa che raccontasse la nostra indifferenza, quella di noi tutti. Per questo Marco Martinelli, quando ha scritto il testo, in versi, ha spostato tutto su un piano metafisico e grottesco, seguendo quelle che sono le "corde" più vicine a noi del Teatro delle Albe. Abbiamo immaginato un'isola vulcanica al centro del Mediterraneo, in cui un unico abitante, un generale alle dipendenze delle capitali europee, pratica la "politica degli accoglimenti". Questo personaggio diabolico accoglie invece che respingere, come vorrebbero le attuali leggi. Ma dove? Forse già nel mondo degli inferi?
Che significato ha ancora oggi Rumore di acque, o meglio: ha acquistato nuovi significati da quando il progetto è nato?
Nel momento in cui lavoravamo alla creazione di Rumore di acque la cosa che ci ossessionava era il fatto che le cronache dei giornali, relegavano le notizie di queste sciagure in pochi e frettolosi trafiletti. "20 annegati a largo di Lampedusa", "13 corpi ripescati davanti alle coste siciliane"…numeri, numeri e numeri. Nessuna biografia. Nessun volto. Meno se ne parla, meno la questione ci riguarda e quindi anche quei morti non ci riguardano. I numeri usati come anestetico. Ma i numeri sono importanti, se si mettono tutti insieme: dal 1988 ad oggi più di 20.000 persone hanno perso la vita per cercare fortuna in Europa. E sono stime calcolate per difetto. Purtroppo Rumore di acque continua ad essere sempre più attuale. Per lo meno ultimamente l'Europa sembra essersi accorta delle proprie responsabilità o almeno sembra essersi infranto quel muro d'indifferenza, come dimostrato dall'eco mediatico seguito alle ultime tragedie di pochi mesi fa.
Che modifiche avete apportato per la tappa newyorchese?
Lo spettacolo che presentiamo a La MaMa non avrà modifiche sostanziali rispetto alla versione che ha girato per tutta Italia e che ha avuto diversi allestimenti anche in Germania, Francia e Belgio. Pensiamo che allo stesso modo in cui il lavoro emoziona e indigna lo spettatore europeo, possa arrivare allo spettatore americano. In fin dei conti, le migrazioni sono quanto di più universale l'uomo possa raccontare. Non c'è popolo che non conosca quante sofferenze e speranze ci siano in chi lascia la propria patria per tentare altra fortuna. New York è un simbolo dell'immigrazione e forse proprio per questo è riconosciuta come "capitale del mondo". Ellis Island ancora oggi ci racconta della New York di oggi, delle sue lingue, i suoi quartieri, il suo meticciato culturale. New York dovrebbe insegnare ai burocrati europei quanto l'"altro", gli "altri", sono un arricchimento e una crescita.
Nello spettacolo ci sono anche i Fratelli Mancuso, musicisti pluri-premiati che si occupano di quella che comunemente si chiama ‘world-music’. Che tipo di lavoro è stato fatto con loro?
I Fratelli Mancuso sono un contro canto al monologo del generale. Oltre ad essere la partitura sonora dell'intero spettacolo, a tratti sembrano prendere la parola e il dolore dei migranti, dei morti e dei sopravvissuti. Alla ferocia, a tratti violenta, a tratti grottesca, di quello strano abitante che ricorda nei modi Gheddafi, i Fratelli Mancuso contrappongono un lirismo che rimanda all'antica tragedia greca e con le loro voci e strumentazioni ci trasportano in atmosfere che rimandano a quel Mediterraneo culla delle civiltà moderne.