Quando il signor Bill Hoyt arrivò col taxi quella mattina sembrava che invece che all’Hotel Modigliani di Roma fosse sceso in uno dei più celebri hotel a cinque stelle di Beverly Hills, pronto a trattare la vendita di importanti diritti cinematografici a qualche famoso produttore di Hollywood.
Abbronzato come un tizzone ardente, indossava un impeccabile completo di lino bianco, un soffice foulard di seta legato intorno al collo e un paio di occhiali di tartaruga stile Cary Grant in Caccia al ladro. Sotto il braccio portava l’ultima copia della rivista Variety e tra le dita stringeva ancora il mozzicone del suo sigaro Avana appena spento. Insomma era davvero un bel signore anche se era quasi impossibile per lui nascondere del tutto la cosa più evidente e cioè la sua età. Mr. Hoyt, infatti, aveva da poco compiuto 84 anni e non veniva a Roma da esattamente cinquanta. La prima parola che disse, appena mise piede nella hall, fu: “Cinecittà”.
“No, signore.”, rispose subito il giovane portiere di turno “La zona di Cinecittà è dalla parte opposta. Qui siamo in pieno centro, vicino a piazza di Spagna.”
“Cinecittà.”, disse ancora il signor Hoyt, poggiando le valige in terra.
Il portiere, ormai disperato, provò a ripetere di nuovo che si trattava di un errore, che il posto non era quello. Ma l’uomo gli si avvicinò dicendo: “Devo andare lì.”
“Ah, ecco, adesso ho capito, signore”, esclamò sorridendo il ragazzo “Lei deve andare a Cinecittà. Lavora nel cinema?”
“Stai scherzando per caso? Io sono il cugino di Cassio”, rispose l’uomo, prima di girare sui tacchi e dirigersi a passo spedito verso l’ascensore.
Il receptionist lo fissò a bocca aperta, sbalordito prima di scuotere la testa ed inseguirlo lungo il corridoio: “Aspetti, Mr. Hoyt, ha dimenticato la chiave, la chiave della sua stanza!”
Tempo quindici minuti e Mr.Hoyt era sceso di nuovo nella hall.
“Taxi. Cinecittà”, disse.
“Chiamo subito il taxi, signore”, rispose il portiere, leggermente intimorito e, non appena l’anziano signore ebbe messo piede a bordo della vettura, iniziò la ricerca su Internet. “Chi accidenti è quel tipo?” si domandò mentre accoppiava su Google tutte le possibili combinazioni: Hoyt Cinecittà, Hoyt Cinema, Hoyt Cassio.
Intanto il taxi attraversava la città, superando ingorghi pazzeschi, tra centinaia di motorini svolazzanti, autobus turistici a due piani, sirene di autoambulanze e polizia, manifestazioni di lavoratori, studenti, pensionati e migliaia di autovetture di tutti i tipi e le forme. Il tutto mentre sui marciapiedi c’erano strani figuri che cercavano chissà che cosa nei cestoni dei rifiuti, mendicanti e vagabondi ovunque e poliziotti che inseguivano giovani zingare che avevano appena fatto uno scippo.
Il signor Bill guardava tutto questo stralunato, domandandosi dove fosse la sua Roma serena e composta che aveva lasciato lì nel lontano 1961 e, mentre il taxi abbandonava il centro storico puntando verso la via Tuscolana in direzione di Cinecittà, rivide tutto, come in uno di quei flashback usati tanto spesso nei film.
“Posso entrare, Ms. Taylor?”
“Vieni avanti, ragazzo, come ti chiami?” rispose la diva che si stava pettinando nel suo camerino.
“Mi chiamo Bill Hoyt, sono il cugino di John, l’attore che interpreta il personaggio di Cassio”.
“Ah, certo, molto bravo tuo cugino. Sei attore anche tu?”
“No, signora. Io sono solo un tecnico delle luci, lavoro con il direttore della fotografia, Mr. Leon Shamroy.”
“Be’, ragazzi, cercate di farmi più bella possibile con le vostre luci. Con questo film Cleopatra voglio vincere l’Oscar e finire su tutte le prime pagine dei giornali!”
“Non è possibile farvi più bella, Ms.Taylor. Voi siete già bellissima così”, esclamò il ragazzo, arrossendo un po’.
“Molto gentile, Bill, davvero molto gentile. Piuttosto, lo sai che non sei niente male neanche tu? Perché non prendi un drink e ti siedi qui vicino a me?”
“Non posso, Ms.Taylor. Che cosa penserebbe suo marito, il signor Eddie Fisher?”
“Oh, carino, lascia stare mio marito che adesso si trova lontano, negli Stati Uniti e invece avvicinati. C’è ancora un sacco di tempo prima del prossimo ciak…”
“Ma, signora. Io non credo che questa sia una buona idea…”
“Perché, no? Sei così carino. Biondo, gli occhi azzurri e questo fisico così potente e muscoloso. Avvicinati, per favore…”
Ma Bill Hoyt non si avvicinò. Era davvero un bravo ragazzo, educato dalla sua famiglia per essere corretto e rispettoso. Così si morse le labbra e se ne andò, lasciando da sola la prorompente e capricciosa diva che, da parte sua, si consolò quasi subito proprio con il suo partner del film, l’attore inglese Richard Burton.
“Ecco, ce semo“ disse improvvisamente l’autista del taxi: “Qui è nato er cimatografo, dottò!”
https://youtube.com/watch?v=UQCC4GDwMT4
E, mentre l’auto imboccava il grande viale alberato dove si trovavano gli storici studi cinematografici, il cugino di Cassio guardò con un punta di malinconia il grande Teatro 5 dove cinquant’anni prima era stato girato il famoso kolossal e pensò, quasi piangendo: “Ma come sono stato scemo! Avevo lì Liz Taylor tutta per me e me ne sono andato!”