Immaginate 263 milioni di metri cubi, due chilometri quadrati di montagna, che nel giro di 20-25 secondi precipitano, alla velocità di 90 chilometri l’ora su un lago artificiale. L’impatto è tremendo, un’apocalisse: l’energia sprigionata è il doppio di quella della bomba atomica di Hiroshima, un’onda di 250 metri. La diga tiene; ma l’acqua s’impenna sopra lo sbarramento. Lo scavalca. E spazza via paesi come Longarone, Castellavazzo, Rivalta, Erto… un maglio che schiaccia tutto quello che incontra… Ovunque è morte e desolazione. Non si ode un gemito, è un immenso cimitero, i sopravvissuti sono appena una quarantina. Ma solo all’alba, quando elicotteri ed aerei sorvolano la zona, si percepisce la dimensione del disastro: quasi duemila i morti.
Tutto accade in quattro, cinque minuti ma era prevedibile da anni: da quando, all’inizio dei lavori del grande invaso idroelettrico i tecnici sanno di costruire su terreno franabile. La popolazione denuncia da tempo il pericolo di un terreno che continua a cedere, larghe fenditure per chilometri che si formano in poche ore… Al termine di un lungo e tormentato iter processuale, due sole condanne, il responsabile tecnico per il Vajont e uno dei responsabili della commissione collaudo, riconosciuti colpevoli di inondazione aggravata dalla previsione degli eventi compresa la frana e gli omicidi: il primo 3 anni e otto mesi, il secondo 5 anni, tre condonati.
Sono trascorsi cinquant’anni da quella tragedia. A quanto pare non abbiamo imparato nulla. Lo dice sconsolato Salvatore Valletta, presidente dell’Ordine dei Geologi pugliesi riferendosi alla tragedia che si è consumata a Ginosa con i suoi morti e il suo carico di distruzione: “A giudicare dallo stato del territorio italiano la tragedia del Vajont non è servita. Il territorio pugliese come quello di tutta l'Italia in queste ore sta dimostrando la sua fragilità ed esposizione alla pericolosità idraulica e geomorfologica. Oggi, come ieri possiamo solo esprimere un forte rammarico per le vite umane spezzate, vite di concittadini che nella loro quotidianità si sentivano protetti da uno Stato e da tutti quegli Enti preposti alla gestione del territorio: lo sforzo di questi anni non è bastato”.
Secondo l'Ordine dei geologi, occorrerebbe intervenire in tempi brevi e con azioni incisive”. E in particolare, è necessario “istituire il Servizio geologico regionale a supporto delle politiche regionali collegate all'ambiente e alla pianificazione territoriale, le cui competenze devono contribuire alla riduzione del rischio idrogeologico, e al monitoraggio strategico di alcuni rischi naturali”. Si ritiene urgente “aprire un tavolo serio e costruttivo nell'interesse delle popolazioni e del territorio pugliese, altrimenti, politicamente e moralmente risulterà paradossale inaugurare una nuova opera come una strada, un ponte, una scuola, un ospedale sapendo che altre porzioni del territorio non sono in sicurezza e con essi le popolazioni che li transitano o li risiedono”.
Cambiate la data di queste dichiarazioni. Retrodatatele di cinquant’anni fa. Parola più, parola meno quello che si è detto prima e dopo la tragedia del Vajont. E che chissà per quanto altro tempo ancora torneremo a ripetere. Maledetti!