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Spettacolo
August 15, 2013
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August 15, 2013
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I silenzi e i segreti del terrorista Giovanni Senzani in quel film confuso ed incerto

Valter VecelliobyValter Vecellio
Giovanni Senzani e Pippo Delbuono

Giovanni Senzani e Pippo Delbuono

Time: 4 mins read

Locarno. Alla fine della proiezione scroscia l'applauso, e ti guardi intorno smarrito, sgomento: quelle duemila persone che affollano il Palasport di Locarno trasformato in sala cinematografica, che cosa stanno applaudendo? Cosa c'è mai di meritorio e meritevole da applaudire in un film come “Sangue” di Pippo Delbono, che ha tra i suoi interpreti Giovanni Senzani? Sì, proprio lui: il brigatista rosso, capo della “colonna” napoletana che il 27 aprile del 1981 sequestra l'assessore regionale ai Lavori pubblici della Campania Ciro Cirillo, che verrà liberato il 24 luglio successivo, dopo il pagamento di un riscatto di un miliardo e 450 milioni di lire…Giorni tremendi, solo a ricordarli: le varie “colonne” brigatiste, ormai allo sbando, in quei giorni “giocarono” con le vite di quattro persone, per allacciare un “dialogo” tra loro. E così il 20 maggio la “colonna” veneta di Antonio Savasta rapisce l'ingegnere Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Marghera, e lo uccide il 6 luglio. Il 3 giugno la “colonna” milanese Walter Alasia rapisce il direttore della produzione dell'Alfa Romeo Renzo Sandrucci, e lo rilascia il 23 luglio; e ancora, il 20 giugno, la “colonna” guidata da Senzani rapisce e poi uccide Roberto Peci, il fratello di un brigatista “pentito”, Patrizio. Ucciso anche lui dopo 55 giorni di sequestro, e lo fa nel modo più atroce, filmandone l'esecuzione, al termine di un vero e proprio processo stalinista: terribile avvertimento per chi avesse coltivato l'intenzione di “pentirsi” a sua volta. Pagine oscure della nostra storia recente, su cui è steso un velo di omertà interessata: perchè si fece per Cirillo quello che non si volle, non si seppe fare per Aldo Moro? Quell'inquietante intreccio che vide agire e “trattare” servizi segreti, uomini di primo piano della Democrazia Cristiana, camorristi legati a Raffaele Cutolo, brigatisti rossi più o meno eterodiretti, è ancora oggi, a tanti anni di distanza, una pagina oscura, da scrivere.

Cosa applaude quel pubblico? L'immagine di un Senzani signore ormai anziano, che gioca in riva al mare col nipotino, e non tradisce un filo di rimorso e di ripensamento rispetto a quei giorni? Cosa applaude, l'edulcorato spezzone di filmato del funerale di Prospero Gallinari, un altro brigatista che non ha aperto bocca e di cose da dire ne aveva, “appuntamento” per il quale si dettero appuntamento patetici sopravissuti di una stagione terroristica che di rivoluzionario non aveva nulla se non la spietatezza del sangue versato? Ci voleva quel funerale perchè Senzani, acquistasse la consapevolezza che l'aver “ritrovato tutti i miei compagni mi ha permesso di capire che la nostra storia era veramente finita”? Cosi ottuso, nella sua monade stalinista, che ha avuto bisogno di quel funerale per comprendere che “era finita”, e chissà se ha preso atto della stupidità criminale che lo ha animato…Non si direbbe, a vedere “Sangue”, il film di Pippo Delbono, cui “non interessa parlare di terrorismo”, e che respinge l'accusa di indulgenza con la violenza, dicendo che da piccolo lui giocava con le bambole, e odiava le pistole. Già: come se fosse così semplice e facile…

Cosa applaude, quel pubblico? L'amicizia con Senzani è un suo fatto privato, cementata com'è da due lutti paralleli, quello di Delbono che perde la madre, fervente cattolica; e quello di Senzani, che perde la compagna che lo ha fedelmente atteso per 25 anni…Ma questa amicizia fatalmente si scolora e si perde in una trama confusa ed incerta; e passi per Senzani, ma neppure Delbono si rende conto che ci sono anche altri sentimenti, oltre a quelli suoi e dell'ex brigatista, che meritano rispetto, e dei quali non ci si può disinvoltamente disinteressare? L'Aquila, per esempio: è l'Aquila devastata dal terremoto, con i suoi morti, il suo immenso dolore, e tutto quello che ne è conseguito…Cos'ha a che fare con Senzani? No, quella vicenda non può fare da sfondo al discorso che propone Delbono. Qui proprio non ci siamo.

Ma non ci siamo neppure quando Senzani rievoca due episodi: quello della sua cattura e quello dell'esecuzione di Peci. Lo fa in modo freddo, senza tradire un'emozione, neppure un cambio di tono di voce, e si che descrive quella manciata di minuti che precede l'esecuzione. Neppure una sillaba di rammarico per quella vita troncata…Da questo punto di vista sì, è un documento impressionante, e inquietante.

Non voleva parlare di terrorismo, Delbono; ma se voleva parlare “semplicemente” della vita e della morte, dello strazio di vedersi sottratta una persona cara dopo sofferenze atroci, non era certo Senzani, personaggio discutibile, ambiguo quanto basta, la persona più adatta con cui avviare questo discorso. Quel Senzani che continua, imperturbabile a celare i suoi segreti e i suoi misteri (e valgano per tutti i contatti con le organizzazioni terroristiche straniere, i rapporti con il parigino Hyperion, e attraverso questi, i servizi segreti di questo o quell'altro paese).

La proiezione di questo film a Locarno ha sollevato una quantità di polemiche a cui non ci si unisce: perchè le censure, quali siano le motivazioni e le ragioni che le sorreggono, non ci piacciono; e dunque non ci si interroga sulla opportunità o meno di ospitare “Sangue” in questa rassegna. Però il film, il suo contenuto, i suoi meriti (che si fa fatica a scorgere), i suoi limiti (che non sono pochi), questo sì, lo si può e lo si deve discutere; e anche contestare. Troppo comodo, si ripete, dare la parola a un terrorista che non fa i conti con il suo passato, e poi limitarsi a dire: “Non mi interessava parlare di terrorismo”. Così come appare demenziale quell'ammiccante finale sulle rovine del terremoto abruzzese con quell'apparentemente bonaria riflessione sull'opportunità e la “bontà” dell'uso della violenza, sia pure respinta con una professione di fede buddista. No, davvero non ci siamo, anche se ci si augura che il film, al di là della volontà dichiarata dal suo autore, faccia discutere su un nostro recente passato, volutamente e interessatamente rimosso, cancellato, ignorato. Allora sì “Sangue” sarà servito a qualcosa.

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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