E’ morto a Roma, ad 85 anni, Fausto Cigliano, il più classico degli interpreti napoletani, considerato l’ultimo maestro della musica napoletana.
«Ci sono posti in cui vai una volta sola e ti basta… e poi c’è Napoli» così introdusse John Turturro il suo docufilm su Napoli e le sue canzoni: “Passione”.
“Io stregato dal suo canto davanti a Caravaggio” con queste parole ora John Turturro ricorda e celebra Fausto Cigliano e al Mattino di Napoli e dichiara: “………..oggi che Fausto Cigliano non c’è più, mi torna in mente prepotente, emozionante. In quel film che ho dedicato nel 2010 all’arte della canzone popolare avevo voluto Federico Vacalebre come mio Virgilio nel viaggio alla ricerca della melodia perduta e, grazie a lui, avevo incontrato gli ultimi maestri di una tradizione antica e prestigiosa come Cigliano, appunto, e Beppe Barra, Renato Carosone, Sergio Bruni e Roberto Murolo”.
In questo bellissimo docufilm John Turturro lo aveva voluto quale interprete di “Marzo” ai piedi del Caravaggio situato al Pio Monte della Misericordia. Marzo è del poeta Salvatore Di Giacomo:
“………..Marzo: nu poco chiove e n’ato ppoco stracqua:
torna a chiovere, schiove, ride ’o sole cu ll’acqua. Mo nu cielo celeste, mo n’aria cupa e nera: mo d’ ’o vierno ’e tempeste, mo n’aria ’e primmavera.”
In questo brano si trova la sintesi perfetta della musica con la poesia e lui era unico e John lo comprese appieno e, secondo me, con questo pezzo l’ho ha reso proprio immortale.
Qualche giornalista lo aveva anche criticato per il modo sobrio ed elegante e senza falsi modernismi con cui si presentava al pubblico.
La sua contemporaneità la esercitò anche al cinema con quei bei film in bianco e nero che segnarono il passaggio dal neorealismo di De Sica alla commedia dei musicarelli di Raffaello Matarazzo che lo volle in una delle sue pellicole come “Cerasella” al fianco di Mario Girotti (Terence Hill) e la bellissima Claudia Mori. Senza dimenticare Steno (Stefano Vanzina) che lo volle in “Guardia , ladro e cameriera” con Nino Manfredi e Luciano Salce.

Fausto iniziò con la musica nel lontano 1956 come riassuntore ovvero reinterpretava in una formula stringata le canzoni dei concorrenti al Festival di Napoli finché, nel 1959, lo vinse con “Sarrà chi sa” insieme a Teddy Reno. Nello stesso anno era andato anche a Sanremo dove sarebbe tornato altre due volte e nel 1964 avrebbe portato il brano “E se domani”, diventato poi un grandissimo successo con Mina. Nel ’67 era arrivato anche in finale a Canzonissima dove dominava Claudio Villa con un giovane Gianni Morandi e dove, poco dopo, si affacciò Massimo Ranieri.
Al contrario di un’apparente seriosità affibbiategli da alcune testate lui era anche molto spiritoso come ai mondiali in Messico nel 1970 a cui dedicò “Ossessione ‘70”.
La sua carriera nelle canzoni e nella musica è stata enorme, ma qui voglio ancora sottolineare dopo aver ricordato l’utilizzo di Fausto da parte di due importanti maestri del cinema come Steno e Turturro non si può assolutamente dimenticare come il maestro Michelangelo Antonioni lo volle in un “cammeo musicale” con la sua chitarra classica nel film “Identificazione di una donna” che valse ad Antonioni il premio al 35° Festival di Cannes: il brano si chiamava “Soavesito” di Henghel Gualdi.