C’è un lungo percorso artistico a contraddistinguere Francesco Baccini, cantautore genovese con le atmosfere di Billy Joel nell’anima. Un cammino che parte dagli anni ’80, passa dai concerti e arriva al grande schermo. “Non sono cambiato poi così tanto – sorride – Sono sempre stato un po’ eclettico”. Ed ecco che in questi giorni il film di cui Baccini ha scritto la colonna sonora, e in cui ha recitato, sbarca negli Stati Uniti nell’ambito della “Los Angeles Italia Film Fashion and Art Festival”.
Si intitola “Credo in un solo padre” ed ha la regia di Luca Guardabascio. Tratta la violenza contro le donne con una grande sensibilità, tanto che hanno partecipato al progetto anche alcune vittime. È stato girato nel 2019 ed è anche l’ultimo film a cui ha preso parte Flavio Bucci, il “Ligabue” della serie tv del 1977, morto l’anno scorso a febbraio. Proprio in questi giorni, è stato presentato il video della canzone che il cantautore genovese ha scritto per il film, insieme alle musiche. Si intitola “Senza rumore”. Con musiche, testo e una grande empatia, Francesco è riuscito nel paradosso: rendere prima poetico il dolore, e poi commuovere. Un tema attuale, quello della violenza di genere, perché con la pandemia, tra le mura domestiche, i casi si sono moltiplicati.
“Coppie al limite – commenta Baccini – che con il lockdown hanno peggiorato i loro rapporti. Ma ci sono anche altre situazioni da un anno a questa parte. Un insegnante mi ha raccontato che, all’associazione di cui fa parte, molte ragazze segnalano di essere state importunate da familiari, tra le mura domestiche. Spesso lo fanno con email anonime: fanno fatica a denunciare”.
Dicevamo che il percorso artistico di Francesco Baccini è lungo e variegato. Dall’album di esordio (Cartoons – 1989) ogni sua canzone è profondamente differente dalle altre perché “ho voluto da subito dare questa cifra stilistica. Come mi diceva Fabrizio (De André ndr) noi siamo condannati a stupire. Ho sempre voluto farlo da solo. Giocando, sin dal primo disco, con i generi musicali, solo chi mi conosce bene lo sa”. Ha una grande ammirazione per i Queens e la loro Bohemian Rhapsody, il cui video oggi è tra i più visti del web, tanto che conta oltre un miliardo e 300 milioni di visualizzazioni.

Ma è il blues a colpire Francesco dritto al cuore. Succede molto presto, da ragazzo, con un compagno di scuola americano, Douglas, che suonava il basso. “I miei riferimenti erano stranieri, Billy Joel in testa. Il mio pezzo Penelope è chiaramente ispirato a Piano Man. Honesty mi riporta al primo bacio”. Parole o musica: cosa viene prima? “Io sono un musicista che poi è diventato cantautore, la musica è la prima cosa”. Tre cani e due oche, il fiume e, poco distante, il Lago di Como: Francesco vive in campagna ed è lì che si concentra “Sembra il paesaggio di un film della Disney, sono molto fortunato” dice dei luoghi che lo circondano.
Eppure ama anche la frenesia della metropoli. Ricorda con un sorriso la sua prima volta a New York, da ventenne squattrinato “Sono andato in America in nave, facendo il mozzo perché non avevo una lira. Ospite di Douglas, a Milwaukee, ho imparato l’inglese. Poi, primati rientrare in Italia, sempre in nave, ho voluto vedere New York, ma mi sono fermato solo tre giorni. Ci sono poi tornato altre volte, in aereo”. Negli anni ’90 lo si poteva incontrare spesso a TriBeCa. Oppure nel ristorante, ormai chiuso da tempo, che aveva fatto scoprire ai vip di Manhattan il pesto. Lo avevano aperto i figli del titolare di una locanda di Genova che Francesco frequentava da liceale, a Castelletto, “I Tre Merli”.
È in quel periodo che, insieme a Paolo Belli, Baccini sale sul palco di Saint-Vincent Estate. Era il 1990, l’epoca dei Ladri di Biciclette. Il tormentone di molte estati. L’anno in cui chi vi scrive lo ha intervistato per la prima volta. Francesco non vuole restare fermo al ricordo di quel brano, per quanto ne sia affezionato. Gli piace si comprenda il suo percorso musicale, che spazia, come detto, anche in molto altro. E prende spunto anche dal passato.
Per tre anni, ha portato in tutta Italia il suo tour “Baccini canta Tenco”. Un’interpretazione superba e matura di un artista morto troppo giovane. Lo spettacolo si sta trasformando in documentario. Perché se è vero che non esiste una sola immagine dei concerti di Luigi Tenco, lo è altrettanto che quel tour di Baccini ha colmato, in qualche modo, un grande vuoto. Il docufilm metterà a confronto i due artisti e sarà distribuito dopo l’estate. Covid permettendo, tornerà in scena e, dice Francesco, “Abbiamo anche l’idea di stampare il vinile”.

E poi c’è, come detto, il grande schermo. “Ho sempre avuto un modo molto recitativo di stare sul palco. Tanto che all’inizio della mia carriera mi è stato chiesto di fare cinema da diversi registi. Io però non mi sentivo pronto, era il periodo de Le donne di Modena, ho pensato che dovevo concentrarmi sulla musica. Poi, nel 2009, ho accettato di recitare in Zoé (favola per adulti di Giuseppe Varlotta presentata al Giffoni Film Festival ndr) in tanti mi chiedevano se avessi smesso di cantare. Ma perché? E’ sempre arte, un modo di esprimersi, se c’è un talento e l’opportunità si può fare in tanti modi. L’unico rimpianto della mia vita è di non essere andato, all’inizio della carriera, in America anziché a Milano. La visione lì è differente”.
Meno settorialità, più meritocrazia. È questo, in sintesi, ciò che piace a Baccini. Che a 60 anni ha imparato a destreggiarsi con i nuovi social, proponendo dirette, inventandosi format, reinventando il modo di stare con la gente, talvolta parlando del Genoa, oppure improvvisando concerti notturni in streaming per pochi intimi. Contrario ai falsi miti, e arrabbiato con chi provoca il decadimento culturale, qualche polemica ogni tanto gli scappa, ma oggi le lasciamo da parte.
È la settimana del cinema italiano, quella prima degli Oscar. Per la sedicesima edizione del “Los Angeles Italia Film Fashion and Art Festival”, rassegna promossa dall’Istituto Capri nel mondo, i film in primo piano saranno ben quarantadue, con premiazioni d’eccellenza, streaming e proiezioni. Una fetta di arte e italiana, di cui Francesco è uno dei tanti fiori all’occhiello.