Al Broadway Tall Hall, piena Midtown, Fiorella Mannoia si è esibita il 23 febbraio in un concerto che è stato un successo esilarante. E’ il sogno di ogni artista esibirsi nei dintorni di Times Square, dove luci, musica, balli e stravaganza regnano sovrani. Ma non si tratta solo di questo, perché dentro le note di Mannoia c’è una cultura intera, che si tratti delle sue canzoni o di tutti i tributi che ha voluto dedicare ai grandi artisti italiani, da Mina a Dalla, a Battiato e Battisti.

Appena messo piede al Tall Hall, infatti, quello che ci ha colpito è stata l’atmosfera italiana; sembra quasi di essere tornati in patria. Si sentono dialetti differenti, dal calabrese al milanese; e si vedono persone con ogni esperienza! Italiani appena arrivati, italiani turisti, italo-americani, tutti che aspettano in un unico teatro di vedere Mannoia esibirsi con la stessa leggiadria e gioia che si potrebbero attribuire ad una bimba. Un’artista che significa per loro memoria e buona musica allo stesso tempo. Questa è l’atmosfera che colpisce.
L’incontro tra buona musica e memoria è stato, infatti, fondamentale. C’erano ragazze, adulti, anziani; persino una bambina, insieme a noi, nel backstage, che di Fiorella non aveva mai sentito parlare ma, sorridente, era contenta di conoscere chi canta le canzoni che suo padre le fa ascoltare.

Aspetto difficile da far risaltare, in un teatro come il Tall Hall. Il pubblico sembrava, soprattutto all’inizio, ammanettato alle poltroncine senza potersi muovere quando Fiorella è entrata in scena.
Nonostante ciò, l’artista, muovendosi sul palco, ha fatto alzare tutti. Più andava avanti il concerto, più il pubblico si animava. C’era chi le consigliava che canzone cantare – “facciamo tutto, facciamo tutto”, rispondeva lei; c’è stato il momento degli striscioni; e il momento delle rose che le fan le hanno portato mentre lei cantava “portaci delle rose” di Quello che le donne non dicono.
L’artista ha cantato canzoni dall’ultimo disco, grandi pezzi, come Le notti di maggio e Il cielo d’Irlanda, e tributi, come Insieme e Caruso. Un mix vincente, che ha da una parte accomunato tutti i presenti; e dall’altra, ha creato un escalation di emozioni. Prima sono iniziati gli applausi. A metà concerto, gruppi interi di persone hanno iniziato a spostarsi sotto il palco. Sui brani finali, la standing ovation era d’obbligo.
E lei, intanto, continuava a ballare, saltellare felice sul palco, cantare. E, tra una canzone e l’altra, ha introdotto il suo ultimo disco, Combattente, un disco di “donne che combattono per la propria dignità, ma anche per ritrovarla”. In maniera sottile, ha poi parlato di immigrazione, tema che l’ha spinta a iniziare la riflessione sul Sud; il sud italiano, che storicamente “è stato derubato, e i briganti non erano straccioni ma resistenti”, e il sud del mondo.
E’ così che ha iniziato a scrivere i suoi testi, per empatia. E quale posto migliore per raccontarlo? “Voi sì che sapete cosa vuol dire andarsene via” ha affermato commossa prima di iniziare a cantare In viaggio, la canzone su una madre che vede partire la figlia e le da i consigli che le serviranno per il resto della sua vita. “Non c’è bisogno di essere madri, per sentirsi madri”, ha continuato.

Dopo il concerto, siamo riusciti ad avvicinarla, anche se per pochi minuti. “Non è la prima volta che vengo qui, ma New York è sempre New York”, dice con gli occhi di chi, di questa città, ne è innamorato. Ma non è solo America che ha incontrato. Durante questi giorni è riuscita anche ad incontrare una parte d’Italia, quella parte che “ha bisogno di sentirsi attaccato alle proprie radici” e che grazie a lei, stanotte, si è sentita un po’ meno lontana.

Domani, ricomincia a New Orleans la stessa avventura. In bocca al lupo!
Di seguito, la SCALETTA (21 brani):

Quello che le donne non dicono

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