Serata speciale per l’orgoglio trentino, quella di venerdì 9 febbraio 2018. Il palcoscenico della Weill Recital Hall, all’interno della prestigiosa Carnegie Hall, ha accolto il Musical Vocal Ensemble della Scuola di Musica Celestino Eccher di Cles, Val di Non, formato da dieci professionisti e docenti, più la direttrice della scuola, Chiara Biondani. L’occasione è stata un viaggio “educational”, che ha portato a New York City, oltre al coro di professionisti, il coro giovanile della Scuola di Musica, formato da 31 giovani coristi — 23 ragazze e 8 ragazzi — dall’8 al 14 febbraio 2018.
Fondata nel 1986, la Scuola di Musica Eccher opera su nove sedi dislocate su due valli montane, affiancando all’attività didattica musicale quella di agenzia culturale e formativa. Oltre a formare cori di voci bianche, orchestre giovanili e gruppi bandistici, l’istituto si è recentemente affacciato anche al mondo della musicoterapia e dell’organizzazione di rassegne musicali.

Principale finalità del progetto newyorkese? Un percorso formativo per ragazzi dai 15 ai 22 anni articolato sulla memoria, rivolto alla comunità trentina che vive a New York City — in particolare la seconda generazione, figli e nipoti degli emigranti trentini e nonesi — e che li vede esibirsi in eventi corali pubblici presso la St. Paul Chapel, la Transfiguration Church a Maspeth, il Club Trentino New York nel Queens e presso il Convento di Suore del Preziosissimo Sangue di Brooklyn, dove i ragazzi e i docenti peraltro risiedono durante il soggiorno newyorkese. Tutto questo grazie alla collaborazione con l’associazione Trentini nel Mondo di Trento, l’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento e il Club Trentino New York rappresentato dal Presidente Michael Pancheri.
Oltre a esibirsi nei contesti sopraelencati, i ragazzi hanno anche avuto il privilegio di aprire “Art For Two” — il concerto con tre pezzi scritti dal compositore di fama mondiale Arthur Gottschalk — intonando “Suite Italiana”, un piccolo ricordo musicale italiano elaborato da M. Armando Franceschini, un medley di arie meravigliosamente d’antan che, possiamo dire, appartengono al corredo genetico di qualsiasi italiano, di qualsiasi generazione. Quelle melodie che ti sciolgono il cuore, tanto più se sei un expat, e l’Italia è una spiaggia lontana. “Baciami piccina”, “O mia bela Madunina”, “Ma le gambe”, “Arrivederci Roma”.

Così, prima dell’inizio del concerto, i ragazzi, seduti nelle prime due file della platea, si sono alzati, si sono girati verso il pubblico, e hanno cominciato a cantare. Noi de La Voce di New York eravamo presenti in galleria, e abbiamo notato, dall’alto, lo stupore e l’incanto del pubblico davanti a quel fuoriprogramma: dei giovani che attaccano a cantare — a cantare in italiano! — in un concerto dal programma solo strumentale. Esibirsi e stupire nel tempio dei giganti della musica internazionale: niente male per dei “piccoli” di un piccolo paese come Cles, di una piccola regione come il Trentino…

Il viaggio a New York è nato dalla collaborazione tra la Scuola Musicale Eccher e il maestro Arthur Gottschalk per la presentazione sul palco della Carnegie Hall di un nuovo lavoro discografico siglato PARMA Recordings nel quale l’Ensemble Vocale Eccher ha eseguito un brano corale.
L’ingresso sul palco dell’Ensemble è stato memorabile, e forse il pubblico americano non ha potuto coglierlo a pieno, per ovvio deficit culturale regionale. Ma noi italiane, anzi, noi trentine, l’abbiamo colto eccome.
I coristi e la direttrice Biondani sono entrati in scena canticchiando, interpretando, ripetendo a voci che apparentemente sembravano andare ciascuna per conto proprio, il tormentone che da sempre scioglie le lingue degli italiani, e perseguita i trentini… “Trentatré trentini entrarono a Trento tutti e trentatré trotterellando”. Il modo scanzonato, all’insegna del ludico e del divertissement con cui questi professionisti hanno rotto il ghiaccio e anticipato il mood della loro interpretazione di lì da venire ci ha lasciato piacevolmente stupefatti. Mai ci saremmo aspettati tanta audacia e tanta ironia da un coro che calca per la prima volta il palco di una sala da concerti come la Carnegie Hall, tempio sacro che fa tremare le ginocchia ai professionisti più navigati. Poi il coro si è cimentato nel brano scritto da Sauro Berti “Alifavole Op. 5 For Soloist and Some Friends”.

Protagonisti della serata, il citato Sauro Berti, fine clarinettista, di nascita cesenate e adozione romana, e la pianista Naomi Fujiya, nata in Giappone ma di base anche lei romana.
Il duo, in realtà, doveva essere un trio. Il sassofonista Mario Ciaccio avrebbe dovuto essere il terzo. Cartoline pronte, biglietti stampati, programmi scritti. Purtroppo il DHS, il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, ha deciso di applicare alla lettera le regole — assurde — che regolamentano l’approvazione degli ESTA. Tre anni fa Ciaccio si è esibito in Iran. E questo gli è costato l’ingresso in America e la partecipazione ad “Art For Two”. Sì perché dal 21 gennaio 2016 è entrata in vigore la disposizione per cui ai cittadini di paesi rientranti nel Visa Waiver Program — tra cui l’Italia — che hanno effettuato viaggi, o risultano essere stati, in Iran, Iraq, Sudan o Siria a partire dal 1 marzo 2011, viene negato l’ESTA, e quindi l’ingresso temporaneo negli Stati Uniti. Questi soggetti possono fare richiesta di visto, ma non possono entrare negli Stati Uniti come turisti.

A nulla è valso l’intervento dell’Ambasciata Italiana. Ciaccio purtroppo è rimasto in Italia, incastrato negli ingranaggi infernali dell’Immigrazione stelle-e-strisce, e il concerto ci ha rimesso un talento. Ciò che inquieta è l’irreversibile che caratterizza questa norma: non si può riscrivere quello che è stato, non si possono cancellare i viaggi compiuti, neppur volendolo. E’ come far ricadere sul presente le “colpe” del passato — come se portare la propria arte in un paese fosse una colpa… Eppure le cose stanno tristemente così. E con il travel ban proposto da Trump non hanno fatto che peggiorare…
Dopo aver spiegato alla platea lo spiacevole accaduto, il maestro Gottschalk ha giustamente dedicato “Art For Two” a Ciaccio.
A parte questa triste nota, il concerto è stato un successo. C’è da augurarsi che queste collaborazioni, da fortunate ma sporadiche congiunture di eventi, si trasformino in iniziative fisse, regolari, annuali, e che le istituzioni tutte — Stato, Provincia, scuole, Comuni, famiglie — facciano sistema e s’impegnino il più possibile per sostenerle. Investire nella formazione dei giovani è proteggere il futuro dell’Italia.
