Nell’epoca in cui sono i talent in tv a stabilire chi e cosa avrà successo, ci sono ancora luoghi dove la musica live è protagonista. Si chiama New York Songwriters Circle il posto in cui molti sogni diventano reali per gli artisti sia esordienti che professionisti che hanno la possibilità di esibirsi ed esprimere al meglio la loro vena creativa. Ha avuto la fortuna e il talento di arrivarci un nostro connazionale, Dado Bargioni, musico-terapista cantautore nato anagraficamente ad Alessandria, a cavallo fra la pianura e le colline nel cuore del Monferrato, ma artisticamente un songwriter cresciuto tra Londra e New York. Lo ha accolto per una performance dal vivo, lo scorso 2 ottobre, il club Bitter End al 147 di Bleecker street, dove il New York Songwriter Circle si riunisce una volta al mese.
Il circolo nasce 25 anni fa da un’idea di Ken Gorka della cantautrice e vocal coach americana Tina Shafer (autrice, tra gli altri, di Celine Dion), che ne è ancora oggi la direttrice.
Il Circolo dei cantautori è stato la “casa” di alcuni dei migliori artisti americani degli ultimi tre decenni tra cui la vincitrice del Grammy – Norah Jones (scoperta dalla Shafer), George David Weiss, Lisa Loeb, il pluri premiato Steven Dorff, il vincitore del Grammy Jesse Harris, the Spin Doctors, Siedah Garrett (autrice di “Man in the Mirror” per Michael Jackson), Judy Collins, John Oates (Hall & Oates), Marc Cohn, Garland Jeffreys, Phoebe Snow, Rob Mathes, Marcus Hummon, Vanessa Carlton, Gavin DeGraw, Lana Del Rey, Ian Axel e molti altri…

Abbiamo intervistato Dado Bargioni al ritorno dalla sua performance newyorkese.
Raccontaci la tua esperienza al Bitter end. Come avvengono le selezioni per suonare ?
“Ogni primo lunedì del mese il NYSC si riunisce al Bitter End (locale nel quale si sono esibiti Bob Dylan e mille altri grandi ) per una serata completamente acustica all’insegna dei migliori cantautori emergenti (ed ospiti importanti) che si dispongono a semicerchio sul palco alternandosi nelle performances. Ognuno ha a disposizione tre canzoni e di solito ci si alterna in 4 o 5 artisti. Da questo nasce un vero e proprio contest. Il vincitore si esibisce niente meno che al Madison squadre garden durante una partita dell’ Nba”.

Tu hai seguito questa procedura?
“Conosco Tina da anni, da quando abbiamo cominciato un rapporto epistolare via Mail, nel 2008. Ero incappato nel sito del NYSC perché avevo trovato due parole di grande significato per me: New York e songwriter! Così ho trovato il suo contatto e le ho scritto, ottenendo subito una riposta. Ero affascinato da questa formula aperta a chi ama fare musica in un luogo mitico di New York, il cui palcoscenico è stato calpestato da tanti artisti durante gli anni. Il progetto è vincente ed è esteso anche in altri club di Nashville, Los Angeles, Boston e Philadelphia”.
Come sei arrivato a suonare al Bitter End?
“Quest’ estate Tina mi ha invitato ufficialmente ad unirmi ad un gruppo di talenti americani per una serata speciale al club il primo lunedì di ottobre. Ho cantato tre brani del mio recente repertorio. Esibitosi per quinto (e ultimo del “circle”), ho aperto la serata con una briosa “La Spina del Mondo” presente nell’album di prossima pubblicazione, in uscita a dicembre 2017, “Il pezzo mancante” dei Dado Bargioni Quattro +. Ho proseguito con la melodica “Le Code degli Aeroplani”, sempre dallo stesso CD, per concludere con “Mo’ Better Blues/To the Top”, presente nella colonna sonora della serie televisiva di Raiuno “Tutto Può Succedere”, eseguita per l’occasione proprio con Tina Shafer, (al piano e alla voce)”.
Che differenza hai notato nel pubblico americano ti ha ascoltato e come lo hai coinvolto?
“Qui hanno molta più attenzione per i musicisti che propongono brani loro, l’inedito è molto gradito e ho notato molta partecipazione ed entusiasmo. Il secondo brano che ho eseguito ha una melodia orecchiabile che gli ascoltatori americani hanno associato a quella della canzone “Nel blu dipinto di blu”. Ho concluso la mia performance con un pezzo ritmato, in duetto proprio con Tina e la gente si è lasciata coinvolgere facilmente. Inoltre ho usato testi in italiano ma ho avuto cura di disporre sui tavoli la traduzione in inglese, per meglio far intendere a tutti ciò che cantavo. Insomma, ho portato un po’ di sano spirito italiano al club, sul palco e ho avuto un ottimo responso!”.

Cosa ti lega a New York oltre a questa avventura musicale ?
“Moltissimo, le mie radici come formazione da cantautore affondano qui, dove Billy Joel, James Taylor e altri professionisti che amo sono nati e cresciuti artisticamente. Non vuole essere il solito cliché ma è da qui che nascono i sogni e prendono forma, magari quella di una canzone.
Aggiungo che questo modo di fare scouting è vincente, perché avvicina il musicista a chi lo ascolta nella forma più diretta, cioè la performance live acustica, senza telecamere, ne costumi ne trucchi. Solo un artista con ciò che ha da dire, in una stanza con persone attente e curiose. E se avviene a New York…è magia!”.
Tu sei musico-terapeuta in italia e lavori con ragazzi e bambini con disabilità. Come lega questo alla tua carriera di cantautore?
“In entrambi i casi uso la melodia e la ritmica per toccare le corde delle persone. È un ottimo mezzo di comunicazione a prescindere dall’ascoltatore e crea legami, una sorta di alchimia che solo la musica sa creare”.