Ormai siamo abituati agli eventi culturalmente stimolanti che l’Istituto Italiano di Cultura di New York ci riserva, ma il 9 gennaio scorso ci è toccato un vero e proprio lusso. Ospite d’eccezione al 686 di Park Avenue, nell’ambito degli incontri “Direttori d’Orchestra italiani a New York”, il Maestro Gianandrea Noseda.
Direttore Musicale del Teatro Regio di Torino dal 2007, tra i direttori d’orchestra più noti al mondo, Noseda è appena stato nominato Direttore Musicale della National Symphony Orchestra presso il Kennedy Center di Washington DC, l’ennesimo coronamento di una carriera ricca di fama e successo.
International Opera Awards Conductor nell’anno 2016 e Musical America’s Conductor nel 2015, Noseda è stato anche nominato Direttore Ospite Principale della London Symphony Orchestra nella stagione 2016-2017 — un impegno che conta di assolvere in parallelo a quello presso il Kennedy Center a Washington. Il mese di gennaio lo vede fare la spola tra New York City e la Capitale, essendo impegnato al Met a dirigere Roméo et Juliette, celebre opera di Charles Gounod.
In conversazione con il musicologo Harvey Sachs, il Maestro ha incantato il pubblico dell’Istituto con il suo eloquio appassionato e la sua sconfinata cultura musicale. Ha dato anche prova di grande generosità svelando l’opera nel suo farsi quotidiano. “Le singole parti di un’opera devono essere provate separatamente. Prima i cantanti insieme al Direttore. Poi il Direttore e l’orchestra. Poi il mastro del coro e il coro. Nel frattempo, il palco è un viavai di persone impegnate nelle attività più diverse — coreografie, luci, costumi, ecc… Piano piano tutto si compone… È molto difficile: tutti questi elementi separati devono armonizzarsi, funzionare all’unisono. Ma quando succede, è un miracolo. Ed è proprio questo, per me, l’opera: un miracolo. Quando capita — e capita una volta su cinquanta! — risulta semplice. È come toccare il cielo con un dito… E non ci sono ragioni precise per le quali le altre 49 volte non funziona — di ragioni, a dire il vero, ce ne possono essere una gran quantità… Ma quello che conta sopra ogni altra cosa è la presenza del Direttore dall’inizio alla fine. Il Direttore deve essere sempre lì, e non intendo dal primo minuto, ma dal primo secondo, per poter supervisionare i lavori, e facilitare il compito a tutti”.
Incalzato da Sachs, Noseda ha spaziato in lungo e in largo, dall’atmosfera tesa e drammatica di Roméo et Juliette sin dalle prime battute, all’uso del cromatismo dopo Tristan und Isolde, dall’innovazione e sperimentalismo di Berlioz, all’imprevedibilità dei compositori francesi.
Il Maestro Noseda ha anche riflettuto sulla situazione attuale dell’opera in Italia, provando di conoscere approfonditamente le dinamiche di mercato sottese all’opera oggigiorno. “Dobbiamo prendere atto di un fatto: è impossibile paragonare la domanda di opera oggi con quella del passato. Pavarotti, Domingo, Carreras riempivano i teatri negli anni ‘80 e ‘90, così come Toscanini nel primo ventennio del ‘900, in America. Vendevano. Ma i tempi sono cambiati. Dobbiamo affrontare questa nuova epoca che presenta un’offerta artistica molto più vasta e ricca rispetto a un tempo —un po’ come con la televisione: una volta c’era solo Rai Uno, adesso ci sono un’infinità di canali. La gente non è più disposta a comprare un abbonamento da 25 ingressi all’anno: preferisce decidere all’ultimo, optare per ingressi singoli. E il pubblico sta diventando sempre più esigente. Pertanto dobbiamo essere creativi, innovare, offrire sapori diversi: non possiamo servire sempre la solita minestra… Per esempio La Bohème che abbiamo appena messo in scena a Torino si è contraddistinta per coraggio, creatività e modernità. Dobbiamo trovare il modo di rendere l’opera attraente”, e conclude, “non dobbiamo preservare l’opera: dobbiamo rivitalizzarla. Ci servono nuove opere, e dobbiamo correre dei rischi. Dopotutto, non hanno forse corso dei rischi Mozart, Bach, Beethoven con la sua Missa Solemnis, Verdi con il suo Falstaff? È una grande sfida, ovviamente”.
Parlando di sfide come Direttore d’orchestra, Noseda ammette che, in base alla sua esperienza, l’opera più faticosa in termini di energie, livello di concentrazione e preparazione, e di resistenza necessaria per affrontarla, è Guerra e pace di Prokofiev. “Una delle più lunghe mai scritte; mantenere il controllo dell’orchestra, mantenere il controllo di tutto quanto, e al contempo raggiungere una sorta di libertà esecutiva, è estremamente complesso. Quanto alle mie opere preferite, invece, dico sempre di adorare quella che mi ritrovo a dirigere, quindi al momento, ho occhi solo per Roméo et Juliette di Gounod”.
Felicità, responsabilità e trepidazione sono le emozioni principali che Noseda confessa di sentire nell’assumere l’incarico al Kennedy Center a Washington. “Essere il Direttore Musicale della National Symphony Orchestra nella Capitale è importante: tutto ciò che fai in posti di rilievo come questo richiamano attenzione, sono sotto gli occhi di tutti, quindi la responsabilità si sente, naturalmente. Ma sono anche impaziente di cominciare! L’Orchestra ha un grandissimo potenziale, il Kennedy Center è un posto incredibile e sarà bello vivere per un po’ a Washington”.
Dopo aver girato e vissuto il mondo in lungo e in largo — Austria, Cina, Francia, Germania, Spagna, Repubblica Ceca, Giappone, Russia, Stati Uniti — sul luogo in cui si sente più a casa, Noseda risponde: “Posto che sono grato di essere italiano, devo dire che ovunque io vada — assieme a mia moglie Lucia, che viaggia sempre con me — mi sento a casa. Tuttavia, dovessi scegliere un paio di posti, direi che provo un legame particolare per San Pietroburgo e Gerusalemme”.
Sapere che là fuori c’è un Maestro Noseda impegnato a portare bellezza e talento nel mondo, solleva gli animi e ci calma quando l’Italia ci fa impazzire con le solite storie, l’ennesimo piangimerenda…
Se capitate a New York il 21, il 25 e il 28 gennaio, cercate di non perdervi la bacchetta del Maestro Noseda al servizio di Roméo et Juliette al Met.