Al debutto quest’anno con Fetish Bones, Moor Mother si è distinta nella scena indipendente come uno dei progetti più coraggiosi e originali dell’anno. La titolare del progetto è Camae Ayewa, nata ad Aberdeen, piccolo centro del Maryland a netta maggioranza bianca, a 40 chilometri da Baltimora. Cresciuta in una famiglia molto religiosa, legata alla chiesa della zona dai tempi della fondazione della città, come molti giovani talenti del suo quartiere, inizia il suo percorso musicale all’interno del coro gospel della chiesa. Dal soul intraprende percorsi hip hop e o fonda una band insieme ad altre amiche, le Sister Soldier. I contenuti sono fin dal primo momento molto radicali e politicizzati, le sonorità subiscono le influenze di generi apparentemente distanti dal rap, dal reggae al post-punk. Tra le loro influenze musicali, citano Operation Ivy, 7 Seconds, X, Sleater-Kinney.
Camae non è interessata solo alla musica. Il motivo che la spinge al trasferimento a Philadelphia infatti è l’iscrizione al corso di laurea in fotografia dell’Art Institute. Non ha molte foto della sua infanzia e della sua adolescenza ed è questo uno dei motivi principali che le mettono in testa l’istinto a immortalare le sue esperienza di vita. L’avventura all’Art Institute dura poco. La scuola è troppo costosa e presto si vede costretta ad abbandonare gli studi per reimmergersi nel suo percorso musicale.
Inizialmente è ingaggiata da bassista e voce in due band DIY della scena di Philly, le Girls Dressed As Girls e i Mighty Paradocs. Sono sei anni di gavetta nei circuiti underground della città che parallelamente le consentono di lavorare negli ambiti più disparati legati, dall’organizzazione di eventi alle sonorizzazioni, dalle performance ai reading letterari. In questi anni nasce il suo progetto solista Moor Mother che si fa conoscere sul web grazie a Of Blood, crudo inno femminista sul tema del ciclo mestruale e dell’identità della donna.
Molto prolifica, pubblica oltre 100 registrazioni sul suo Bandcamp, i suoi testi sono ispirati alla poesia di Maya Angelou, June Jordan. Attivista, poeta, performer, nel marzo del 2016 fa parlare molto di sé nei giri che contano grazie a HOUR/SHIFT, una performance di 14 ore che presenta come un atto sonico di protesta per solidarizzare con le donne sopravvissute a violenze sessuali domestiche e un’altra opera a tema in tributo alle vittime afroamericane della Guerra Civile americana. Tra i suoi progetti spicca Black Quantum Futurism e i Community Futures Lab, una serie di workshop organizzati insieme alla sua partner Rasheedah Phillips che reinterpretano in termini contemporanei la cultura black di Philadelphia. Per finanziare i suoi progetti, ottiene un lavoro come insegnante di calcio e basket in una scuola.
In primavera inizia finalmente a pensare al suo disco di debutto, un concept che lei definisce distopico, sulle difficoltà della comunità americana dallo schiavismo federale alla segregazione per arrivare al degrado dei ghetti neri passando per l’epopea delle carceri statunitensi. Moor Mother è una poetessa noise, il cui spettro di influenze musicali va da Sun Ra ai Death Grips. Fetish Bones, uscito a fine settembre per Don Giovanni, è un viaggio alienante e a tratti disturbante pieno di riferimenti letterari e crude narrazioni metropolitane, dove la voce di Camae è sommersa da cascate di distorsioni e arrangiamenti cacofonici.
Tra rap, noise, hardcore e pulsioni afro-beat, il movimento di protesta afroamericano ha trovato una nuova voce per una stagione che si preannuncia incandescente.