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September 22, 2016
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Mick Jenkins, il poeta hip hop adottato da Chicago

Dopo due anni di gestazione, arriva "The Healing Component", in uscita su Cinematic Records

Piero MerolabyPiero Merola
mick jenkins
Time: 4 mins read

Sono passati quasi due anni prima di arrivare alla fatidica data del 23 settembre, giorno di pubblicazione di The Healing Component, LP di debutto di uno dei talenti più intriganti della nuova scena hip hop. Mick Jenkins non ha una fedina penale problematica, si veste bene, sa quello che dice e ha un approccio piuttosto introverso e intellettuale nell’uso delle parole. La voce cupa e profonda è l’ideale voce narrante di una storia metropolitana vista da chi l’ha vissuta con distacco, senza farsi sedurre dai classici eccessi di tanti suoi coetanei della sua generazione. Risulta anzi piuttosto strano che un rapper così sofisticato abbia già avuto modo di farsi notare. Soprattutto se si considera la sua provenienza, South Side Chicago, città che l’ha adottato da giovanissima accogliendo tra le sue strade questo ragazzo di Huntsville, Alabama.

I suoi sono molto religiosi e apprensivi e cercano di tenere Mick lontano dalle gang che spadroneggiano sulla 79ª Strada dove sorge la sua scuola superiore. Educato letteralmente a casa e chiesa, si divide tra il corso di teatro della chiesa stessa e va a messa più volte nel corso della settimana.

Anche rispetto ai relativamente morigerati colleghi e concittadini Vic Mensa e Chance The Rapper che vi abbiamo presentato su queste pagine (e con cui finirà a collaborare nel 2013), Jenkins è un ragazzo per bene, anche troppo, come pochissimi altri casi nella scena. Non reagisce con ribellione e trasgressione a questa rigida morale avventista che permea la sua vita.

Si dà alla poesia, viene preso come stagista in tribunale entrando in contatto con un mondo più vicino alla cruda realtà di tutti i giorni. Neanche il tempo di ambientarsi che i suoi lo spediscono di nuovo in Alabama, alla Oakville University, istituto da loro frequentato da giovani e gestito, nemmeno a dirlo, dalla chiesa avventista del Settimo Giorno. Si laurea in Pubbliche relazioni, entra in una sorta di collettivo letterario di poeti in erba, Art and Soul. Finalmente con queste conoscenze e soprattutto con la figura chiave di Jon-Pierre che gli farà da manager, si mette alla prova con il rap.

Nel giro di pochi mesi pubblica i suoi primi mixtape, The Mickstape e The Pursuit of HappyNess: The Story of Mickalascage Per una serie di circostanze impreviste, tra cui una relazione finita e il trasferimento di suo padre in un’altra città dell’Alabama, si trova senza una stanza, così nel 2012, torna a Chicago, nel cuore della scena drill. Nella zona in cui va abitare a Chicago South Side  ci sono decine di omicidi al mese, ma è lì che grazie a Saba conosce altri giovani promesse, come i già citati Vic Mensa e Chance The Rapper, prendendo parte alle attività del collettivo YCA (Young Chicago Authors). 

Sua madre non è contenta, ma il ventunenne continua a tenere la testa ben salda sulle spalle.  Insieme a Prop, J-Stock, Burman, e Maine The Saint fonda il collettivo FreeNation che pone la libertà dell’individuo da ogni vincolo sociale precostituito come architrave del suo manifesto politico-letterario. Nel 2014 finalmente tutti i personaggi chiave della scena rap americana si avvicinano al personaggio, quando pubblica Martyrs, una sorta di j’accuse nei riguardi dei messaggi negativi veicolati dal rap contemporaneo e degli effetti devastanti che hanno sulla formazione culturale degli adolescenti. A prescindere dal testo, grazie a questo brano e a un video girato a Montreal che guadagna subito decine di migliaia di visualizzazioni, si inizia finalmente a parlare di lui (oggi quel video ha milioni di visualizzazioni).

Un mese dopo esce Water[s] sofisticato mixtape incentrato sull’acqua, ma che racconta con acume e intelligenza un secolo di lotte e difficoltà del mondo afroamericano. Jazz si afferma come uno dei brani più intensi dell’annata, forse del decennio. Nello stesso anno inizia a esibirsi dal vivo in tour che lo vede aprire a mostri sacri del calibro di Method Man, Redman e B-Real, e poi ancora con Kirk Knight, Noname, Saba, Joey Bada$$. Il seguito di Water[s] intitolato Wave[s] uscirà qualche mese dopo, nell’agosto del 2015.

Intanto inizia questa lunga gestazione che porta all’uscita del primo LP, The Healing Component, con distribuzione Cinematic, il 23 settembre 2016.E ntra in contatto con Kaytranada, uno dei producer più chiacchierati di questi mesi, scrive un brano con il quartetto di culto BADBADNOTGOOD, Drowning –  secondo singolo estratto dall’album dopo Spread Love – dedicato alla memoria di Eric Garner, l’afroamericano ucciso da un poliziotto a Staten Island, il cui caso ha scatenato una delle prime ondate di proteste in tutto il Paese contro il razzismo delle forze dell’ordine, nell’estate del 2014.

Nel luglio di quest’anno è premiato da un bagno di folla al Pitchfork Music Festival di Chicago dove quattro anni prima aveva brillato una nuova stella del firmamento hip hop, Kendrick Lamar. Rascal, THEMpeople, Sango, Abu, Dee Lilly, IAMNOBODI, Monte Booker, Cam O’bi, e Dpat compaiono a vario titolo in cabina di regia. Tra gli altri ospiti, Mick Jenkins, accoglie in questo intenso disco d’esordio anche i vecchi amici theMIND e Noname, e poi ancora Ravyn Lenae, J-Stock, Xavier Omar e Michael Anthony.

Tra brani più classici e tradizionali e suggestioni contemporanee da figlio di Chicago anni Dieci, stupisce la maturità e il timbro vocale sempre più consapevole di questo venticinquenne educato da due avventisti del Deep South. Chicago e gli Stati Uniti sembrano aver trovato un’altra, voce molto credibile, dura, ma al tempo stesso equilibrata, per raccontare senza retorica le terribili contraddizioni razziali che hanno scosso negli ultimi anni l’America del sogno obamiano.

Segui Mick Jenkins su Facebook e su Twitter.

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Piero Merola

Piero Merola

Laureato in Relazioni Internazionali, lavoro come consulente di comunicazione, pubbliche relazioni e nuovi media. All'interesse per la storia e la politica americana, ho sempre unito quello per la musica. Dopo uno stage in Ambasciata Italiana a Washington, ho seguito per America 24 le presidenziali del 2012, e oggi scrivo per Rivista - Il Mulino. Editor del magazine online Kalporz, dal 2006 scrivo recensioni, interviste e report da ogni dove. Collaboro come ufficio stampa e copywriter con etichette, agenzie di booking, eventi e festival. In passato ho lavorato per festival estivi come Beaches Brew e Ortigia Sound System, oggi per la comunicazione del Diagonal Loft Club e di Deposito Zero Studios dove sono responsabile della direzione artistica del video format Live Zero. In questa rubrica vi presento nomi emergenti della scena americana, alcuni dei quali, intanto, sono diventati grandi.

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