Il primo cantante della mia vita è stata una cantante, anzi no, non era una cantante. A pensarci bene, infatti, lei non era una vera e propria cantante, una di quelle che campavano vendendo dischi e facendo concerti in giro per il mondo. Lei, in realtà, era un’attrice anzi, meglio, un’attrice già abbastanza famosa in Italia, che sarebbe diventata, da lì a poco, famosissima in tutto il mondo. Quel disco che avevo trovato nel salotto buono dei miei genitori, poggiato su un tavolino, vicino alla rivista Epoca che aveva in copertina Grace Kelly e il principe Ranieri al battesimo della loro prima figlia Caroline, era un 78 giri grosso e pesante. Al centro c’era un’etichetta rotonda di colore viola con la sigla RCA e quello strano titolo in napoletano Che m’è imparato ‘a fa con, tra parentesi, il nome dei due autori Dino Verde e Armando Trovajoli e il nome della cantante, scritto in stampatello: Sophia Loren.
Mia madre metteva il disco sul piatto del nostro giradischi, poggiava la puntina sul solco di vinile e subito partiva quella voce melodiosa che si diffondeva nella nostra casa, illuminata dai riflessi dorati del sole pomeridiano. Mamma si metteva a cantare anche lei, duettando con la Loren e muovendo le mani per dare più importanza e tono alle parole.
“Tu, che mm’è ‘mparato a fa’, che kiss me vene a dì, io te vurria vasà. Io, purtannote cu me, che t’aggio ditto a fa’, so’ ‘nnamurata ‘e te”.
“Che lingua è?”, domandavo, incuriosito.
“Napoletano”, rispondeva lei.
Io, all’epoca, a parte l’ignoranza sulla lingua napoletana, non sapevo proprio né che cosa fosse la RCA né chi fossero quegli autori che avevano scritto il pezzo e, tantomeno, chi fosse quella strana cantante che si chiamava di nome Sophia, con il “ph” al posto della effe (effe che invece possedeva regolarmente, in modo assai più regolare, una mia vezzosa compagna di scuola, Sofia Carlini, trecce bionde e ghigno malefico). Non sapevo neanche che quella signora Sophia Loren fosse ancora una ragazza di soli 23 anni, anche se aveva già girato decine di film, come attrice, alcuni con il comico Totò, altri con l’attore e regista Vittorio De Sica, altri ancora con il bel tenebroso Marcello Mastroianni. Tutte cose apprese dopo, naturalmente, come il fatto che in quello stesso anno del disco e nel seguente, il 1958, aveva anche debuttato in pellicole internazionali, interpretando tutta una serie di film negli Stati Uniti, diretta da registi del calibro di George Cukor, Carol Reed, Henry Hathaway, Martin Ritt e Sidney Lumet. Insomma ancora una ragazza e già una specie di star, ecco chi era quella strana Sophia Loren, con il ph.
Ma per me era soltanto la cantante, anzi la mia prima cantante, visto che quello era il primo disco che sentivo suonare nella mia vita. La voce della Loren non era affatto male e, ripensandoci adesso, l’interprete musicale contrastava moltissimo con l’immagine vistosa e appariscente della donna attrice, tutta tette e curve sinuose. Era una voce delicata, ben intonata e piena di passione che accompagnava perfettamente la musica scritta dal maestro Armando Trovajoli, quello che poi firmò tantissimi altri successi come la celebre Roma nun fa la stupida stasera.
Fu sfruttata poco dal mondo delle sette note. Peccato. Qualche incisione ogni tanto, canzoni non particolarmente eclatanti come Felicità, Guarda la luna, S’Agapo, Scetate. Un paio di 33 giri usciti negli anni Novanta per la Polygram con dentro Tu vuò fa’ l’americano di Renato Carosone e qualche altra hit di successo. E poi anche qualche duetto insieme a Beniamino Maggio, Nino Taranto e, addirittura, Peter O’ Toole, quello di Lawrence d’Arabia. Tutto qui.
Sinceramente, da ascoltatore, avrei voluto sentire qualcosina di più, che so, un intero disco di famose canzoni napoletane oppure qualche duetto più importante, magari con Pavarotti o Frank Sinatra. Invece Sophia Loren cantante ci ha lasciati un po’ tutti a bocca asciutta. Peccato davvero.