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July 17, 2015
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Moses Sumney, ponti tra folk indipendente e black music

Piero MerolabyPiero Merola
Time: 3 mins read

 Tecnicamente è meno che un esordiente, non avendo realizzato ancora un LP, ma grazie a un singolo, un EP e numerosi live nei posti giusti, Moses Sumney si sta imponendo come uno dei talenti più apprezzati della nuova scena cantautorale americana. Ha già aperto per show di giganti come Beck e Sufjan Stevens e dopo una breve pausa estiva, si prepara a nuovi show negli Stati Uniti, il prossimo di spalla a St. Vincent e Erykah Badu all'Hollywood Bowl.  

Gli anni Zero hanno definitivamente abbattuto le barriere tra generi un tempo agli antipodi, come il folk e l'hip hop. Gli stessi musicisti cresciuti nella generazione 2.0 sembrano molto più aperti alle contaminazioni tra mondi molto diversi. I TV On The Radio sono stati tra i primi a dimostrare al mondo che si può essere neri a Brooklyn e suonare qualcosa di diverso da rap, funky e soul; e Benjamin Booker è uno degli ultimi esempi che vi abbiamo presentato nella nostra rubrica. Moses Sumney, che nel suo timbro, ricorda proprio Tunde Adebimpe dei TV On The Radio, è un campione esemplare di questa contaminazione estetico-artistica sdoganata da un mondo indipendente sempre più eterogeneo, soprattutto in Nord-America. 

 

Il giovane songwriter californiano è cresciuto imbottendosi di R&B e hip hop, ma non ha mai disdegnato approfondimenti nel mondo del folk indipendente più sofisticato, da fan di nomi come Grizzly Bear o Bon Iver. Le sue prime produzioni dimostrano subito questa encomiabile apertura mentale e hanno convinto tanti suoi colleghi più noti e illustri e platee sempre più ampie. 

La storia che accompagna la formazione musicale di Moses, tuttavia, è molto più affascinante di quella del classico adolescente americano alla scoperta di novità musicali su internet. Nato a San Bernardino, California, cresce sotto la rigida educazione di due pastori di origini ghanesi che un bel giorno, quando Moses ha appena dieci anni, decidono di tornare ad Accra. In una scuola ghanese un ragazzo ben vestito con un chiaro accento americano non può essere visto nel modo migliore. Così il giovane Moses, diventa vittima di provocazioni e bullismo, ma anche di punizioni corporali –  ancora legali in Ghana – regolarmente messe in atto dai docenti. Finisce per chiudersi in se stesso  e nel fantastico mondo del web si appassiona ai nuovi fenomeni indie della New York anni Zero come i Vampire Weekend e i Dirty Projectors, non certamente per le evidenti venature africane della loro sofisticata formula pop, che lui ripudia, totalmente alienato dal contesto culturale che lo circonda nella capitale ghanese. La musica black per lui è quella che da Ella Fitzgerald arriva fino a Beyoncé e Usher che rappresentano due dei suoi modelli principali nella formazione da vocalist.

 

Ovviamente è il ritorno in patria che inserisce molto velocemente il giovane Moses nei circuiti musicali che contano. Appassionato di letteratura e poesia, studia scrittura creativa alla UCLA, e si mette all'opera iniziando a musicare i suoi testi accompagnandoli con chitarre e loop, un set che conserverà sempre nei suoi live. 

Inizialmente sbarca il lunario lavorando da responsabile dei social media per la catena Pizza Kitchen. I suoi show incuriosiscono gli addetti ai lavori e così nel 2013 ha la fortuna, dopo una lunga gavetta fatta di show non pagati o malpagati, di aprire alle date nella West Coast della band folk svedese di culto degli Junip. Qualche mese dopo, all'inizio del 2014, arriva il primo EP autoprodotto, Mid-City Island, con brani registrati in maniera artigianale e in presa diretta che lasciano prefigurare un songwriting molto promettente. Nel singolo che segue, Seeds, inizia a pensare in grande avvalendosi al mixaggio di un musicista e producer prestigioso come Chris Taylor dei Grizzly Bear. Le sue performance di spalla a Dirty Projectors, Jose Gonzalez, Solange e Karen O danno una prova dell'adattabilità della sua proposta musicale che convince platee molto diverse tra di loro. Il segreto è nella sua voce calda e jazzy e nel potentissimo impatto delle sue composizioni folk, semplici e figlie di una chiara derivazione black. 

Dategli il tempo di un album e si sentirà molto parlare di lui anche dall'altra parte dell'Oceano. Intanto ascoltatevi la sorprendente cover pubblicata in questi giorni del classico di Laurie Anderson O Superman per restare a bocca aperta. 

Moses Sumney è su Facebook e su Twitter.

 

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Piero Merola

Piero Merola

Laureato in Relazioni Internazionali, lavoro come consulente di comunicazione, pubbliche relazioni e nuovi media. All'interesse per la storia e la politica americana, ho sempre unito quello per la musica. Dopo uno stage in Ambasciata Italiana a Washington, ho seguito per America 24 le presidenziali del 2012, e oggi scrivo per Rivista - Il Mulino. Editor del magazine online Kalporz, dal 2006 scrivo recensioni, interviste e report da ogni dove. Collaboro come ufficio stampa e copywriter con etichette, agenzie di booking, eventi e festival. In passato ho lavorato per festival estivi come Beaches Brew e Ortigia Sound System, oggi per la comunicazione del Diagonal Loft Club e di Deposito Zero Studios dove sono responsabile della direzione artistica del video format Live Zero. In questa rubrica vi presento nomi emergenti della scena americana, alcuni dei quali, intanto, sono diventati grandi.

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