Non è stata, almeno in Italia, un’estate clemente dal punto di vista climatico. Non abbiamo particolari notizie, invece, da Philadelphia, area di provenienza e rampa di lancio di Alex G che ci regala un album autunnale. Il nome darebbe l’idea di un dj o dell’ennesimo fenomeno rapper dell’East Coast. Tutt’altro, perché G è l’abbreviazione del suo cognome Giannascoli, chiaro sintomo di origini italiane. E Alex G, lo studente di biologia della Philadelphia’s Temple University, si inquadra, piuttosto, nel panorama indie-pop con il suo cantautorato figlio degli anni Novanta. A soli 21 anni si è fatto conoscere quest’estate grazie alla pubblicazione di DSU, tra gli album più apprezzati dalla critica in questa prima di 2014. L’LP é stato distribuito in Europa da Lucky Number, ma è tutta farina del sacco della Orchid Tapes, etichetta di culto fondata a Toronto nel 2010, ma ora di base a Brooklyn, con un debole per le cosiddette sonorità “bedroom”, da cameretta e per le musicassette “handmade”.
Originario della periferia Ovest di Philadelphia, Alex cresce ad Havertown e deve il suo banale ed efficace acronimo all’omonimia con un vicino di casa. Fin da piccolo è Alex G, come ama chiamarlo suo fratello maggiore, musicista cui Alex deve parte della sua passione per tutti gli strumenti che gli passano per le mani. Ci mette del suo anche la sorella maggiore nel fargli conoscere alcuni dei giganti della scena alternativa degli ultimi due decenni, su tutti i Modest Mouse e i Radiohead, ma anche Courtney Love e i Silver Jews, altre due influenze significative nel suo percorso.
Alex ha un talento da predestinato. Già ai tempi delle elementari inizia a suonare il pianoforte, dalle scuole medie subisce il fascino della batteria e prende lezioni da un maestro jazz del suo quartiere. La principale fonte di ispirazione che lo avvicina al mondo del rock indipendente sono i Rasputin’s Secret Police, collettivo molto underground semisconosciuto – fatta eccezione per le aree universitarie di Philadelphia – che vede suonare per la prima volta ai tempi del liceo. Alex ne apprezza la libertà espressiva e l’attitudine particolarmente eccentrica da garage-band sui generis.
Così, qualche mese dopo l’epifania, alle superiori forma la sua prima band, The Skin Cells, dirompente progetto garage n’rocknroll utile alla sua formazione umana più che musicale. Alex non è un tipo che ama autopromuoversi, sul web e sui social è difficile trovarne traccia subito. Molto sicuro di sé e delle proprie potenzialità resta un bedroom songwriter che compone tutto in casa fin da quando da giovanissimo si avventurava in sperimentazioni elettroniche con programmi per MAC da principianti. È grazie all’esperienza con The Skin Cells che assume una maggiore consapevolezza del suo talento.
Dal 2010 al 2014 incide quattro LP, nell’ordine Race, Winner, Rules e Trick, oltre a sette EP e singoli rigorosamente in cassetta, tutti ascoltabili sul suo Bandcamp. A dir poco prolifico, è grazie al più complesso e composito DSU e al passaggio sotto Orchid Tapes che il suo nome inizia a girare fino a colpire il cuore della critica, da Pitchfork a Rolling Stone. Modest Mouse, Built To Spill, ma anche Pavement e Elliott Smith sono alcune delle leggende indie-rock anni Novanta la cui eredità è vivida nelle tredici tracce che si susseguono senza cali di tensione. La dolorosa ballad d’apertura After UR Gone si fissa in testa dopo mezzo ascolto, il mood acustico delle ballate è reso intenso e avvolgente da distorsioni brucianti. Non mancano momenti più atmosferici come Hollow o deviazioni da folksinger a bassa fedeltà come la conclusiva Boy. Il timbro agrodolce di Alex G si impone come l’ideale colonna sonora di fine estate/ inizio autunno con tutta la sana malinconia del caso. Astenersi duri di cuore.