Trentatré anni, quattro album all’attivo in cinque anni, Sharon Van Etten torna in questi giorni con Are We There, uscito il 27 maggio per la Jagjaguwar storica etichetta indie di Bloomington Indiana. In questi giorni è in tour in Europa, farà inevitabilmente tappa al prestigioso Primavera Sound Festival, il festival indie più importante d’Europa per poi passare dall’Italia ad agosto, anche se a oggi nessuna data è stata ancora confermata da fonti ufficiali.
Al secondo disco per Jagjaguwar, dopo il celebratissimo Tramp del 2012, Sharon si consolida come una delle cantautrici più talentuose della scena di Brooklyn. Nata nel 1981 nello “stato giardino”, a Clinton (New Jersey) non è una figlia d’arte come molti altri suoi colleghi. La madre è un’insegnante di storia, il padre un programmatore informatico. Con quattro fratelli, grazie alla collezione di vinili molto ricca dei genitori e dei fratelli maggiori, si avvicina alla musica. Le sue doti canore promettono bene, anche se inizialmente le uniche chance di farsi notare nella periferia assonnata di Nutley, sono all’interno dei cori della chiesa. Sua madre la porta a messa tutte le domeniche, ma non è una ragazza religiosa, è attratta semmai dalle emozioni che riesce a offrire il gusto soul dei gospel.
Sharon non è solo una cantante, ma studia violino, clarinetto e, non contenta, si mette alla prova anche al pianoforte. Il ritorno a Clinton della famiglia quando Sharon è una studente delle superiori la porta a diventare uno dei talenti più fulgidi del coro della scuola. A differenza dei suoi compagni, non è in fissa con le hit pop dei primi anni Novanta, si appassiona alla musica classica e migliora sia vocalmente che a livello compositivo proprio grazie a studi classici di armonia. Il salto nel mondo musicale alternative insomma è ancora lontano. Prima di arrivare a Brooklyn c’è una breve parentesi alla Middle Tennessee State University, ma Sharon, dopo un anno in cui si divide tra studi, lavoro in un negozio di dischi di Murfreesboro e la scrittura di brani, abbandona gli studi, lascia anche il suo ragazzo che la criticava accusandola di scrivere “musica terribile” e torna in New Jersey. Da commessa in un negozio di alcolici mette dei soldi da parte e capisce che è arrivato il momento di sbarcare a Brooklyn che all’epoca, nel 2005, era all’apice della sua esplosione musicale con gruppi del calibro di Liars, Animal Collective, Grizzly Bear e Tv On The Radio.
La svolta nella carriera dell’allora ventiquattrenne Van Etten passa proprio da un incontro con Kyp Malone dei Tv On The Radio, fratello di un suo amico del liceo. Malone crede molto nelle potenzialità di Sharon e la invita a mettere su una raccolta con tutti i migliori brani da lei scritti. Il provino funziona e così entra subito nelle grazie dei Tv On The Radio. Dopo vari live in giro per Brooklyn nel 2009 arriva finalmente l’esordio, Because I Was In Love, compendio di ballad soffuse e minimali in cui le armonie vocali di Sharon emergono tra cembali e organi. Un anno dopo, sulla stessa linea dell’esordio, Epic un ulteriore passo avanti nella maturazione di anomala songwriter classica nell’epicentro della scena indie americana. Nel 2011 suona di spalla a The National, St. Vincent, The Antlers, Neko Case. Il passaggio sotto Jagjaguwar segna nel 2012 la definitiva consacrazione. Trump non solo è il compimento di un percorso artistico fuori dai trend e maturo, ma ha dalla sua parte ospiti di lusso per la scena come Aaron Dessner (anche produttore) e Bryce Dessner dei National, Zach Condon dei Beirut e Jenn Wassner dei Wye Oak. È anche un successo di vendite, tanto da debuttare al 75° posto nella classifica di Billboard.
La sua voce magnetica e potente incanta un mostro sacro del calibro di Nick Cave che la sceglie come spalla nel suo tour americano. Poi arriva subito il quarto capitolo della sua storia che risente dell’esperienza al fianco del leggendario songwriter australiano. La Van Etten inserisce nelle sue composizioni momenti più decandenti, post-romantici. Sempre e comunque nel segno delle armonie.