È il 1964 quando Hubert Selby Jr pubblica “Ultima fermata, Brooklyn”, sconvolgente romanzo ambientato a New York messo al bando per i contenuti considerati troppo espliciti prima in Gran Bretagna e poi in Italia.
Sono gli anni in cui la coesione della società americana sembra dare i primi segnali di cedimento. Nel 1962 con la dichiarazione di Port Huron degli Studenti per una Società Democratica era arrivato il primo atto d'accusa alle insostenibili contraddizioni sociali dell'America degli anni Sessanta. Mentre l'escalation militare in Vietnam muove lentamente i suoi primi passi, nella primavera del 1963 a Birmingham, Alabama, la polizia reprime con violenza le proteste anti-segregazione, qualche mese dopo l'assassinio di JFK scuoterà gli Stati Uniti e il mondo intero.
Sulla scia della letteratura di rottura della beat generation, Selby racconta con una prosa dissacrante e innovativa, il lato oscuro di Brooklyn, tra torbide storie di prostitute, nullafacenti, immigrati e tossicodipendenti, sullo sfondo degli scioperi negli anni della Guerra di Corea.
Crocevia di molteplici gruppi etnici e, in molte aree, simbolo, al pari del Bronx, delle violenze della Grande Mela, dalla fine degli anni Novanta, il borough più popoloso di New York vive un'inarrestabile rinascita. La definiscono “gentrification” intesa come recupero di aree urbane in abbandono, ma quella di Brooklyn è stata soprattutto una rinascita culturale.
Se la New York post-Undici Settembre è tornata epicentro della nuova scena musicale internazionale è soprattutto grazie a Brooklyn. Non soltanto per merito dei mostri sacri dell'hip hop, ma anche grazie anche a centinaia di etichette indipendenti che hanno lanciato nuove tendenze in tutto il mondo, con nomi emergenti dai generi più disparati. La New York alternativa e “contro-culturale” che aveva posto le sue basi a Manhattan, dalle parti del Village, si è trasferita dall'altra parte dell'Hudson, in zone quali Greenpoint, Williamsburg, Dumbo, Fort Greene. E inizia a penetrare verso quartieri fino a pochi anni fa considerati a “rischio”, quali Bushwick o Bed-Stuy. In queste strade le radicate comunità nere e ispaniche, si mescolano alle comunità hipster, termine figlio proprio di quella “contro-cultura” cara a Selby Jr, allora usato per definire i giovani intellettuali bianchi appassionati di musica nera e oggi popolare in tutto il mondo con sfumature nuove.
La definizione hipster è stata infatti recuperata per etichettare in maniera a tratti onnicomprensiva i nuovi alternativi d'America dediti a hobby e arti fuori dal mainstream, vestiti rigorosamente con roba usata e/o fuori moda degli scorsi decenni, appassionati di musica indipendente, ma comunque dipendenti, come tutti i loro coetanei, dalle dinamiche 2.0 delle webzine, dei blog e dei social network.
La rubrica “Prima fermata, Brooklyn” esplorerà a partire da New York e da Brooklyn i nuovi fenomeni musicali statunitensi e le dinamiche sociali e culturali che li accompagnano. Senza gli schemi mentali e gli stereotipi di chi li guarda dall'Europa, ma con uno sguardo ai risvolti e alla portata che assumono da una prospettiva italiana.